Il segretario della Cgil fu ucciso 72 anni fa
dalla mafia: domani la prima commemorazione pubblica. Il nipote: “A mio nonno
ridato il posto che merita”.
Palermo 3 dicembre 2017 - A Ventimiglia di Sicilia domani si ricorda
Giuseppe Puntarello, dirigente sindacale della Cgil del paese, caduto nella
lotta contro la mafia il 4 dicembre del 1945. Alle ore 10 la deposizione
di una corona di fiori davanti alla sede della Cgil, in via Umberto I 60,
intitolata a Puntarello il 25 marzo scorso. Alle ore 10.30
piantumazione di un albero in memoria di Giuseppe Puntarello all’istituto
comprensivo Rizzo in via dell’Orto.
Questa organizzata dalla Cgil e dal comune di Ventimiglia è la prima
commemorazione che si tiene in coincidenza con l’anniversario della morte e fa
seguito all’iniziativa del marzo scorso. “Sarà l'occasione per la Cgil di
commemorare per la prima volta, dopo 72 anni dalla sua uccisione, la figura del
sindacalista, il cui nome fa parte di quel “calendario della memoria” che il
sindacato palermitano ha ricostruito per commemorare tutti i suoi sindacalisti
morti, da Placido Rizzotto e Epifanio Li Puma, da Nicolò Azoti a Salvatore
Carnevale, agli altri meno conosciuti”, dichiarano il segretario generale Cgil
Palermo Enzo Campo e Dino Paternostro, responsabile della legalità per la Cgil
Palermo.
Alla cerimonia intervengono Dino Paternostro, responsabile Legalità Cgil
Palermo, Gino Anzalone, responsabile Flai Cgil di Ventimiglia di Scilia,
Giuseppe Rizzo, nipote di Giuseppe Puntarello, Antonio Rini, sindaco di
Ventimiglia di Sicilia, Vincenzo Di Salvo, dirigente scolastico della Don
Rizzo. Conclude il segretario generale Cgil Palermo Enzo
Campo.
“Mio nonno – dice Giuseppe Rizzo, figlio di Alfonsina – non si volle mai
iscrivere al partito fascista. Dopo la guerra, si adoperò con altri per animare
la vita sociale e politica di Ventimiglia, schierandosi con i braccianti e i
contadini poveri, che sognavano un futuro migliore. Per anni a casa mia non si
è mai potuto parlare del suo assassinio, perché mia nonna e mia madre
chiudevano subito il discorso, convincendosi che era stato ammazzato per
sbaglio. Un modo per esorcizzare la paura, per non fare i conti con la realtà.
Sono contento che oggi la Cgil ricordi mio nonno come dirigente politico e
sindacale, ridandogli il posto che merita nella storia”.
Chi era Puntarello
Puntarello lavorava come autista della ditta I.N.T.. Da diversi anni
conduceva l'autobus che collegava Ventimiglia di Sicilia a Palermo,
alternandosi nella guida con un compagno di lavoro, pure lui di Ventimiglia.
Quel 4 dicembre 1945 avrebbe dovuto essere di turno il suo collega, che però
gli chiese di sostituirlo. Puntarello accettò e all’alba s’incamminò verso
l’autorimessa per andare a prelevare l'autobus. Un commando mafioso lo
costrinse a fermarsi per strada e lo uccise con fredda determinazione,
sparandogli contro diversi colpi di lupara.
In quei giorni a Ventimiglia si sparse la voce che l'obiettivo vero dei
killer non fosse Puntarello, ma il suo compagno di lavoro. Fu il classico
depistaggio mafioso per confondere le acque. “La verità - scrivono Alfonso
Bugea ed Elio Di Bella, nel libro “Senza Storia” - venne a galla qualche anno
dopo. Puntarello era stato ucciso per il suo impegno di dirigente della Camera
del Lavoro. Si era trattato, insomma, di uno dei tanti omicidi che in quegli
anni la mafia compiva per piegare il movimento contadino in lotta per le
terre”.
A capire subito la matrice mafiosa del delitto furono la Cgil e i partiti
di sinistra. Già il 5 dicembre 1945 “La Voce della Sicilia” scrisse: “Ieri
mattina è stato assassinato a Ventimiglia, in provincia di Palermo, il compagno
Giuseppe Puntarello, segretario della locale sezione comunista. Già varie volte
la sezione aveva ricevuto minacce dalla maffia del luogo, al soldo del
separatismo agrario, di cui anche il sindaco è un esponente. C’è di più: il
maresciallo dei carabinieri aveva intimato ai nostri compagni la chiusura della
sezione minacciando inoltre il confino ai compagni più in vista. Purtroppo non
è la prima volta che i nostri compagni rimangono vittime della reazione
agraria”.
Quando venne assassinato, Giuseppe Puntarello aveva 53 anni. Era nato a
Comitini il 14 agosto del 1892. Da Comitini si era stabilito nel 1932 a
Ventimiglia di Sicilia, dove aveva trovato lavoro e una casa in via Garibaldi.
Nel 1939 dovette emigrare ad Asmara, in Eritrea, ritornò in Paese due anni
dopo. Nell'immediato dopoguerra aderì al Partito comunista, divenne segretario
della locale sezione, e fondò la Camera del Lavoro. Si distinse per il
coraggioso impegno in difesa del movimento contadino di Ventimiglia, nella
lotta per la terra e per l’applicazione dei decreti Gullo.
Non fu fatta nessuna seria indagine sul delitto, nonostante la volontà di
collaborare con gli inquirenti manifestata dagli operai della Federazione
Regionale Lavoratori Autotrasporti dell’I.N.T. , compagni di Giuseppe
Puntarello. “I lavoratori dell’I.N.T. - scrive ancora ‘La Voce della Sicilia’
del 15 dicembre 1945 - sentendo come un proprio lutto il lutto della famiglia
Puntarello, (...) si mettono a disposizione delle autorità con le quali
collaboreranno nella ricerca dei colpevoli, perché vogliono che le indagini
siano condotte a fondo e non si fermino agli autori materiali dell’assassinio”.
Alla sua morte, lasciò la moglie Vincenza Samperi di 48 anni e 5 figli:
Carmelo, Alfonsina, Giuseppe, Matteo e Vincenzo. Il figlio più piccolo aveva 10
anni, la moglie rimase senza pensione perché allora non c'era la legge sulla
reversibilità. I piccoli furono aiutati dai nonni, mentre Matteo, che era
sordomuto, venne portato in collegio. Il figlio Giuseppe fu assunto dall’I.N.T.
al posto del padre, ma dopo pochi mesi fu licenziato.
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