di CALOGERO RIDULFO
Vorrei, se possibile, offrire il mio contributo
al dibattito in corso in questi giorni sulla questione dell’intitolazione
dell’ex chiesa di sant’Andrea al giudice
Ugo Triolo, barbaramente ucciso dalla mafia corleonese il 26 gennaio 1978.
Nell’affermare con forza che ogni forma di sopraffazione mafiosa è da
condannare in maniera risoluta, con azioni quotidiane limpide e senza
tentennamenti né ambiguità, penso che tutte le vittime di mafia vadano
ricordate sempre, per il sacrificio offerto in nome della giustizia, della
legalità e della libertà, anche con riconoscimenti pubblici quali intestazioni,
intitolazioni, targhe, costituzioni di fondazioni ed altro. Credo pure che quello
Stato che era presente alla manifestazione antimafia abbia l’obbligo, oltre che
onorare i suoi uomini migliori, di rendere loro giustizia, in primo luogo
spazzando via quel substrato favorevole alla crescita della malapianta mafiosa,
che nel nostro territorio può declinarsi
in tanti modi, non ultimo, - e in questo ha ragione Nonuccio Anselmo – nell’impegno
per portare a soluzione le problematiche del dissesto delle strade urbane ed
extraurbane, nel trovare una soluzione virtuosa alla gestione dei rifiuti e al
decoro urbano. Queste sono le risposte che ogni buon cittadino si attende da
quello Stato, come dice Dino Paternostro, che era presente alla manifestazione
del 26 gennaio
(o forse era una passerella di autorità politiche e religiose?);
queste le sfide importanti che hanno avuto e ancora hanno davanti le tre
Commissarie che reggono le sorti di questo Comune a seguito dello scioglimento
degli organi elettivi per infiltrazioni mafiose, e sono convinto che abbiano
fino adesso dato il meglio nella risoluzione dei vari problemi, riuscendo bene
alcune volte, meno bene altre volte. Ma questo ci sta. Del resto non è facile
mettere in ordine una città disordinata e disarticolata come Corleone. Ma
proprio per ottimizzare la loro azione farebbero meglio ad entrare nell’ordito
emozionale della popolazione, ascoltando e tenendo conto di tutte le istanze e
le esigenze delle entità attive sul territorio, consultando quanti possono
esprimere con competenza opinioni su questioni locali. Se questo avessero
fatto, probabilmente non avrebbero d’un solo colpo cancellato i circa otto
secoli di storia della chiesa di sant’Andrea che, attenzione, non è soltanto
una storia di fede, ma soprattutto un fatto identitario, che non può essere
cancellato da un malinteso senso dell’ antimafia. Sappiano le Commissarie, e
quanti sulla rete esplodono con un generico “e chi se ne frega”, che tutte le
sensibilità hanno diritto di cittadinanza; e ci sono sensibilità che risultano
legate alle ragioni identitarie, siano esse legate al largo santa Maria piuttosto
che alla ex chiesa di sant’Andrea, nella cui area, diversi secoli addietro, batteva
il cuore della città: ci stava la Platea
Puplica con il Teatro, ovvero il
Foro della Corte giuratoria, gli uffici amministrativi dell’Universitas, le botteghe artigianali per
la produzione dei manufatti in pelle dei maestri giudei e latini, i fondaci per
l’accoglienza dei forestieri, le domus delle
classi sociali più agiate, e c’erano diversi luoghi di culto. Dal punto di
vista architettonico la chiesa di sant’Andrea si fregia di un prezioso portale
chiaramontano, che in passato è stato fatto passare per arabo, dando così
origine alla leggenda della moschea (gli arabi si insediarono, in numero molto
limitato, ai piedi della rocca soprana e della rocca sottana, ma soprattutto,
nei momenti più difficili della loro permanenza, sulla montagna Vecchia), poi
trasformatasi in sinagoga, con tanto di bagno ebraico; niente di tutto questo
fino a prova contraria, ma ciò non toglie valore storico al luogo. Sarebbe
stato meglio, e sono convinto che pure il compianto giudice Ugo Triolo approverebbe,
affiggere, a perenne ricordo, una targa nel luogo in cui fu barbaramente
ucciso. Non è mai troppo tardi per rendere giustizia alla storia, vorrei
invitare, da cittadino, la Commissione, a trovare una soluzione più giusta.
Auspico, qualora ciò non fosse possibile, che la futura giunta di Corleone
possa riconsiderare tutta la questione. Un principio dovrebbero adottare le
autorità tutte le volte che decidono di intitolare un luogo ad una personalità
meritevole: tenere conto dell’importanza storica dei luoghi, allo stesso modo
di come ne tengono conto tutte le volte in cui entrano nel merito delle
concessioni edilizie, prestando molta attenzione alla conservazione del centro
storico. Cultura e luoghi storici andrebbero preservati e non cancellati, eventuali
intitolazioni dovrebbero rispettare il principio della contestualizzazione;
riconoscimenti riservati a personalità significative e moralmente esemplari di
un passato più recente andrebbero inseriti in una cornice comparabile con il
tessuto urbano moderno.
Corleone 05/02/2018
Calogero Ridulfo
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