GIUSI SPICA
Candidati fra paesi spopolati e l’ombra della mafia.
Ci sono due derby ex dc per centrodestra e centrosinistra, un grillino sfida un
“epurato”
La battaglia più dura si combatte a Monreale, il terzo comune più grande
della provincia con i suoi 39 mila abitanti. Conteso tra il centrodestra a
trazione democristiana dell’ex ministro all’Agricoltura Saverio Romano e il
centrosinistra che punta tutte le fiches su un altro ex scudocrociato approdato
dopo vari giri nell’orbita di Matteo Renzi: l’ex deputato regionale Salvo Lo
Giudice. Ma non è l’unico derby che si gioca nello sterminato collegio
uninominale della Camera che abbraccia 42 comuni e 308 mila abitanti: un tempo
cittadini a Cinquestelle entrambi, oggi corrono con simboli diversi il
farmacista grillino di Corleone Giuseppe Chiazzese e l’agente immobiliare in
campo con Liberi e Uguali Serafino La Corte, per 5 anni portaborse di uno primi
“epurati” di M5s, l’ex senatore Francesco Campanella.
Una guerra senza esclusione di colpi che vede schierato l’uno contro
l’altro gli “ex amici”, impegnati in una frenetica campagna porta a porta lungo
decine di chilometri di strade dissestate, trazzere, campi strappati a Cosa
Nostra, in un territorio storicamente ad alta densità mafiosa.
Urologo nelle più importanti cliniche private palermitane, Lo Giudice
inizia la sua carriera politica nel 2007 al Consiglio comunale di Palermo con
la benedizione di Antonello Antinoro e dello stesso Romano, allora segretario
regionale dell’Udc. Nel 2012 sbarca all’Ars con la lista Musumeci con un
bottino di 8mila preferenze.
Dopo un breve passaggio a Grande Sud di Gianfranco Micciché, approda alla
corte di Salvatore Cardinale con Sicilia Futura. Alle ultime Regionali si
candida nella lista Arcipelago che fa capo al centrosinistra di Fabrizio Micari
ma non viene rieletto. Oggi tenta il salto in Transatlantico col Pd. «Sono
rimasto folgorato da Renzi — ripete nel piccolo comitato elettorale allestito
sul corso — il Pd è l’unico partito che è riuscito a tirar fuori l’Italia dallo
stallo, ha fatto ripartire il Pil e ha creato un milione di posti di lavoro». A
chi lo accusa di aver cambiatocasacca, ribatte che lo ha fatto per convinzione
politica nel momento in cui gli altri, subodorando la sconfitta, passavano al
fronte opposto.
Sa di non partire favorito nella sfida con l’ex ministro originario di
Belmonte Mezzagno, Romano, che lo insidia nel suo territorio.
Nelle ultime settimane, Romano è riuscito a cooptare ben 5 consiglieri
comunali Pd passati al centrodestra e il sindaco di centrosinistra Piero
Capizzi, presente alla convention di Noi con l’Italia-Udc giovedì sera al
Collegio di Maria. Un “ribaltone”, accusa il circolo cittadino del Pd che ha
ritirato la delegazione di assessori per protesta contro il “cambio di colore”
della giunta. I dem sperano di recuperare a Carini dove possono contare
sull’appoggio del sindaco Giovì Monteleone.
Ma la “campagna acquisti” di Romano continua altrove. A Ciminna ha trovato
l’appoggio del sindaco di centrosinistra Vito Barone, a Baucina quello del
primo cittadino Ciro Coniglio.
«Perché il nostro — spiega — è un progetto che si basa
sulla competenza». Una “chiamata alle armi” per gli ex amministratori e i
loro rampolli cresciuti sotto lo Scudocrociato arriva dal palco del cinema Roma
di Bagheria, dove Romano interviene a sostegno di Ester Bonafede candidata al
Senato: «Il nostro nemico politico non sono i Cinquestelle, ma il disagio
sociale che spinge le famiglie verso la deriva grillina», insiste prima di
salire sulla Jeep scura con autista che lo porterà a Partinico.
Niente a che vedere con l’auto elettrica a bordo della quale viaggia
Giuseppe Chiazzese, il farmacista trentaseienne pioniere di M5s a Corleone,
l’unico che — secondo i sondaggi — può contendere a Romano la vittoria. Da
quando ha risposto “sì” alla proposta di candidatura, non si è mai fermato: è
stato a Bisacquino, Mezzojuso, Giuliana, Chiusa Sclafani, Lercara Friddi, San
Cipirello: «Sembrano paesi fantasma, spopolati per colpa del cattivo governo di
questi anni. A Giuliana quest’anno si sono iscritti in prima elementare
solo cinque bambini. Venti anni fa si formavano tre prime classi. La
vecchia classe politica di destra e sinistra chi vuole rappresentare se qui non
rimane più nessuno?
La gente è stufa di tutto. È stufa anche della mafia».
Nella piazza dove Chiazzese apre ogni giorno la saracinesca della sua
farmacia, c’è chi non la pensa così. Parola di La Corte: «A Corleone, nel paese
commissariato per infiltrazioni mafiose, un anziano mi ha detto che non avrebbe
mai votato per il mio partito, il partito di Grasso, perché ha lasciato morire
Totò Riina in carcere». Eppure qui, in uno dei collegi più a rischio, la mafia
non sembra tra i temi caldi della campagna elettorale.
«Dove sono i pacchi spesa e i buoni benzina? Questo spesso mi chiedono le
persone che incontro in strada», dice La Corte saltando tra una bancarella e
l’altra del mercatino di Misilmeri per distribuire i facsimile. Sa che è
difficile sfondare in un territorio dove ancora il peso del voto di scambio è
forte. «Ma il nostro progetto è incentrato sul diritto al lavoro e sui temi
dell’ambiente e della legalità». Per 5 anni è stato assistente parlamentare di
Campanella, il suo “mentore” politico che ha rinunciato a ricandidarsi. In caso
di sconfitta tornerà a fare l’agente immobiliare a Bagheria, ma «continuerò a
impegnarmi sul territorio».
Tornerà al suo lavoro al call center anche Francesca Tumminello, la
quarantenne dipendente della società British Telecom candidata con Potere al
Popolo: «È l’unico soggetto che si oppone alle politiche di precariato portate
avanti in questi anni», dice mentre sfila lungo le vie di Palermo durante il
corteo antifascista. La sua, come quella degli outsider Caterina Cerda per
Casapound, Fabio Ferranti per Il popolo della famiglia, Ignazio Gendusa per
Italia agli italiani e Daniele Urso per il Partito comunista, è una candidatura
di testimonianza, in un collegio dove per tutti il nemico da battere resta la
“disaffezione” alla politica che alle Regionali ha portato 52 elettori su 100 a
disertare le urne.
La Repubblica, Palermo, 25 febbraio 2018
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