Fra ipocrisie,
ritualità, proteste, scioperi, rivendicazioni di ogni sorta e specie… ritorna
l’8 marzo. Tra quello che dovrebbe essere l’universo “donna” e quello che è.
Quello che una mentalità di sesso e di genere che poi diventa cultura,
educazione, potere, discriminazione, morte nei confronti di chi, come la donna,
è stata relegata in ruoli, nei migliori dei casi, subalterni ai poteri
decisionali che tutto pretende, giustifica e tollera.
Come credente, anch’io
voglio vedere nelle parole di papa Francesco: “Il Signore le vuole libere e in
piena dignità”, un segno di speranza in un cambiamento di mentalità e di modo
di operare nei confronti delle donne. Ma come in altri
ambiti della vita della Chiesa, dobbiamo riconoscere che non è così pacifico,
scontato e accettato il fatto di potere considerare la dignità e quindi il
ruolo della donna nella Chiesa al pari degli uomini. Prima di rivendicare
quindi nel mondo della vita civile, politica, culturale, economica ecc. il
ruolo e la dignità della donna o di pregare per i suoi diritti, RENDIAMO
GIUSTIZIA NELLA CHIESA ALLA DONNA, ALLA SUA DIGNITA’ E ALLA SUA LIBERTA’.
Tutto questo è espresso da Dio in ordine al suo
piano naturale “maschio e femmina li creò” e della redenzione “Gesù è
morto perché tutti abbiano la vita” e s. Paolo spiega “che non c’è più né uomo
né donna… perché tutti redenti dal suo sangue”. Solo dopo, possiamo chiedere,
pretendere, ottenere che gli altri facciano lo stesso.
Padre Giovanni
Calcara, o.p.
Padri Domenicani –
Soriano Calabro
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