SALVO PALAZZOLO
Torna in carcere il padrino di Bagheria Giuseppe
Scaduto ma il fratello della donna, incaricato del delitto, si è rifiutato di
agire
Il padrino di Bagheria che voleva riorganizzare la Cupola è stato fermato a
casa sua. Da una figlia che voleva vivere la sua vita. Da un figlio che si è
ribellato all’ordine del padre, che insisteva: «Devi ammazzare lei e l’amante,
tutto da lei è partito». Lei aveva una storia con un maresciallo dei
carabinieri. Un affronto per il padre capomafia, Pino Scaduto, uno dei
componenti storici della Cupola mafiosa, un fedelissimo di Totò Riina e
Bernardo Provenzano. Il boss sospettava che la donna avesse passato notizie
all’investigatore. «Tua sorella si è fatta sbirra», diceva al figlio. E
scriveva a una parente: «Questo regalo quando è il momento glielo farò, tempo a
tempo che tutto arriva». Era la fine del 2009, in quei mesi il padrino
meditava la vendetta. Ed è l’inizio di questa storia. Una storia che ha finito
per rompere la tradizionale unità di una famiglia di mafia. Ma Scaduto non
aveva dimenticato: «La mia promessa e il mio giuramento che ho fatto riguardo
al regalo che ho promesso — scriveva ancora dal carcere alla sorella —
questo è sempre valido fino alla morte per me». E così, quando ad aprile è
tornato in libertà, i carabinieri del nucleo investigativo non lo hanno perso
di vista un solo momento. Il boss aveva ripreso i suoi incontri con altri mafiosi.
La Direzione distrettuale antimafia coordinata dal procuratore Franco Lo
Voi e dall’aggiunto Salvatore De Luca ha deciso di arrestarlo, insieme ad altri
15 fedelissimi che non avevano mai smesso di imporre il pizzo.
Adesso, il provvedimento scritto dal giudice delle indagini preliminari
Nicola Aiello è la fotografia della riorganizzazione mafiosa, ma è anche
il racconto di una mafia che cambia, il destino dei figli non è più scritto in
modo indelebile. La protagonista di questa storia è una donna colta, affermata
nel suo lavoro, è amministratrice di alberghi di lusso. Già da anni ha rotto
con la sua famiglia. Anche il fratello ha preso le distanze: «Io non lo
faccio, il padre sei tu e lo fai tu», si sfogava con un amico: «Io non faccio
niente... mi devo consumare io? Consumati tu, io ho trent’anni, non mi
consumo». Scaduto aveva incaricato del delitto anche un suo fidato, pure lui si
era rifiutato, di- fendendo la scelta del fratello. «Sono loro nella
famiglia, si ammazzano come i cani, a quel picciutteddu lo stanno facendo
diventare… che se avete qualcosa da dire, sbrigatevela fra di voi nella
famiglia, che minchia ci dite ai cristiani?». E ancora: «Sua figlia o ha
sbagliato o l’ha indovinata, non è sempre sua figlia? Che minchia vuole». In
altri tempi, questo giovane incaricato di un delitto sarebbe già morto. Ma
Scaduto era in carcere, Cosa nostra è in crisi dopo gli arresti e i processi.
Il vecchio padrino di Bagheria si sentiva delegittimato. E scriveva dal carcere
al padre del mancato sicario: «Così mi hanno fatto questo bellissimo regalo.
Adesso spero che tutto mi vada bene. Così al più presto, spero di potere
ricambiare anch’io a questo regalo, per come l’ho promesso a tutti loro».
Parole di vendetta. «Gli devo anche regalare una bellissima collana, è un
chiodo fisso in testa», scriveva ancora a sua sorella. Una vera ossessione.
Perché Pino Scaduto era stato davvero delegittimato in casa sua. Ed è lui
stesso a scriverlo: «Il male che mi hanno fatto, si devono solo vergognare,
hanno anche questo coraggio di parlare». Lettere che valgono una ricerca di
sociologia sui mafiosi in crisi d’identità (e per questo più pericolosi, perché
provano a sopperire con la violenza alla diminuita autorità sociale): «Sono
tutti che piangono ora, sono solo lacrime napoletane, certo quando non c’è
l’interessato viene facile a farsi maggiore e dire quello che fa comodo. Come
si fa a sopportare questa fangata». Nella lettera al padre del mancato sicario
c’è proprio l’odio per la sua famiglia, che nei fatti aveva ormai preso le distanze:
«Gliel’ho promesso questo regalo, glielo devo fare a lei e così a tutti in
famiglia. Ci siamo capiti. Caro zio, le promesse si mantengono anche in
famiglia. No come fanno certi parenti, che fanno solo chiacchiere… Specialmente
quando sono bambini le promesse si mantengono con i regali. Ok? Ci siamo
capiti». Scaduto pensava di scrivere in codice e passare indenne dai controlli
in carcere, le sue lettere sono invece diventate un atto d’accusa contro di
lui. In un altro passaggio dice: «Ancora la dobbiamo giocare questa partita,
non devono mai dimenticare come l’ho promesso il regalo».
La Repubblica Palermo, 31 ottobre 2017
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