Fabrizio Lentini
Ma cos’è la destra? Cos’è la sinistra? L’interrogativo di Gaber si
ripropone in questi giorni nel caleidoscopio politico italiano. Che, come
sempre, ha in Sicilia una fabbrica naturale di specchietti colorati. Piero
Grasso si erge a leader di una formazione extra-Pd che abbraccia una gamma
molto vasta di “sinistre”, dai no global di Luca Casarini (palermitano
d’adozione) ai vecchi baroni rossi “governativi” Angelo Capodicasa e Mirello
Crisafulli, dai giovani vendoliani come Erasmo Palazzotto ai grillini delusi
come Francesco Campanella. Tutti liberi, si capisce. E certamente non uguali.
Ma dalla Grosse Koalition anti-renziana, catalogo vivente di occasioni
politiche perdute, si sfila una punta di diamante della sinistra che fu (si
chiamava Rivoluzione civile, ricordate?), Antonio Ingroia. Anche lui ex pm.
Anche lui reduce dalla trincea giudiziaria antimafia.
Dove però Ingroia e
Grasso combattevano con divise non certo uguali («i giudici cannibali», definì
Giuseppe D’Avanzo, nel 2007, le due fazioni contrapposte). E dunque al
collega-avversario Ingroia rimprovera di aver soffiato la poltrona di
procuratore antimafia a Giancarlo Caselli «per una legge ad personam di Berlusconi».
Ma soprattutto di non aver voluto «sottoscrivere l’appello della procura di
Palermo contro l’assoluzione di Andreotti in primo grado» e di essere stato
«molto cauto e prudente sulla trattativa Stato-mafia e l’inchiesta Dell’Utri».
Si potrebbe obiettare che fu Grasso a far condannare Cuffaro a sette anni,
trasformando l’originaria perigliosa accusa di concorso esterno in quella di
favoreggiamento. Ma soprattutto si potrebbe chiedere a Ingroia cosa c’entrino
le categorie di destra e sinistra con l’esercizio dell’azione penale. A meno di
non voler iscrivere alla sinistra anche un magistrato di destra, benché in
prima linea contro i politici corrotti e mafiosi, come Paolo Borsellino. A meno
di non perdere di vista i valori, e perfino le parole, della sinistra. Di non
scambiare la giustizia sociale per giustizia penale o le diseguaglianze per
reati. A meno di non considerare l’aggettivo “liberi” semplicemente il
contrario di “detenuti”.
Repubblica Palermo, 6 dic 2017
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