Il romanzo “Lo strabismo di Venere” (scritto dall’avvocato
torinese Paolo Chicco e pubblicato dalla casa editrice Fausto Lupetti Editore)
è ambientato in Sicilia, nella provincia di Trapani, tra il Palazzo di
Giustizia e la deliziosa isola di Mozia. Le atmosfere sono simili a quelle
della fiction di Rai Uno “Maltese, il romanzo del commissario”, ambientata
proprio a Trapani. Il libro (già presentato a Filicudi, Santo Stefano di Camastra
e in altre zone della Sicilia) è stato presentato a Palermo venerdì scorso alla
Libreria del Mare, dall’autore e dai giornalisti Emanuele Lauria e Gilda
Sciortino.
Ma qual è la trama di questo avvincente romanzo giudiziario?
Il protagonista è il giudice Antonio Voce, nuovo presidente, facente funzioni,
della prima sezione penale del Tribunale di Trapani. Tuttavia, il suo incarico
arriva proprio nel momento sbagliato. L'ispettore Rachele Dioguardi, scorta
personale del giudice, è turbata da qualcosa che ha visto sull'isola di Mozia e
che non ricorda nei dettagli. Le responsabili del Cerchio Rosa e il loro
difensore, Katia D'Ali, paiono più interessate ad apparire in TV che non alla
condanna dello stupratore seriale che ha terrorizzato la tranquilla cittadina
siciliana.
L'avvocato Emanuele Adragna ha il difficile compito di difendere
l'imputato delle violenze sessuali ma dovrà fare prima i conti con la sua
coscienza e una perizia "particolare" sul corpo del reato. In un
mosaico di personaggi pirandelliani, che ruota intorno al processo Lo Curto, si
delineano i fragili legami umani, le paure e le insicurezze di una provincia
siciliana tanto bella quanto misteriosa. Le azioni lasciano spazio ai pensieri,
e i pensieri si sdoppiano e si moltiplicano come in un caleidoscopio emotivo,
dove la luce della verità del caso giudiziario è il pretesto per scandagliare i
lati oscuri dell'animo umano. Dalla strada sommersa di Birgi, fino alle mura di
Tramontana, dalle case di sale che costeggiano la provinciale, fino all'eremo
di Erice Vetta, ecco l'affresco delicato di una Sicilia inedita.
L’Autore
appare molto affascinato dal personaggio di Rachele: “Ed eccola qui, alla fine del suo giorno di riposo,
trascorso tra le rovine millenarie di Mozia, fantasticando su quattro pietre
che le parlavano di origini che non le appartenevano, in attesa di riprendere
il suo lavoro di autista e scorta del giudice Antonio Voce”.
Pietro Scaglione
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