Attilio Bolzoni
Fino all’altro ieri non c’era. Non c’era e sicuramente non ci sarebbe stata
mai. Almeno così pensavano e dicevano a Milano, a Torino, in Veneto, fra Reggio
(Emilia) e Modena. Di più: lassù, al Nord, si sentivano pure offesi quando
qualcuno provava a metterli sull’avviso che quei “galantuomini” erano arrivati
dappertutto e si stavano prendendo tutto. Per gli italiani che vivono sopra
Roma la mafia era sempre stata considerata una sorta di malapianta meridionale,
qualcosa «incarnata nei costumi ed ereditata con il sangue». Era siciliana. Era
calabrese. Era napoletana.
Eppure i primi boss avevano invaso le regioni settentrionali con la loro
mentalità predatoria già nel 1963 — più di mezzo secolo fa — dopo che il
ministro dell’Interno del tempo Mariano Rumor ebbe la “geniale” idea di
deportare gli “associati” lontano dai loro territori d’origine. Prima
arrivarono i siciliani, poi i napoletani, poi ancora i calabresi. E, per più di
quattro decenni, nessuno li ha mai disturbati. Prefetti della Repubblica che
facevano come le tre scimmiette, una magistratura sonnolenta, un’imprenditoria
scaltra, una “società civile” che ha preferito voltarsi dall’altra parte.
Quelli intanto commerciavano in stupefacenti, fondavano “locali”, conquistavano
mercati. Un’infezione.
Ogni volta che qualcuno si azzardava a parlare di “boss al Nord” partivano
minacce di querela. È capitato anche al presidente della Commisssione
parlamentare antimafia Francesco Forgione, nel febbraio del 2008. Un capitolo
della sua relazione finale sulla ‘Ndrangheta si addentrava sulla
“colonizzazione” mafiosa fra Milano e Torino, subito le contraccuse da destra e
da sinistra, dal sindaco di Milano Letizia Moratti e dal sindaco di Torino
Sergio Chiamparino che «si sentiva diffamato come amministratore e come
cittadino». Negavano tutti, negavano sempre. Un riflesso condizionato per non
sporcare l’immagine di un luogo e la reputazione di una comunità. Un po’ come a
Palermo trenta, quarant’anni prima: il danno non lo provoca la mafia ma chi la
denuncia.
Oggi le mafie sono diventate troppo potenti per ignorarle e rimuoverle.
Fanno troppa paura. Il 2017 si è chiuso con una grande assemblea sui mutamenti
delle organizzazioni criminali, gli “Stati Generali della lotta alle mafie”
convocati dal ministro della Giustizia Andrea Orlando. Dove si sono tenuti? A
Reggio Calabria o aTrapani? A Caserta? A Locri? No, a Palazzo Reale a Milano.
La Repubblica, 8 gennaio 2018
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