L'abbraccio di Gentiloni e Veltroni sul palco dell'Eliseo a Roma |
Walter Veltroni
Pubblichiamo un estratto del discorso di ieri di Walter Veltroni al teatro
Eliseo di Roma .
Voglio essere chiaro, è solo il mio pensiero. Si è perso, malamente, il
referendum costituzionale. Ma le ragioni della necessità di un cambiamento, nel
solco della nostra splendida costituzione, che accentui la capacità di decidere
dell’esecutivo e di controllare con spietato rigore da parte del parlamento
rimangono, per me, del tutto attuali. Altrimenti, continuerà il mix di
consociativismo e rissa. E continuerà quel ributtante trasformismo che
nell’ultima legislatura ha portato a 500, diconsi 500, cambi di gruppo da parte
di un terzo dei parlamentari. Un orrore che è alla base della disaffezione. E
ora siamo al colmo di candidati - gli espulsi, gli ammoniti e i diffidati del
movimento cinque stelle - , che la destra è già pronta, se eletti, ad
accogliere sulla base della garanzia ideale programmatica che manterranno
tutto lo stipendio. Per cui elettori dei Cinque stelle si troveranno a votare
persone che poi andranno a destra. E guardate che queste furbizie riguardano
tutti, nessuno si senta escluso. Va bene che in Costituzione non c’è il vincolo
di mandato, ma non c’è neanche l’obbligo di ingannare gli elettori.
Io sono e rimango per la democrazia dell’alternanza. E sono, non ho nessun
imbarazzo a dirlo, perché in Parlamento, tra tutte le forze politiche, si
cerchino sempre accordi sulle regole del gioco. Il governo è di una parte,
quella che ha vinto le elezioni. Il Parlamento è di tutti. E le riforme
istituzionali si deve cercare di farle con il consenso più ampio.
Ma il governo non è il territorio per pasticci. Io spero che da queste
elezioni emerga una maggioranza chiara. Se questo non avverrà penso, è di nuovo
solo la mia opinione, che si debba fare una legge elettorale con un premio di
maggioranza al livello che la sentenza della Corte ha stabilito, si debbano
costituire perciò coalizioni coese su un programma e poi far decidere gli
italiani. Ma solo se si ha la sicurezza, cito Renzi e me stesso, «che la notte
delle elezioni si saprà chi governa». Io credo nel riformismo e so che il
riformismo lo fanno i riformisti, non alleanze spurie e improvvisate, pasticci
che gli elettori non capirebbero.
(...) Quando ci fu la campagna elettorale nel 2008 io usai l’espressione,
parlando di Berlusconi, «il principale esponente dello schieramento a noi
avverso». Non lo facevo per altro, ovviamente, che per segnalare che la nascita
del Pd doveva significare l’uscita dell’Italia da un periodo in cui Berlusconi
era stato il centro di ogni cosa, facendo perdere al nostro paese anni preziosi
di riforme e modernizzazione. Ma vorrei, per chiarezza, che ritornassimo al
chiaro significato politico delle parole di quella frase. Berlusconi è e
resterà: «Il principale esponente dello schieramento a noi avverso». La
bellezza della politica deve fondarsi sulla nettezza delle differenze, sull’
assenza dell’indistinto, della marmellata.
(...) Il Pd, la sinistra, deve essere dovunque una diseguaglianza si
manifesta, una ingiustizia avvelena la vita dei più deboli. La sinistra, il Pd
non possono accettare ad esempio che un ragazzo o una ragazza vengano pagati 33
centesimi l’ora per il suo lavoro. E’ nuovo schiavismo, non altro. Tra quei
ragazzi, deve essere il Pd che avevamo immaginato. Se non lo farà lascerà il
campo alla destra. Quella estrema. Quella che oggi non esita più a definirsi fascista.
Serve, in questa confusione, che emerga un progetto di società, di
relazione tra le persone, qualcosa che accenda nei cuori e nelle menti
un’emozione, una speranza tanto forti da combattere e sconfiggere la paura.
Serve, come avrebbe detto Enrico Berlinguer, un pensiero lungo, capace di
unificare la società. E bisogna essere, lo ripeto, dentro il popolo, dentro il
suo malessere, il suo disagio.
(...) Se dovessi dire le tre cose che mi piacerebbe emergessero in questa
ultima settimana di campagna elettorale le direi così, per titoli. In primo
luogo la lotta alla precarietà e moderne garanzie di certezza di vita e di
lavoro. C’è poi un grande assente in questa campagna piena di frivolezze e di
mirabolanti promesse. Parlo dell’ecologia, delle politiche di sviluppo
compatibile. Ma resta ahimè centrale per l’Italia la battaglia contro la
corruzione e per la moralità della vita pubblica che passa da una lotta senza
quartiere contro mafia, camorra e ‘ndrangheta.
(...) Non ho il mito della sinistra unita ad ogni costo. Ma conosco la vita
e la storia di molte delle persone che hanno lasciato il Pd e non
necessariamente per andare in altre formazioni. Persone che oggi sono agli
angoli, magari deluse, incerte. Vorrei dire loro: non disperdetevi, in un
momento così difficile, così pericoloso. Non state a guardare, anche se avete
rabbia e se qualcosa non vi piace, non vi piace proprio. Aiutate questo paese a
non perdersi. Un vecchio saggio diceva «E’ meglio accendere una candela che
maledire l’oscurità». L’Italia oggi ha bisogno di luce. Non di buio, non di
confusione, non di odio. Di luce.
La Repubblica, 26 febbraio 2018
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