Antonio Ingroia e Piero Grasso |
Antonio Fraschilla
«Grasso? Un politicante. Perché solo un politicante può dire che governerà
l’Italia essendo ora a capo di partitino... prende in giro gli elettori perché
col tre per cento o poco più non si governa un bel nulla». Di chi sono queste
parole? A leggerle, si potrebbe pensare a un leader “vissuto” del centrodestra,
come Berlusconi, oppure a Beppe Grillo che lancia i suoi strali dal sacro blog.
Mai qualcuno penserebbe che a pronunciarle sia stato un ex magistrato,
esattamente come Grasso, che appena cinque anni fa si lanciava alla guida di un
partito non certamente a vocazione maggioritaria, esattamente come Grasso, al
grido «arriveremo a Palazzo Chigi». E che alla fine raccolse poco più del due
per cento dei consensi, ripiegando sulla poltrona di capo della società
regionale Sicilia e-Servizi, su nomina dell’amico (ex) governatore Rosario
Crocetta. E invece nel Paese «senza memoria», come ripeteva Pasolini, a
lanciare questo j’accuse è Antonio Ingroia, la punta di diamante
della procura di Palermo quando a guidarla era il contraltare giudiziario di
Grasso, Gian Carlo Caselli. Ingroia è rimasto sempre un caselliano di ferro, ma
se prima criticava il magistrato Grasso perché «morbido» nei processi Dell’Utri
o perché disse che «bisognava dare un premio al governo Berlusconi per la lotta
alla mafia», adesso l’ex pm attacca l’altro ex pm sul piano politico. Con una
differenza: lo accusa di essere «un politicante», in sostanza un venditore di
fumo, perché «sa di non poter governare nulla con il tre per cento». Ingroia
che dice questo? Ma come, non era lui che nel 2013 scese in campo alla guida di
“Rivoluzione civile”? Non era lui che diceva di essere «sicuro di potere
raccogliere milioni di consensi»? Sì, era lui. Ma dopo cinque anni, ha cambiato
idea. Come ogni buon politicante.
La Repubblica, 27 dic 2017
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