Bernardino Verro |
PIETRO SCAGLIONE
Giuseppe Di Vittorio e Bernardino Verro (due miti della sinistra e del
sindacato) furono accomunati da tantissimi aspetti: le loro lotte al fianco dei
lavoratori, il loro amore verso i poveri, le loro origini meridionali (il primo
pugliese, il secondo siciliano), il loro sindacalismo
"rivoluzionario", la loro militanza di sinistra (entrambi di formazione
socialista, Di Vittorio poi aderì al P.C.I. - Partito Comunista Italiano - sin
dalla fondazione nel congresso di Livorno); per ultimo, anche il giorno della
loro morte. Verro, infatti, fu assassinato a Corleone il 3 novembre del 1915,
mentre Di Vittorio (indimenticabile leader della CGIL - Confederazione Generale
Italiana del Lavoro) scomparve, per cause naturali, il 3 novembre del 1957. Il
ruolo prezioso nel sindacato e nella politica italiana di Giuseppe Di Vittorio
non fu mai dimenticato. Pertanto rimandiamo ad altre sedi l'approfondimento del
padre nobile della Cgil. In questo articolo ci soffermiamo su Bernardino Verro,
un martire della sinistra e del sindacato, non sempre adeguatamente ricordato
dall'opinione pubblica.
Bernardino Verro fu l'animatore dei Fasci siciliani e il primo sindaco
socialista di Corleone. L’animo ribelle e anticonformista emerse sin dal
lontano 1892, quando fu licenziato per motivi politici dall’Amministrazione
comunale, perché aveva definito “usurpatori e sfruttatori del popolo” i
politici locali. Dopo essere stato uno dei leader dei Fasci Siciliani e
dopo avere affrontato una lunga detenzione e i rigori del Tribunale militare ai
tempi di Crispi, Bernardino Verro fuggì all’estero, per sottrarsi alle
persecuzioni subite in età giolittiana, “reo” di avere promosso imponenti
scioperi dei contadini. Dopo l’esilio in Tunisia e in Francia, Verro fondò la
Casa del Popolo di Corleone e l’Unione agricola cooperativa, applicando il
principio dell’affittanza collettiva. Il consenso popolare e l’entusiasmo delle
masse lo salvarono, temporaneamente, dalla condanna a morte decretata dai
mafiosi e dai latifondisti sin dai primi del Novecento.
In politica, promosse una proficua alleanza tra socialisti e cattolici, in
opposizione al blocco di potere conservatore appoggiato dai proprietari
terrieri. Con una decisione audace, Verro puntò sui comuni interessi di classe
della base sociale dei cattolici e dei socialisti. Inizialmente, l’operazione
ebbe enorme successo, come testimoniato dalle elezioni amministrative del 1907.
In seguito, purtroppo, forze oscure e reazionarie divisero il movimento
cattolico, isolarono i socialisti e iniziarono una sistematica campagna di
denigrazione dell’eroico Bernardino Verro, una campagna avallata dal prefetto e
da altre autorità dell’epoca, complici dei latifondisti.
L’ingiustizia subita non scalfì la tenacia e l’impegno del sindacalista,
che si candidò alle elezioni del 1914. La campagna elettorale fu accompagnata
da un notevole consenso popolare ed uno dei comizi conclusivi fu tenuto dalla
celebre dirigente socialista russa Anna Balabanoff. Per Verro fu un trionfo
annunciato: divenne sindaco di Corleone con oltre il 70% delle preferenze e la
lista del Partito Socialista conquistò 26 seggi su 32, sbaragliando tutte le
altre forze politiche.
Secondo lo scrittore Dino Paternostro, storico segretario della Camera del
Lavoro di Corleone e ora dirigente della Cgil Palermo, “con l’elezione di
Verro, per la prima volta la mafia e gli agrari subirono lo smacco di essere
estromessi dal potere municipale. Avevano fallito l’attentato del 1910, ma
stavolta capirono che non potevano più sbagliare. Anche perché temevano che
potesse avvalersi della sua nuova carica per combattere ancora più
efficacemente la loro organizzazione”. Pertanto, il trionfo elettorale fu anche
il canto del cigno! Infatti, il 3 novembre del 1915, Bernardino Verro fu
assassinato da due killer mentre stava tornando a casa, dopo un’intensa
giornata trascorsa in Municipio.
L’assassinio di Bernardino Verro destò una fortissima emozione non soltanto
in Sicilia, ma anche nel resto d’Italia. Migliaia di lavoratori resero omaggio
alla salma esposta nel Municipio di Corleone e accompagnarono il feretro -
avvolto dalle bandiere rosse - nelle strade del paese.
Investigatori e magistrati furono attivissimi nelle prime inchieste. La
polizia arrestò 13 persone, appartenenti al clan dei Fratuzzi di Corleone.
L’istruttoria della magistratura inchiodò le responsabilità della mafia al
servizio dei latifondisti. Tuttavia, il lavoro degli inquirenti siciliani fu
vanificato dal Regio procuratore dell’epoca, che parlò di “via non conducente
alla verità” e di accuse “contrarie alla giustizia”.
Gli imputati furono assolti e l’impunità caratterizzò anche l’assassinio di
Bernardino Verro, un simbolo del socialismo meridionale e della Sicilia
migliore.
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