GIOSUÈ CALACIURA
IL RACCONTO. Nella città che ha visto morire in strada Libero Grassi la ribellione dei
diciotto commercianti del Borgo Vecchio assume il sapore amarissimo di un
risarcimento, ma non bisogna fermarsi
I commercianti denunciano, gli estorsori vanno in galera. Ad altre
latitudini solo una “breve” in cronaca, normale esito investigativo di un
illecito disinnescato e punito. Una non-notizia. A Palermo, a Borgo Vecchio, è
la notizia. Dirompente, attesa. Nella città che ha visto morire in strada
Libero Grassi ha anche il sapore, amarissimo, di un risarcimento. Ancora troppo
fragile. Ma quel “no” dell’imprenditore ucciso nel ‘91 ha lo stesso suono —
quasi un’eco — di quello pronunciato dai 18 commercianti del Borgo. E ci dice
qualcosa di più su “l’altra città”, i quartieri del centro storico e delle
periferie che non hanno né stampa né epigoni, che hanno servizi al minimo e
marginalità massima.
Ci dice, soprattutto, che sono servite dosi di coraggio esponenziali per
mettere all’angolo i carnefici di sempre, parassiti di una mafia che ormai non
può promettere alcun ritorno, né garanzie d’ordine, né occasioni di lavoro.
Rampolli delle dinastie di Cosa Nostra orfani di territorio e di protezione —
adesso anche di omertà — costretti a giocarsi il tutto per tutto nella
vigliaccheria antica del ricatto e della paura. Consapevoli che il tempo dei
loro padri è trascorso, predano quel che resta di una economia collassata e di
soli spiccioli, evanescenti per mancanza di futuro e perdita di senso, più
feroci, pericolosi e senza scrupoli perché non c’è domani. Salvo riprendere una
boccata di vita negli ammiccamenti elettorali, nelle strizzatine d’occhio dei
candidati che mai pronunciano in comizio la parola mafia, nelle liste
disegnate da leader interdetti dai pubblici uffici e ancora una volta indagati.
Ma sono solo refoli di ossigeno in un’isola che ha sempre meno spazio e denari
per intermediari mafiosi. Gli affari si fanno altrove.
Ci vuole più coraggio al Borgo Vecchio. Più coraggio all’Albergheria,
all’Olivuzza, a Bonagia, in via Oreto, allo Zen, a Borgo Nuovo, al Cep, nei
mandamenti privi di appeal turistico-culturale, lontano dagli “itinerari” della
Capitale della Cultura, dalla coltivazione estensiva dei pub. Una mappa
sacrificale della Palermo che Salvo Licata chiamava la “città nera” da sempre
vuota di Istituzioni e giustizia, di solidarietà cittadina — se non per un
volontariato santo e silenzioso che non fa cassetta — e raccolta
dell’immondizia. La città degli abbandoni scolastici. La città affidata a se
stessa che può contare solo sulla forza della sua pazienza, della
solitudine e dell’autarchia, abituata a sopravvivere, a stimpuniare.
È in questa città vuota di Stato che Cosa Nostra si è fatta Stato,
riempiendo i vuoti colpevoli di quanti avrebbero dovuto esserci, se non per
etica, per ufficio. La città separata dalla “città bianca” da muri di cemento e
apartheid culturale. Ci vuole più coraggio a pronunciare un “no” che è pesante,
definitivo, perché urlato senza appigli, circondato da ostilità. Un “no” che è
anche il rifiuto tout court di una condizione economica e civica
subalterna. Un “no” che si trascina dietro altri no, all’emarginazione, alla
dimenticanza, all’esclusione dai diritti, a una politica disattenta, agli
egoismi di una città con baricentro nel privilegio.
È in questi quartieri dell’oblio istituzionale che Cosa Nostra, quel che
resta, è asserragliata. Non per pressioni esterne. È tra i disperati senza
garanzie e senza solidarietà che la mafia disarticolata, decadente nella sua
“offerta culturale”, priva di promesse e fascino, prova la sua ultima
resistenza. È esemplare che a dire “no” siano commercianti del Borgo, enclave
lumpen e rischiosa nel cuore della city dove non è dato conoscere quanti
rifiutano il “pizzo”, quanti si siano schierati contro l’illegalità. Questi
“no” a Borgo Vecchio, peculiare quartiere diverso, confine confuso tra “città
nera” e “città bianca”, certificano che la mafia non più sistema, ma vigliacca
e violenta, vive la stagione della sua attesa agonia proprio dove immaginava di
essere più inattaccabile e protetta, nutrendosi di disagio, di vite estreme da
comprare con poco. Ci vuole più coraggio al Borgo Vecchio.
La Repubblica Palermo, 11 nov 2017
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