ANTONIO FRASCHILLA
Studio della Regione: allarme per elezioni alterate da
favori e promesse Indagini in corso da Palermo a Siracusa. “Ma è la punta di un
iceberg”
In Sicilia c’è un partito che vale tanto e che potrebbe aver fatto, e fare,
da ago della bilancia in tutte le elezioni: dalle Amministrative alle Regionali
passando per le Politiche nei collegi uninominali con i quali, ad esempio, si
voterà a marzo. Il partito si chiama «voto di scambio» e può valere fino al 9
per cento. A tanto ammonta, secondo un dossier dell’Ufficio statistica della
Regione, il numero di siciliani «ai quali è stato chiesto il voto in cambio di
favori, denaro e regali». E guardando al risultato delle ultime elezioni
regionali o delle amministrative a Palermo, con questa percentuale si
modificano gli equilibri, o per lo meno si può influenzare in maniera
determinante il risultato, considerando anche l’elevato astensionismo
registrato negli ultimi anni nell’Isola.
I numeri del voto siciliano
Alle ultime elezioni regionali, ad esempio, su 4,6 milioni di siciliani
aventi diritto al voto, sono andati alle urne meno della metà, poco più di due
milioni. Se il 9 per cento dei siciliani ha ricevuto una richiesta di «consenso
in cambio di favori», significa che almeno 419mila elettori hanno avuto una
proposta del genere. E se almeno la metà è andata poi a votare come da media di
astensionismo, significa che almeno 200mila voti sono stati dati dietro
ricompensa. Cifra, quest’ultima, che potrebbe essere di molto maggiore: con un
incentivo economico la spinta a votare potrebbe essere maggiore rispetto alla
media. Ma senza aggrovigliarsi troppo nei numeri, 200mila voti
comprati significa un partito che avrebbe potuto far vincere una parte
piuttosto che un’altra, e che potrebbe essere sempre determinante: prendendo a
riferimento solo le Regionali, nel 2012 e nello scorso novembre il risultato è
stato molto risicato.
Insomma, i numeri dicono che il voto di scambio potrebbe essere davvero
determinante. E con la nuova legge elettorale in vigore dalle prossime
Politiche del 4 marzo il voto di scambio, stando a questi numeri, in un sistema
sempre più tripolare nei collegi uninominali dove vince chi prende più voti,
sarebbe decisivo e potrebbe far pendere il risultato davvero a favore di una
parte o dell’altra.
Le indagini
Il problema è che le indagini della magistratura, stando a queste
statistiche, riescono ad aggredire soltanto la punta dell’iceberg. In ogni caso
non sono pochi al momento i procedimenti giudiziari in corso. Il mese scorso è
arrivata la condanna per un voto di scambio risalente alle Regionali del 2012
nel Trapanese. Secondo l’accusa, Pietro Luca Polizzi avrebbe stretto un accordo
con Aldo Roberto Licata, anche lui con precedenti per corruzione elettorale,
per far ottenere voti alla sorella: Doriana Licata, cinque anni fa candidata
all’Assemblea regionale nell’Mpa di Raffaele Lombardo. Licata ha ottenuto poi
4.686 voti, non sufficienti per ottenere uno scranno a Sala d’Ercole. Nel corso
delle indagini è emerso anche il prezzario di questa compravendita: ogni voto
sarebbe stato pagato fino a 50 euro, con pacchetti scontati. Ad esempio
per 500 voti il compenso sarebbe stato di 15mila euro.
A Palermo è sotto inchiesta per corruzione elettorale Edy Tamajo, deputato
eletto nelle file di Sicilia futura dell’ex ministro Salvatore Cardinale.
Rimanendo a Palermo, nelle carte del blitz antimafia di Santa Maria di Gesù
spunta un’intercettazione di un esponente del clan, Antonino Tinnirello, che
racconta di «un politico» a capo di un ente di assistenza che sarebbe stato
sostenuto alle urne in cambio di denaro. E su questo ci sono indagini ancora in
corso.
A Siracusa è ancora top secret l’indagine su un’altra compravendita di
consensi, anche questa perpetrata durante l’ultima campagna elettorale. Il
mese scorso ha fatto scalpore il caso raccontato da “Le Iene” su uno scambio di
denaro fra una edicolante di Acicastello e un’amica, il tutto due giorni dopo
le elezioni regionali e filmato da una telecamera nascosta: ben cento euro
scivolano da una mano all’altra, cinquanta per ogni voto che sarebbe stato
fatto avere ad Antonio Castro, candidato di Forza Italia di Acireale e non
eletto. «Ad accogliere la mia proposta sono stati in 88», dice la venditrice di
giornali mostrando all’interlocutrice che ha appena preso la ricompensa la
lista degli altri elettori che avrebbero accettato la sua offerta. Lui, Castro,
ha annunciato querele e ha definito questo servizio «una fangata». Non ce l’ha
fatta comunque a conquistare un seggio all’Ars: 1.437 consensi.
Altre indagini per voto di scambio hanno riguardato poi le comunali di
Palermo del 2012 per alcuni consiglieri di circoscrizione, e anche Fabrizio
Ferrandelli, consigliere comunale, è indagato per voto di scambio per le
amministrative di quell’anno.
Il sistema
Dalle indagini emerge un sistema. Dove spesso al vertice c’è un candidato
che ha un budget da investire ma che non viene mai a contatto con i
“beneficiari finali” dei piccoli contributi. In mezzo infatti risalta la figura
dell’intermediario che divide i fondi in tranche più piccole affidate a diversi
galoppini, incaricati di prendere contatto con gli elettori, proponendogli soldi
in cambio di voti. Nel caso sollevato da “Le Iene” ad Acireale un tal “Pietro”
consegnerebbe 3.500 euro all’edicolante che poi comprerebbe il voto a
favore di Castro. Nel caso di Tamajo, nel mirino sono due galoppini. Uno dei
quali, intercettato al telefono, rivela: «Gliel’ho detto a Tommaso, a sua
moglie, hanno detto: “Noi glielo diamo il voto (a
Tamajo, ndr), problemi non ne abbiamo”». E ancora: «Gli ho detto:
“Vedete che siamo pagati”. “Ah va bene, meglio”».
In entrambe le indagini, ad Acireale dopo il servizio televisivo, e a
Palermo per il caso Tamajo, i politici si difendono e assicurano di di non
sapere nulla. Infatti le somme sono state versate da galoppini a terzi. Ma
questo sistema, secondo i magistrati, sarebbe stato congegnato proprio per
“schermare” attraverso faccendieri e galoppini i candidati che pagano per la
loro elezione.
Il voto nei quartieri
Alle scorse elezioni comunali, e alle ultime Regionali, a Palermo sono
stati segnalati altri metodi che rappresentano una richiesta di voto «in cambio
di regalie»: a Passo di Rigano un deposito si apriva e da lì uscivano beni
alimentari di vario genere. E nel quartiere molti assicuravano che dietro c’era
un candidato al Consiglio comunale. C’è poi un altro sistema: quello dei Caf.
Anziani, disabili o anche chi ha bisogno di permessi per malattie e
gravidanze, o chi deve presentare la dichiarazione dei redditi per avere sgravi
fiscali, deve spesso passare da un Caf: e sono innumerevoli i politici che ne
hanno uno a riferimento, grazie al quale magari propongono un servizio
spacciandolo per un favore.
Tecnicamente questa è una corruzione difficile da dimostrare, ma che cos’è
se non un esempio di voto di scambio?
Una cosa è certa: in Italia non c’è nessun’altra regione, eccetto la
Basilicata, ad avere una percentuale di votanti così elevata che ammette di
aver ricevuto proposte di scambio.
La Repubblica, 2 gennaio 2018
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