Un seminario
Cgil a Catania per scoprirne le novità. Otto i punti fondamentali. Le ricadute
su aziende confiscate e lavoratori. Per la prima volta nella storia si arriva a
una riforma grazie a una raccolta firme su un ddl di iniziativa popolare
Il nuovo codice antimafia, frutto di iniziativa
popolare, presenta luci e ombre ma secondo la Cgil è necessario sfruttarne
subito gli aspetti positivi in considerazione del futuro delle aziende confiscate. È stato un
seminario denso di spunti e analisi anche sul territorio catanese, quello
tenutosi il 14 marzo a Catania sul tema “Le ricadute del nuovo codice antimafia
su lavoratori e aziende confiscate".
Ai lavori sono intervenuti la segretaria confederale
della Cgil di Catania, Pina
Palella, il responsabile del Dipartimento Legalità della Cgil nazionale Luciano
Silvestri, la presidente di Memoria e Futuro, Adriana Laudani, Vincenzo Ragazzi
di Libera Catania, il segretario generale della Cgil di Catania, Giacomo Rota.
Ha coordinato il seminario la segretaria regionale della Cgil, Mimma Argurio.
Per il sindacato il nuovo codice antimafia giocherà un ruolo positivo per i
lavoratori e per le aziende, anche perché frutto della campagna promossa dalla
Cgil, "Io riattivo il lavoro", insieme con Libera, Arci, Avviso
pubblico, Legacoop, Acli, Centro studi Pio La Torre.
Quando nel 2012, a distanza di pochi anni dalla
nascita, con il
decreto legge 4 febbraio 2010, n. 4 - convertito in legge 31 marzo 2010, n. 50,
della Azienda nazionale dei Beni confiscati e sequestrati, la Cgil si rese
conto che “la gestione dei beni rimaneva ancora prigioniera delle vecchie
difficoltà che avevano caratterizzato la gestione da parte del demanio”, il
sindacato capì la necessità di creare nuovi strumenti adeguati e capaci di
sostenere concretamente il processo di ricollocazione e rilancio delle aziende
nel circuito della economia legale.
Nacque così la proposta di legge di iniziativa popolare con tanto di raccolta di firme
prevista dalla Costituzione; i contenuti iniziali si arricchirono fino ad
arrivare alla approvazione definitiva, il 12 novembre del 2017, della riforma
del codice antimafia.
È stata Pina Palella a tratteggiare il contesto delle
aziende confiscate attraverso i dati: in Italia i beni immobili confiscati in gestione
all’Agenzia sono 17.133 e in ballo ci sono 525 dipendenti. Di questi beni sono
14.146 quelli destinati. Le aziende sono 2919 (destinate 878). In Sicilia le
aziende in gestione dell’Agenzia sono 922 (destinate 333) per un valore
complessivo di 230 milioni di euro. A Catania, i beni immobili in gestione sono
435, i destinati sono 611; le aziende in gestione sono 152 e le destinate sono
48. “I sequestri avvengono praticamente ogni giorno e senza esclusione di
settori – ha spiegato Palella – e se consideriamo che sono ben 55 i comuni
sciolti per mafia, non sarà certo difficile immaginare l’intreccio tra mafia e
corruzione che di fatto compromette lo sviluppo dei territori”.
Per il segretario Rota, proprio perché fare antimafia
significa saper valutare l’intero sistema economico, sociale e imprenditoriale,
“sarebbe opportuno che il marchio di aziende antimafia si accompagnasse al
marchio di azienda che rispetta tutte le regole, perché, ad esempio, anche il
mancato rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro è pura illegalità. Il
concetto stesso di ‘legale’ è complesso”.
Ma cosa accadrà adesso con le nuove norme del codice? “Vanno implementate e sarà un
lavoro né semplice, né facile – ha detto Luciano Silvestri –. Prima di tutto il
governo deve procedere celermente agli adempimenti che la stessa legge di
riforma gli assegna, e insieme a lui i ministri competenti, in modo da rendere
rapidamente operativo l'intero impianto attraverso l'emanazione dei decreti”.
Che i tempi debbano essere celeri lo sottolinea anche l’avvocato Vincenzo
Ragazzi di Libera Catania. Ma come ha sottolineato la giurista Adriana Laudani,
“il fatto che si sia arrivati alla riforma del codice attraverso una raccolta
di firme su un disegno di legge di iniziativa popolare, per la prima volta
nella storia della Repubblica, ha un valore che dovremmo ricordare nelle
scuole. La domanda che dovremmo farci adesso è: questa legge onora i morti di
mafia? La risposta è sì, perché seppure non perfetta include tanti passaggi
essenziali per l’operatività di azione antimafia nel nostro presente”.
Sono otto i punti del nuovo codice degni di nota: l'articolo uno introduce anche
per i corrotti le misure previste per i mafiosi circa le misure di prevenzione
e quindi il sequestro dei loro patrimoni realizzati illecitamente. Secondo
punto: con il nuovo codice antimafia l'assegnazione delle aziende per
ricollocarle in un circuito di legalità e per rilanciarle può avvenire fin
dalla fase del sequestro; adesso il sistema può agire molto più rapidamente. Il
terzo punto riguarda la costituzione di un fondo di garanzia (valore di
partenza dieci milioni di euro) con il quale è possibile intervenire per
sostenere le aziende sequestrate che hanno la necessità di contrarre un mutuo
con la banca, oppure di acquisire direttamente un prestito. “Il fondo di
garanzia – ha spiegato Silvestri – rappresenta un passo in avanti essenziale
per risolvere i problemi del passato e per il rilancio sul mercato legale delle
aziende sequestrate”.
Il quarto punto riguarda la possibilità di accedere
per i lavoratori delle aziende coinvolte nel sequestro ad un periodo di cassa
integrazione (da sempre
una rivendicazione del sindacato). Il sesto punto riguarda il potenziamento e
la riorganizzazione dell’ Agenzia nazionale; le sedi dell’Agenzia saranno a
Roma e a Reggio Calabria, ma non si esclude la possibilità di avere uffici
decentrati che potrebbero essere definiti nel regolamento. Una presenza su
territori come ad esempio Palermo, Milano, Bologna e Napoli dove il numero dei
sequestri e delle confische è in crescita esponenziale sarebbe indispensabile.
Il settimo punto riguarda la costituzione presso le prefetture dei comitati
permanenti composti, oltre che dagli stessi prefetti e da un componente
dell’Agenzia, anche da rappresentanti delle parti sociali e delle istituzioni
locali. I comitati permanenti hanno il compito di monitorare il fenomeno, ma
anche di affrontare le problematiche che il fenomeno propone.
L'ottavo punto riguarda la costituzione delle sezioni
territoriali dei tribunali per le misure di prevenzione. La riforma opera così un processo di
specializzazione della magistratura su questa materia e affida a queste sezioni
compiti importanti e diretti per tutta la fase del sequestro dei beni.
Rassegna.it 14 marzo 2018
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