GIADA LO PORTO
Letizia Battaglia ritrova la ragazza col pallone
protagonista di uno dei suoi scatti più celebri che è stato riproposto nello
stesso luogo esatto
«Non riuscivo a parlare, mi sono venuti gli occhi lucidi, una fitta al
cuore. A lei tremavano le gambe, ci siamo abbracciate strette strette». È una
Letizia Battaglia insolita, che lascia fuori dalla porta l’ironia che la
contraddistingue, quella che inizia a raccontare l’incontro, dopo 38 anni,
con la “bambina con il pallone”, icona di una delle sue foto più celebri. Alla
fine ce l’ha fatta la fotografa palermitana a ritrovare quella ragazzina con
gli occhi nerissimi e il volto imbronciato da lei immortalata in uno dei tanti
vicoli della Cala nell’estate del 1980. «La donna che è diventata non ha
tradito le mie aspettative e questo mi commuove – dice senza avere paura
di mostrare il lato più delicato di sé – È stato il mio chiodo fisso in questi
anni. Poteva diventare un’altra persona, diversa da come l’avevo idealizzata.
Come un amore che ti può illudere. Non avevo sbagliato, ho ritrovato gli stessi
occhi intensi che mi avevano colpito. È stato un sollievo perché questa
bambina mi ha accompagnato per quasi metà della mia vita». La Battaglia una
settimana fa aveva lanciato un appello, attraverso le telecamere della
trasmissione di Raitre “Chi l’ha visto” e quella bambina, oggi diventata una
donna di 46 anni, ha risposto.
«Ci siamo incontrate nel luogo dove l’ho fotografata 38 anni fa, in
piazza Fonderia Oretea, alla Cala, davanti alla stessa porta – dice – anche se
oggi è diversa perché il palazzo è stato restaurato. Si chiama Caterina e vive
a Monreale, è una casalinga, mamma di due ragazzi di 26 e 24 anni. Sua madre
lavorava in un negozio della zona e quel giorno la bambina l’aveva seguita e si
era fermata a giocare con i ragazzini del quartiere». Letizia era seduta ai
tavolini esterni di un bar insieme a Franco Zecchin ed Ernesto Bazan, faceva
molto caldo, quando il suo sguardo fu rapito da quei giochi d’infanzia.
«Mi alzai e iniziai a correre verso di loro – ricorda – Avevo la macchina
fotografica al collo, come sempre. Mi colpì subito, la spinsi delicatamente
contro la porta e lei automaticamente alzò il braccio, si mise in posa ed io le
dissi di non ridere, quindi assunse questa espressione molto seria, molto
profonda. La fotografai e me ne andai». Ma quella bambina, che per quasi
quarant’anni ha accompagnato la vita della fotografa, con il suo sguardo
tormentato, non sapeva di essere diventata il simbolo della Palermo ferita
dalla lotte mafiose. «L’ho incontrata per un minuto e mezzo nella vita, non di
più – aggiunge – non sapeva neanche che esisteva una fotografa che si chiamava
Letizia Battaglia. Ha fatto una vita semplice di madre, compagna, moglie». È
stato il fratello maggiore di Caterina a vedere la trasmissione e riconoscere
quella bambina magra con il pallone nella mano destra e mille lire nella mano
sinistra. «Avevo paura di incontrarla pur avendola sempre cercata – confessa
Letizia – paura che quella bambina nella vita avesse intrapreso strade
sbagliate, mi sono tranquillizzata: ha il volto di una donna che ha vissuto una
vita abbastanza felice. È dolce e con gli occhi buoni. Me la immaginavo piccola
e invece è diventata altissima, è come se per me fosse cresciuta in due ore,
perché fino a quel momento è sempre rimasta bambina ai miei occhi». Adesso è
tornata a fotografarla da adulta. È il potere della fotografia che coglie
nell’eternità l’istante che l’ha abbagliata.
La Repubblica Palermo, 23 marzo 2018
Nessun commento:
Posta un commento