GIORGIO RUTA
Dopo la morte di Riina in tanti pensano di trasformare
l’immagine del paese grazie a una nuova sfida culturale t-shirt, vini, gadget
possono diventare testimonial di qualità nel mondo di una comunità che vuole
voltare pagina
Le parole hanno il loro peso, soprattutto se si parla di Corleone. «Forse
adesso avrà un altro significato», osservava un liceale, nella piazza
principale del paese Palermitano, appena appresa la notizia della morte di Totò
Riina. E in effetti basta fare un semplice giro sul web o sui bazar per turisti
per capire quanto Corleone sia un brand con un valore milionario sul mercato.
Ci sono magliette, felpe, borse con su scritto Corleone. Ma anche shampoo e
pomate, orologi e tazze. Il marchio tira ed è legato alla saga del Padrino.
«È un’etichetta difficile da togliere, che non rende giustizia a tanti
corleonesi», riflette il sindacalista Dino Paternostro. Un comitato di
cittadini ha chiesto ai commissari che amministrano il comune sciolto per mafia
di ridare dignità al nome. Ed ecco fatto: è stato pubblicato un regolamento che
prevede un marchio da poter apporre sui veri prodotti provenienti da Corleone.
Un piccolo gesto, forse simbolico, ma è già qualcosa. Come un altro regolamento
che prevede l’autorizzazione del comune per girare immagini nel paese. «Perché
noi non siamo soltanto la città di Riina, siamo anche quella di Placido
Rizzotto e di tanta gente che ha combattuto la mafia», specifica Paternostro.
L’ultima trovata ha le gambe a Napoli e la testa a Palermo. Da qualche mese
su internet si possono comprare capi di abbigliamento con la scritta in bella
mostra “Corleone”. Al telefono dell’azienda risponde il napoletano Giosuè
Amirante: «Abbiamo registrato il marchio Corleone clothing brand in tutto il
mondo. Lo sa chi è l’ideatore? Tony Colombo». Proprio, il cantante neo melodico
palermitano che riempie le piazze con le sue hit. «Abbiamo scelto questo nome
perché è un paese famoso in Sicilia e Tony viene dall’Isola. Non abbiamo mai
pensato alla mafia», precisa Amirante.
Ma chi dice Corleone oggi, dice soprattutto mafia e padrino, Riina e
Provenzano. Sarà così per sempre? Gianfranco Marrone, semiologo all’università
di Palermo, propone un esempio:«Pensate a Dolce e Gabbana e alle loro
pubblicità spesso legate a molti luoghi comuni. Quello che hanno fatto è
un’operazione interessante: hanno capovolto il loro significato dando risalto
al prodotto. La parola Corleone può assumere un altro valore soltanto se viene
associato a merce che valga quanto o più del brand».
C’è già chi dà a Corleone un altro senso. Nel paese palermitano ci sono due
cooperative targate Libera Terra che gestiscono territori confiscati alla
mafia. «Con il nostro impegno diamo un significato diverso a questo nome: lo
leghiamo a chi ha combattuto Cosa Nostra in questa comunità e ai prodotti che
questo territorio offre», racconta Valentina Fiore, amministratrice delegata di
Libera Terra. Ogni anno centinaia di ragazzi vanno a fare esperienza su questi
campi e i loro prodotti vengono venduti in tutto il mondo. «Noi puntiamo
sulla qualità perché chi compra il nostro vino, per fare un esempio, deve
associarlo al territorio. Ecco, così si prende un’altra strada e la parola
assume un altro significato», conclude Valentina.
Ci ha provato anche una giovane artista di Bologna a dare un altro senso.
Si chiama Margherita Gregori Ferri e due anni fa ha partecipato a un bando del
comune per ridisegnare la parola Corleone: «Puntai sulla parola scoprire,
perché se conosci questo paese dai risalto ad altri elementi, alle viuzze
strette e caratteristiche o al buon mangiare ». Margherita, 24 anni, si ferma
un attimo per riflettere, poi torna a parlare: «Un’idea ce l’ho. Bisognerebbe
fare una grande operazione di marketing e legare Corleone a un festival
importante già conosciuto. La gente verrebbe per questo». Senza marranzani e
padrini.
La Repubblica Palermo, 21 novembre 2017
1 commento:
Leggendo l'articolo, purtroppo non posso fare altro che dovr precisare un particolare, non soffermandomi sull'assoluta inutilità dell'articolo stesso e sul suo ribadire per l'ennesima volta l'idiozia, dal mio personale punto di vista, di dover riconvertire il nome di Corleone, quanto non si è ancora capito che al di fuori della cittadina, il nome Corleone non interessa a nessuno se non a quattro sciacalli che cercano di emergere nel mondo dell'inforamzione.
Comunque volevo precisare quanto associato all'artista bolognese Margherita Gregori Ferri sul bando lanciato per il Brand Corleone. Si tratta di un'inizitiva privata ideata dal gruppo di progettazione INTUS (Caterina Trumbaturi, Giovanni Pecorella, Cosimo Lo Sciuto, Aldo Grizzaffi, Vittorio Lanza e Leonardo Terrusa) con la collaborazione dell'Ass. IL GERMOGLIO di Corleone e la sponsorizzazione dell'ALLIANZ ASSICURAZIONE (nella persona del Dott. Mario Midulla) che ha raccolto più di cento idee progettuali sulla creazione del BRAND CORLEONE su tutto il territorio nazionale e proclamato il vincitore nel mese di giugno 2015 con una tre giorni di mostra anche per la promozione dei prodotti locali...ma ovviamente dal comune di Corleone e dai Corleonesi scarsissimo interesse.
La prima cosa di cui questo paese ha bisogno è l'onestà intellettuali da parte di tutti...ergo bisogna informarsi bene, prima di scrivere sempre per luoghi comuni...anche perchè mi pare faccia parte del codice deontologico dei giornalisti...sempre che si sappia cosa sia il codice deontologico. Buon lavoro!
Architetto Leonardo Terrusa
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