domenica, aprile 22, 2018

Ci vuole abilità. Niente gita per la bimba in carrozzina


PATRIZIA GARIFFO
Ciao mi chiamo Sara, ho otto anni e frequento la III F della scuola Pascoli di Partanna Mondello. Mi muovo in macchina perché purtroppo non siamo riusciti a trovare il pullman con la pedana che è necessario per il trasporto dei disabili in carrozzina. Ma la mia mamma non sempre può accompagnarmi per i suoi impegni di lavoro. E se lei è impegnata io sono costretta a rimanere a casa rinunciando alle uscite con i miei compagni.
Sara
Gli ultimi giorni di scuola sono quelli delle brevi uscite, insieme ai compagni, durante le tiepide mattinate di primavera. Come quella che ha fatto Sara qualche giorno fa, per partecipare a una manifestazione. Una passeggiata fuori dalla sua scuola, che la piccola, costretta su una sedia a rotelle, ha potuto fare solo grazie alla mamma, che l’ha accompagnata. Questo è accaduto perché non è stato possibile trovare un autobus con pedana per il trasporto di persone disabili, nonostante le richieste della madre e della dirigente scolastica, che in più occasioni si sono sentite rispondere che né in città e né in provincia c’è un pullman attrezzato. Questa, quindi, non è stata la prima volta che la mamma ha dovuto sopperire a un servizio, che dovrebbe essere un diritto.
In altre occasioni ha dovuto accompagnarla, perdendo un giorno di lavoro, cosa che non sempre si può fare. Inoltre, a causa di questo grave disservizio, a volte, Sara ha dovuto rinunciare a uscire con la sua classe e, quando ha potuto farlo, è stata costretta a viaggiare nell’auto dei suoi genitori e non con i suoi compagni. Questo problema, purtroppo, non riguarda solo lei, che ha chiesto di farci portavoce della sua necessità, ma tanti altri allievi diversamente abili. Molti bambini e ragazzi che, come tutti i loro coetanei, vogliono stare con gli amici, partecipare insieme alle loro classi agli eventi che si tengono al di fuori della scuola. E vorrebbero che tutto questo accadesse, senza dover contare e sperare che i genitori possano liberarsi dal lavoro per accompagnarli e fare quello che dovrebbero fare altri, almeno a scuola. Perché a garantire il servizio di trasporto degli alunni a scuola, non solo dell’obbligo, deve essere il Comune, in teoria, ma in pratica non è proprio così. Per l’anno scolastico in corso, infatti, tutto sembrava organizzato e programmato, tanto che già ai primi di agosto del 2017 sul sito del Comune c’era una nota in cui erano spiegate le modalità per la presentazione delle istanze per il trasporto scolastico degli alunni disabili. Iniziata la scuola, però, tutto è cambiato e tanti ragazzi, soprattutto delle scuole superiori, sono rimasti a casa e, anche ora che molte criticità sono state superate, gli impedimenti non mancano. La Città Metropolitana di Palermo, infatti, non garantisce il trasporto per le attività che si svolgono al di fuori della scuola, proprio come è successo alla piccola Sara. Così, per evitare che i loro figli vengano esclusi dalle attività extrascolastiche, molti genitori si ritrovano costretti a fare da autisti. Le difficoltà per gli studenti disabili, però, non sono legate solo al trasporto, ma anche all’assistenza all’interno della scuola, servizio garantito sempre dal Comune. È del 9 aprile scorso, infatti, una circolare che Palazzo delle Aquile ha inviato a tutti i dirigenti scolastici di scuole elementari e medie, in cui si annunciava una drastica riduzione delle ore settimanali di assistenza alla comunicazione. Questo servizio, svolto da assistenti specializzati e laureati, è molto importante per tanti studenti che, solo grazie a questo sostegno, riescono a integrarsi con i loro compagni di classe e a vivere nel modo migliore l’esperienza scolastica. La riduzione da 6 a 3 ore settimanali preoccupa moltissimo assistenti, operatori e famiglie, ma molto meno il Comune che sostiene si tratti non «di riduzione delle ore, quanto di un’ottimizzazione, garantendo ai ragazzi questo sostegno fino alla fine dell’anno compresa la delicata fase degli esami». In effetti, passare da 6 a 3 ore non significa ridurre, ma ottimizzare, poco importa poi se a farne le spese saranno molti bambini e ragazzi con problemi psichici e fisici. E, comunque, secondo il Comune, il problema non sussiste, perché «le scuole avranno tutto il tempo per programmare e distribuire al meglio le ore di assistenza». Peccato, però, che i dirigenti scolastici non abbiano il dono divino della moltiplicazione delle ore e che la matematica non sia un’opinione.
La Repubblica Palermo, 19 aprile 2018

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