Mario Capanna |
L’umanità è
stipata su un treno manovrato da macchinisti pazzi che corre a tutta velocità
verso il baratro. Il mondo in balia di guerre, ingiustizie, povertà,
mutamenti climatici, esodi di popoli, diseguaglianze, politici incapaci, sta
proprio messo male. E se non ci svegliamo subito da questo torpore
d’indifferenza, diventiamo complici di una distruzione annunciata. Il grido
d’allarme lo lancia Mario Capanna, leader sessantottino, nel suo ultimo libro,
“Noi tutti” (Garzanti, 120 pagine, 6 euro).
Nelle pagine
scorrono fatti e cifre che fanno accapponare la pelle, ma anche un urlo di
speranza che solo un utopista può lanciare.
Come
ritrovare un tessuto connettivo tra i popoli in questa mondo-fiction che vive
di realtà addomesticata, falsi valori e soprattutto solitudine?
«Prendere
consapevolezza che non ci sono alternative e che stiamo imboccando la via del
non ritorno, quella che ci porta dritti all’annientamento dell’umanità.
Poi metterci
insieme per ridare un senso etico alla vita. Recuperare una coscienza
collettiva e cominciare a invertire l’andazzo».
Detta così
sembra facile, ma purtroppo i sogni muoiono all’alba. Come fa l’umanità
investita dalla globalizzazione, avviluppata dalla ragnatela del web, assediata
dalle mafie, a uscire dalla gabbia in cui viene tenuta?
«È
maledettamente complicato, il cammino è lungo e tortuoso, ma se non cominciamo
a muoverci è la fine».
Parole
sante, ma in concreto che fare?
«Intanto
ritroviamoci attraverso i gruppi solidali di acquisto, creando una rete di
consumatori e imprenditori che sostituiscano la speculazione con l’equo
guadagno. Poi sostituiamo il NOI, che io definisco Nord Ovest Imperante, con il
noi a lettere minuscole, tutti insieme, pronti a riappropriarci delle nostre
vite. Infine, un seme dopo l’altro, ingrossare le file e giungere a un
parlamento mondiale dell’umanità che metta da parte il ferrovecchio Onu».
Voliamo
alto. Proviamo ad atterrare?
«Macché
volo. Abbiamo nel passato tanti esempi di rottura.
Quando tutto
sembra immobile, ecco che la gente all’unisono, come risvegliata da un flusso
magico, irrompe nella storia e ne cambia il verso. Penso alla Rivoluzione
francese, penso al Sessantotto.
Certo, molte
conquiste sono finite in fumo, ma alcuni valori sono ancora linfa della nostra
vita. Come i principi di eguaglianza, fraternità, libertà. Chi immaginava
cinquant’anni fa che in tutto il mondo studenti e operai potessero ritrovarsi
uniti negli stessi ideali di democrazia dal basso, di giustizia, di rapporti
paritetici tra uomini».
Tante
conquiste sono rimaste, ma altre sono andate in fumo. Basti vedere, a mezzo
secolo del Sessantotto, il desolante quadro di abulia che ci ammanta. Dov’è
finita quella partecipazione di massa al grido “prendiamoci tutto”?
«La storia
non procede in modo lineare, ma a balzi. Avanza, frena, si aggroviglia, riparte
e così via, in un cammino turbinoso. Io ripeto: se un’esperienza l’abbiamo
vissuta, perché non riprovarci? Che mondo è quello in cui l’uno per cento
della popolazione possiede il 50 per cento della ricchezza del pianeta? Che
Italia è questa in cui sette persone possiedono il 30 per cento dei beni del
Paese? E che mondo è quello in cui si inquina, si dispiegano guerre organizzate
con false accuse a tavolino, si erigono muri e fili spinati, si sfruttano le
risorse senza ritegno? Un mondo in cui il profitto giustifica qualsiasi
nefandezza, in cui solo il 5 per cento delle risorse viene destinato alla
produzione mentre il restante 95 per cento viene investito nella finanza? Prima
o poi gli uomini, seppure fuorviati dalla melassa di Internet — che potrebbe
avere grande utilità se ben utilizzato — si sveglieranno e ci sarà un nuovo
cominciamento. A meno che l’umanità non decida di assecondare questa corsa
verso il suicidio della Terra».
Che rapporto
hai con la Sicilia?
«Meraviglioso.
Fin da bambino, alle elementari, guardando le cartine geografiche ero
affascinato da quel triangolo in mezzo al mare. Poi, facendo politica nel
Movimento studentesco e in Democrazia proletaria, ci sono venuto spesso e ne
sono rimasto conquistato per sempre. A mio figlio, allora piccolino, ho fatto
girare città e scavi archeologici. Senza contare che nel collegio di Palermo
sono stato eletto deputato la prima volta. La storia della Sicilia è un miracolo,
un susseguirsi di civiltà e bellezza».
Oggi la
Sicilia è meta di migliaia di disperati che fuggono da guerre e miseria
inseguendo un approdo sereno che non esiste più. Gli chiediamo scusa, e poi?
«Gli
chiediamo scusa e poi gli diciamo che non siamo in grado di ospitare tutti e
che ci impegniamo ad aiutarli a casa loro. Ma aiutarli davvero, investendo
risorse ingenti. Che sarebbero sempre meno di quelle di cui li abbiamo
depredati».
Un’ultima
domanda personale. Siamo amici da molti anni, dai tempi delle oceaniche
manifestazioni alla Statale di Milano dovi eri leader carismatico. Mi hai dato
un dispiacere quando ti ho visto scendere in campo con veemenza per difendere
il vitalizio di cui usufruisci in quanto deputato nazionale, europeo e
consigliere regionale.
«Ho voluto
difendere con forza un diritto. Perché si comincia dai vitalizi e si finisce
col mettere in discussione altri diritti ben più importanti».
D’accordo
sulla difesa dei diritti, ma quella firma accanto a quella di un parlamentare
con un solo giorno di legislatura non dovevi apporla.
«Che c’entra
questo? I principi sono principi. Anche quando ero in Parlamento mi capitava di
votare col missino Almirante. Ma non voglio concludere l’intervista così.
Ti chiedo
aiuto per far capire ai lettori che un altro mondo è possibile. Basta volerlo.
Se qualcuno, guardando la luna, non avesse deciso che ci sarebbe potuto
sbarcare, saremmo ancora qui a guardarla come qualcosa di irraggiungibile. Se
si vuole, tutti insieme si può».
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RIPRODUZIONE RISERVATA La storia dell’Isola è un miracolo, un
susseguirsi di civiltà e bellezza. Già da bambino ero affascinato da quel
triangolo in mare In passato è accaduto: quando tutto sembra immobile, la
gente, come risvegliata da un flusso magico, irrompe nella storia e ne cambia
il verso
Sessantottino
La Repubblica, 25 marzo 2018
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