SALVO PALAZZOLO
Una trama misteriosa continua a legare i nomi di alcuni fascisti
palermitani. Fra mafia e omicidi irrisolti, uno soprattutto, quello del
presidente della Regione Piersanti Mattarella, l’uomo delle riforme assassinato
il 6 gennaio 1980. Quella trama rievocava qualche tempo fa il boss Totò Riina:
nelle ultime intercettazioni in carcere, citava il più famoso dei fascisti di
Palermo, Pierluigi Concutelli. Diceva al suo compagno di cella: «Stefano
Bontate era il capo siciliano della massoneria insieme ad altri due: Concutelli
e un altro ricco palermitano». Un accostamento davvero inedito. Bontate, il
capomafia di Villagrazia ucciso nel 1981, e Concutelli, il terrorista nero,
l’ex capo militare di Ordine nuovo condannato per l’omicidio del giudice romano
Vittorio Occorsio.
A vent’anni, Concutelli si era trasferito dalla Capitale a Palermo, correva
il 1964; nel 1969, veniva arrestato per detenzione di armi e denunciato per
aggressioni, violenze e partecipazione a campi paramilitari. Intanto, era
diventato presidente del “Fuan” (Il Fronte universitario d’azione nazionale),
nel 1976 uccideva a Roma il magistrato che per primo si occupò di P2,
neofascisti e servizi deviati. «All’inizio del 1977 — dice un vecchio rapporto
dell’Alto commissariato per la lotta alla mafia — Concutelli organizzava una
fattiva collaborazione con la Banda Vallanzasca e con il clan dei Marsigliesi».
Ma Palermo restava la sua base. A Palermo, stringeva una grande amicizia con un
professore di filosofia dell’istituto privato “Manara Valgimigli”, Francesco
Mangiameli, l’ex segretario del “Fronte della gioventù” diventato leader
nazionale di “Terza posizione”, uomo di buone frequentazioni massoniche. Quando
il giudice Falcone ipotizza uno scambio di favori fra i neri e la mafia per il
delitto Mattarella, parte proprio da questi due nomi simbolo dell’estremismo di
destra palermitano. Alle fine del 1979, Mangiameli avrebbe dovuto organizzare
l’evasione di Concutelli dal carcere dell’Ucciardone. Con l’aiuto di qualcuno
rimasto misterioso. La mafia, ipotizzava Falcone nella sua idea di scambio di
favori, i killer neri avrebbe invece ucciso Mattarella.
L’evasione poi saltò, il giudice Falcone avrebbe voluto saperne di più da
Roberto Fiore, uno dei capi romani di Terza Posizione vicinissimo a Mangiameli,
oggi è il leader di Forza Nuova: lui avrebbe avuto il compito di reclutare
un terrorista nero molto agguerrito per tutta l’operazione Palermo (l’evasione
di Concutelli e il delitto Mattarella): Giusva Fioravanti, esponente del
“Nuclei armati rivoluzionari”.
Misteri su misteri. Alla fine del 1980, Mangiameli viene ucciso da
Fioravanti, non è chiaro perché. E la trama si fa sempre più fitta.
Perché Fioravanti (poi assolto dal delitto Mattarella, ma condannato per la
strage di Bologna e altri omicidi) aveva un amico in particolare a Palermo. È
Gabriele De Francisci: Falcone sospettò che avesse dato ospitalità a Fioravanti
nei giorni del delitto Mattarella, tre sue zie abitavano infatti nei pressi del
luogo dell’omicidio. Via Tasso, via Ariosto e via Rapisardi. C’era anche
un altro indizio contro il giovane neofascista amico di Fioravanti: l’8 gennaio
1980, due giorni dopo il delitto del presidente della Regione, un tale De
Francisci prese posto sul volo Palermo-Roma delle 17,20. Era Giusva Fioravanti
che lasciava la Sicilia dopo la missione di morte?
Falcone sapeva pure che fra marzo e aprile 1980, Giusva Fioravanti aveva
utilizzato il documento di Amedeo De Francisci, il fratello di Gabriele.
Sospetti pesanti, ma solo sospetti, e la posizione di De Francisci fu
archiviata da Falcone.
Oggi, le trame nere di Palermo tornano nella nuova indagine della procura
sul delitto Mattarella.
La Repubblica Palermo, 25 febbraio 2018
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