Umberto Santino
La chiusura delle sedi di Palermo, Napoli e Milano dell’Agenzia dei beni
confiscati non è solo una decisione ingiustificata, dato che a Palermo e in
Sicilia c’è il maggior numero di beni confiscati e Campania e Lombardia sono ai
primi posti nell’elenco delle confische, ma è l’ulteriore dimostrazione che per
i beni confiscati è mancata, e continua a mancare, una politica adeguata. Non
per caso la competenza è del Ministero degli Interni e delle prefetture, come
se si trattasse di un problema di ordine pubblico. Non ci vuol molto a capire che si tratta di qualcos’altro: l’espropriazione
della ricchezza accumulata illegalmente non serve solo a impoverire i mafiosi
ma soprattutto a fare dei beni sottratti alla mafia un patrimonio della
comunità, una proprietà collettiva. E questo dovrebbe essere il terreno
decisivo per costruire un’antimafia sociale, che parta dai bisogni, non
predicata ma praticata. A Palermo l’assegnazione delle case confiscate ai
senzatetto è stata proposta e ottenuta dal comitato di lotta per la casa, non
dall’amministrazione pubblica, che ha cercato di ostacolarla, ed è stato uno
dei pochi tentativi di coinvolgere strati popolari, in gran parte succubi della
mafia.
L’amministrazione pubblica dovrebbe fare da locomotore invece va a
rimorchio. E qualche volta fa fatica ad aprire gli occhi, come nel caso
dell’ufficio per l’amministrazione giudiziaria dei beni confiscati del
tribunale di Palermo, trasformato in un mercato per clienti affezionati da una
signora intraprendente.
Si è detto che il nuovo codice antimafia, salutato come una grande novità
perché ha scoperto che in Italia c’è la corruzione, avrebbe rafforzato
l’Agenzia dei beni confiscati, non mi pare che si possa parlare di
rafforzamento se si eliminano tre sedi, e si concentra tutto a Roma, con uno
strapuntino a Reggio Calabria. Ci sono state proteste, sacrosante, ma per
ribaltare una decisione del genere non bastano le proteste. Occorrerebbe
qualcosa che somigli a una mobilitazione.
Ed è una mossa perdente giocare al ribasso, chiedendo che almeno si lasci
un presidio. Non vedo cosa si debba presidiare. Mi pare la storiella del
soldato a guardia del barile. Non importa se pieno o vuoto.
La Repubblica Palermo, 6 dic 2017
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