venerdì, novembre 17, 2017

Riina è morto, la mafia no. La sfida è aperta

Totò Riina
È morto il boss Totò Riina. Il capo dei capi di Cosa nostra. Ma non è morta la mafia e si determina una fase di transizione tremenda e dagli esiti incerti. La sfida è in sostanza aperta. Adesso non possiamo perdere tempo. Lo Stato deve saper dimostrare che sa passare dall'”antimafia del giorno dopo” all’”antimafia del giorno prima”.
Vanno messi subito a fuoco alcuni scenari possibili:
1.    Cosa nostra ritorna definitivamente al vecchio ritmo collusivo con la società, l’economia e le istituzioni per premere il grilletto solo quando è necessario e per “operazioni chirurgiche” all’interno e, solo quando è inevitabile, anche all’esterno. Si tratta di una stabilizzazione del quadro attuale interno all’organizzazione, con una guida e una strategia più adeguate e credibili rispetto a quelle dei corleonesi di Riina, Provenzano e Bagarella;

2.    Cosa Nostra sposta il suo baricentro sulle dinamiche collusive ma deve dimostrare al mondo intero, in primis proprio ai mondi di riferimento collusivi, che quando sparare e uccidere è necessario lo si fa senza esitazioni. Si pensa così di mandare un messaggio chiaro ai cittadini riottosi, agli imprenditori che denunciano, ai rappresentanti delle istituzioni che esagerano in strategie e scelte concrete antimafia. Una Cosa nostra che trasmette al suo interno una parte del dna dei corleonesi;
3.    la fase di transizione interna si chiude bene perché i tantissimi boss in libertà e in giro per “fine pena”, gli scarcerati, sono pronti e già preparati ad organizzare il passaggio che la morte di Riina impone. Si riprende il cammino con la pax mafiosa, la sua riorganizzazione per mettere alla guida capi affidabili e temprati per aver saputo reggere il carcere duro del 41 bis senza tradire o mollare la presa. Famiglie di mafia come i Guttadauro, gli Scotto, i Ribisi, i Guzzino, i La Rocca, i Madonia, i Bontempo Scavo … hanno i vecchi fuori e ancora arzilli e i giovani rampolli pronti che scalpitano. Sono più di trecento nei vari mandamenti mafiosi siciliani i boss che hanno scontato la pena e sono ansiosi di riprendere le fila. I giovani rampolli sono, invece, pronti a cogliere qualsiasi occasione utile per scalare i vertici;
4.    si apre una fase di fibrillazione anche violenta al suo interno. La transizione potrebbe incontrare difficoltà di linea condivisa e soprattutto di selezione del nuovo capo e dei nuovi capi in testa ai vari mandamenti e alle commissioni provinciali. Matteo Messina Denaro non riesce a prendere in mano la situazione perché non vuole lui, per rimanere acquattato nella sua latitanza protetta, o perché non lo consentono i boss palermitani che pensano, dopo la dittatura di Riina, di riprendere finalmente in mano la guida di Cosa nostra. Dobbiamo essere pronti anche a questa evenienza.
Ritorniamo a Riina.
Cosa rimarrà dei corleonesi? Il boss Leoluca Bagarella dentro e il boss Giovanni Grizzafi, il “messia”, fuori, da qualche mese scarcerato per fine pena. Dentro anche il figlio di Riina Giovanni, mentre tutti ricordiamo l’altro figlio, Giuseppe, che solo poco tempo fa nella tv di Stato seppe dimostrare la sfrontatezza e l’arroganza dei Riina nel dire al mondo intero che ci sono e che non si metteranno da parte. Ma non sarà facile succedere alla belva di Totò, “u curtu”. Gli scenari sono tanti, pericolosi e intriganti.
La strategia dello Stato deve essere pronta, determinata e chiara:
1.    censire i boss scarcerati per fine pena, braccarli con la confisca di tutti i loro beni e impedire loro di agire ed operare con una azione a tenaglia anche sui loro figli, nipoti e affiliati;
2.    spezzare le ossa al sistema delle collusioni con la società, l’economia e la politica per impedire quella continuità che ne legittima la sua permanenza nel potere e nei territori. Le leggi ci sono. Il codice antimafia è operativo da poche settimane. Le conoscenze sono oramai diffuse.
Naturalmente bisognerà verificare attentamente:
1.    la volontà di agire per aggredire Cosa nostra prima che si riorganizzi;
2.    la capacità progettuale e sistemica di sferrare un attacco integrato sul piano sociale e culturale, economico e finanziario, politico ed istituzionale, repressivo e giudiziario;
3.    infine, se vogliamo, utilizzare la migliore e più preparata classe dirigente in questa sfida che possiamo e dobbiamo vincere.
Giuseppe Lumia


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