ROMINA MARCECA
Il feretro partirà domani da Parma. In paese sono
arrivati i turisti stranieri: “Dov’è la casa di don Totò?” Su Facebook in mille
hanno rilanciato la foto della figlia Maria Concetta che invita la gente a
tacere
La salma del boss è rimasta bloccata dalla burocrazia. Corleone è un paese
in attesa dell’arrivo della bara del padrino Totò Riina, rimasta a Parma fino a
ieri perché gli uffici del comune erano chiusi. La famiglia non ha potuto
ricevere il nulla osta per partire verso la Sicilia dopo l’autopsia disposta
dalla magistratura. Il capo dei capi partirà da Parma domani verso la cittadina
natale dopo 24 anni trascorsi in carcere, luogo in cui è morto. Ma ancora non
si sa come, se in aereo o a bordo di un carro funebre.
È un sabato uggioso nella terra che si porta addosso il marchio di essere
la patria di Totò u’ curtu. Ci sono due Corleone anche in questa attesa. Da una
parte i corleonesi che hanno trascorso la giornata al lavoro, a scuola o
impegnati in attività antimafia. Poi c’è la Corleone di chi si stringe attorno
alla famiglia Riina per reverenza e in alcuni casi per timore. Su Facebook c’è
chi non si nasconde. In più di mille hanno condiviso la foto che raffigura il
volto di una donna con un dito davanti alla bocca che indica il silenzio, è
postata sulla sua pagina da Maria Concetta Riina. Una immagine che la figlia
maggiore del boss ha deciso di spiegare così: «La foto sfondo del mio profilo
non vuole affatto essere un messaggio mafioso dove si intima il silenzio, bensì
la richiesta di rispettare questo mio personale momento di dolore».
Ieri a Parma sono arrivati la moglie Ninetta Bagarella, la figlia maggiore
e Salvuccio. Ad accompagnarli c’era Vincenzo Bellomo, il marito di Lucia, la
figlia minore del capomafia che è rimasta a Corleone con la sua bambina. Sono
stati circondati dai giornalisti. L’impresario funebre del paese sul
trasferimento della salma risponde secco: «Non abbiamo ancora novità».
Il padrino sarà sepolto nel cimitero comunale di Corleone dove si trovano
Michele Navarra, Luciano Liggio e le ceneri di Bernardo Provenzano: il gotha
della mafia corleonese che ha spadroneggiato dal dopoguerra. Anche qui una
doppia Corleone. Nel cimitero c’è pure l’urna coi resti di Placido Rizzotto, il
sindacalista della Cgil ucciso nel 1948 da Luciano Liggio e dai suoi sodali.
Al Comune sono state due giornate vissute nella normalità. Le tre
commissarie straordinarie, che si sono insediate 15 mesi fa, sono rimaste
immerse nel loro impegnativo incarico. Una di loro spiega: «Siamo qui per risanare
i meccanismi di una burocrazia malata. Sono giornate come le altre per noi».
Nella piazza principale del paese, quella dedicata ai giudici Giovanni Falcone
e Paolo Borsellino, in mattinata invece sono scesi dalla corriera due turisti
stranieri con gli zaini in spalla, hanno chiesto agli anziani seduti sulle
panchine l’indirizzo della casa del boss. La curiosità non si placa attorno
alla figura del boss. Dall’altra parte del paese 25 studenti americani sono
arrivati da Firenze alla Camera del lavoro per una tappa del loro viaggio con
la “Syracuse University” sui luoghi della mafia: studiano il contrasto a Cosa
nostra. Ad accoglierli Dino Paternostro, il responsabile del dipartimento
legalità della Cgil Palermo. «L’antimafia di Corleone è antica quanto la mafia
— dice Paternostro — ed è lì che cerchiamo di attingere quelle forze che ci
fanno continuare questa lotta».
In paese, è innegabile, non c’è disinteresse assoluto nei confronti della
morte di Totò Riina. «Corleone non può non fare i conti con la sua storia —
ammette Pippo Cipriani, ex sindaco Pd — e infatti non c’è casa in cui non si
parli di questa morte. Gli anziani sono legati a uno schema antico. Una parte
del paese non sopporta più la ribalta legata solo ai fatti di mafia e vede il
male assoluto in chi cerca di raccontare questa realtà».
Sul ritorno del padrino in paese però c’è anche un’alta attenzione da parte
degli addetti al settore del turismo. Sono stati annunciati gli arrivi di
giornalisti da diverse parti del mondo, alcune camere sono state già bloccate.
«Non ci interessa dove verrà seppellito Riina, ci interessa il nuovo cammino
della nostra città. Speriamo in un impegno ancora maggiore», dice Calogero
Parisi, presidente della cooperativa “Lavoro e non solo”, la prima a ottenere
l’assegnazione dei beni tolti a Riina.
Giuseppe Listì è tra i più anziani di Corleone, ha 90 anni. In testa,
rigorosamente, porta la coppola, sostiene i suoi passi con un bastone. È una
delle memorie storiche del paese. Da piccolo giocava con Totò Riina. Non si
sottrae alle domande e offre la sua analisi schietta e senza fronzoli: «Iddu
era una criatura cu quattru crape. Si inguaiò prima dei 18 anni col suo primo
omicidio. Proprio qui. Vede?». Riina uccise un suo coetaneo sul campo di bocce
dietro a casa sua. Lì, adesso, c’è il centro per anziani dedicato al piccolo
Giuseppe Di Matteo.
La Repubblica Palermo, 19 novembre 2017
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