Il 1° aprile ricorrono i 70 anni della uccisione di Calogero Cangelosi, segretario della Camera del Lavoro di Camporeale. Sarà ricordato venerdì 6 aprile con una iniziativa a Camporeale. Saranno presenti e interverranno il sindaco Luigi Cino, sindaco del Comune di Camporeale , don Luca Leone, sacerdote delegato dell'arcivescovo di Monreale, Sonia Grechi, nipote di Calogero Cangelosi, Claudio Renzetti, segretario generale della Camera del Lavoro di Grosseto, città dove vivono i familiari di Cangelosi, Filippo Cutrona, segretario generale Cgil Trapani, Maurizio Brotini, segretario generale Cgil Toscana, Enzo Campo, segretario generale Cgil Palermo e Michele Pagliaro, segretario generale Cgil Sicilia, che conclude.Coordina l'iniziativa Dino Paternostro.
"Era la sera del 1° aprile 1948. Non faceva più freddo e la piazza di Camporeale pullulava di contadini, che discutevano animatamente tra loro. In quei giorni, l’argomento era sempre lo stesso: le elezioni politiche del 18 aprile e la “lezione” che la povera gente avrebbe potuto dare a “lorsignori”, i padroni del feudo". Comincia così la biografia scritta da Dino Paternostro, che ricorda il tragico evento di quella sera, a soli 20 giorni dall'omicidio di Placido Rizzotto a Corleone e a un mese da quello di Epifanio Li Puma. "Anche alla Camera del lavoro quella sera - prosegue il racconto di Patrenostro - si era tanto parlato di questo, insieme alle lotte da organizzare per l’applicazione dei decreti Gullo sulla divisione del grano a 60 e 40 e sulla concessione alle cooperative contadine delle terre incolte e malcoltivate degli agrari. Poi, Calogero Cangelosi, quarantunenne segretario della Cgil, guardò l’orologio, si accorse che si era fatto tardi e salutò i presenti per tornare a casa. «Calogero, aspetta che ti accompagniamo noi», gli dissero Vito Di Salvo, Vincenzo Liotta, Giacomo Calandra e Calogero Natoli. Il loro non fu un gesto di cortesia, ma un modo per proteggere il dirigente sindacale, che era nel mirino della mafia. L’offerta di una “scorta”, insomma. Tutti e cinque uscirono dalla sede della Camera del lavoro, che si trovava in piazza, e si avviarono verso via Perosi, dove Cangelosi abitava con la moglie, Francesca Serafino di 35 anni, e i suoi quattro figli: Francesca di 11 anni, Giuseppe di 5, Michela di 3 e Vita di appena 2 mesi. Erano quasi arrivati, quando dalla parte alta di via Minghetti, che faceva angolo con via Perosi, si udì un crepitare di mitra. Decine di colpi, sparati in rapida successione e ad altezza d’uomo, si abbatterono sull’intero gruppo. Colpito alla testa e al petto, Cangelosi cadde per terra, spirando all’istante. Anche Liotta e Di Salvo furono colpiti e feriti gravemente. Miracolosamente illesi rimasero, invece, Calandra e Natoli. Erano le 22.30".
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