Miccichè, presidente dell'Ars |
Come giovani che si dedicano da anni al Partito
Democratico, non abbiamo perso la speranza di rappresentare qualcosa di più.
Qualcosa di più solido di un’alternativa al contesto politico generale che vive
un periodo di profondo degrado morale. Lo facciamo perché crediamo in una
proposta coerente con i nostri valori e distinta nelle proposte di politica
economica, sociale e istituzionale, nonostante le difficoltà che incontriamo
quotidianamente e la distanza che cresce tra la politica e gli elettori.
Crediamo che questa sia l’unica strada percorribile se vogliamo credere in un
partito che governi i processi, che guardi alla costruzione di una società più
giusta. Non ne facciamo una questione di principio ma vogliamo difendere le
ragioni del nostro impegno, specie se riferibili alla nostra terra. E
soprattutto alla nostra generazione. La certezza che i giovani abbiano perso
fiducia nel Partito Democratico, nel ruolo che esso riveste nella gestione dei
delicati passaggi degli ultimi mesi non ci consente di abbassare la guardia né
di continuare a deludere le aspettative di chi continua a credere in questo
Partito. Siamo stati spettatori, vivendola con forte imbarazzo, dell’evoluzione
post-voto in Sicilia. Pensavamo che la tornata elettorale avesse fornito l’occasione
di una profonda riflessione sui limiti evidenziati nei cinque anni al governo,
l’occasione per imprimere un cambiamento che rinnovasse la proposta politica,
rinnovando la fiducia nei siciliani che scappano dal voto o che vengono
ammaliati dalle sirene del populismo.
Così, a un mese e mezzo di distanza non ci sono
stati momenti seri di riflessione né valutazioni politiche che facessero
autocritica sull’esito del voto: chiara dimostrazione che l’establishment del
nostro partito non è riuscito a cogliere il messaggio che i siciliani ci hanno
mandato con il voto. Ci siamo arresi a quel senso comune che s’era diffuso
durante il voto, che ci vedeva esclusi dalla corsa per governare la regione,
dove tutto era ridotto al confronto tra centro destra e M5s, prima ancora della
fine della competizione. La giornata di ieri ha confermato in maniera
disarmante che una parte della classe dirigente del nostro partito non ha il
minimo rispetto per noi stessi, confermando quel senso comune che vede il
confronto politico tra centro destra e M5s. Proviamo vergogna per il
comportamento di alcuni dei nostri Parlamentari rispetto al voto per
l’assegnazione della Presidenza dell’Assemblea. Andando ben oltre il
riconoscimento dell’onore delle armi, il gesto di votare il commissario di
Forza Italia nonché uomo di punta del centro destra è un atto vergognoso e
privo di rispetto verso gli elettori e la storia del PD. Votare chi ha
raggiunto il consenso attraverso imputati, indagati e condannati o voltagabbana
riciclati della politica che cambiano schieramento in base alla propria
convenienza. A questi, se ne sono aggiunti, da ieri, altri quattro. Non
possiamo accettare l’assimilazione populista che asserisce che i politici sono
tutti uguali: il nostro impegno politico è sempre stato segnato dai valori
fondamentali della sinistra, dei principi di legalità e riscatto di una
generazione chiamata a rimboccarsi le maniche, pagando il prezzo di una
politica collusa con gli interessi di pochi. Oggi non possiamo più stare in
silenzio. Come possiamo presentarci alternativi ad altre forze politiche se poi
legittimiamo i nostri avversari sugli scranni più alti del Parlamento
Siciliano? Come possiamo essere credibili quando diciamo che non governeremo
con la destra dopo il voto, se in Sicilia, dopo una sconfitta, alcuni dei
parlamentari del PD si consegnano, mortificando le Istituzioni,
rappresentando il peggiore trasformismo che ha impoverito e condannato la
nostra terra? Come possiamo coinvolgere le giovani generazioni in un processo
di rinnovamento della politica e del nostro partito se non ci comportiamo in
modo alternativo alla peggiore destra d’Italia? Come possiamo fare credere
ancora nella politica se poi sembra uno scambio di cortesia all’interno di un
ceto politico?
Chiediamo alla classe dirigente del Partito
Democratico siciliano di rispondere in maniera chiara a questi interrogativi,
prendendo le distanze da un tale gesto, prendendo misure nei loro confronti.
Vogliamo sapere chi ha fatto uso delle Istituzioni e del Partito per questioni
personali. Non siamo un taxi di ceto politico.
Per le sfide che dovremo affrontare non possiamo
sapere chi siamo e che direzione vogliamo prendere. Senza chiarezza e coerenza,
il partito liquido a cui siamo purtroppo arrivati oggi non sarà nient’altro che
un partito acquoso, che non sa di niente e per questo pensa di stare bene su
tutto, sbagliando e consegnando il paese alle destre e ai populismi.
Massimo Parisi Segretario GD Federazione Messina
Simona Lo Schiavo Direzione regionale GD
Antonio Restifo Segretario Circolo dell'Agrò
Claudio Lentini Segretario Circolo GD Capizzi
Elvira Martino Segreteria GD Palermo
Ruggero D'amico Direzione regionale PD
Chiara Puccio Direzione provinciale GD Palermo
Fabrizio Pitarresi Direzione regionale GD
Francesco Carnevale Federazione GD Palermo
Alfredo De Roberto Federazione GD Palermo
Luca Purpura Federazione GD Palermo
Gabriele Carnevale Federazione GD Palermo
Stefano Alia Direzione regionale GD
Bianca Mascolino Consigliere comunale PD Vittoria
Angelo Tummino, Segretario GD Comiso
Salvo Odierrna, Direzione regionale GD
Domenico Catuara Segretario GD Federazione di
Agrigento
Angelo Cuva Consigliere comunale Canicattì
Gaetano Bosciglio, Direzione regionale GD
Dennis Lattuca, Direzione regionale GD
Salvatore Iacono, Direzione nazionale GD
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