di MARINA CORRADI
È il creatore di Bobo, il marxista leninista con gli
occhiali sopra a un grosso naso, sempre perplesso circa l’evolversi dei tempi e
gli sbandamenti del Partito, o di ciò che ne rimane. E’ da quarant’anni
vignettista per l’Unità , l’Espresso e molte altre testate e programmi
televisivi. E’, tuttora, da alcuni mesi, anche direttore dell’Unità, benché il
giornale al momento non esca in edicola. Ed è perfino presidente onorario della
UAAR, Unione atei e agnostici razionalisti. Eppure Sergio Staino, toscano di
Piancastagnaio, 77 anni, da oggi la domenica pubblica una sua striscia su
Avvenire. Titolo: “Hello Jesus”. C’è di che fare sobbalzare molti lettori: dei
nostri, e dei suoi. Come nasce questa idea, e questa collaborazione?
“Già otto anni fa – risponde – ho messo mano a questo mio Gesù, ma non ho mai
pubblicato le strisce. Solo ora le ho proposte a Avvenire, giornale di cui ho
stima. Trovo che il giornalismo cristiano abbia uno sguardo aperto sulla
realtà. Devo dire anche che io sono cresciuto, come tanti, in un oratorio, e
con dei preti simpatici. Se ci credevo? Ero un bambino che si voltava di
scatto, sperando di vedere l’angelo custode. Mio nonno, anarchico e non
credente, mi fece mandare a dottrina: “Da grande, deciderà lui..”. E infatti da
ragazzo ho deciso: mi sono ritrovato incapace di credere a qualcosa di non
materiale, di non scientificamente dimostrabile. Sono stato poi appieno un
sessantottino, un figlio dei fiori, e contro la famiglia tradizionale. Con
tutto ciò quando incontravo don Ernesto Balducci, mio amico e conterraneo, mi
diceva: “Guarda, Sergio, che tu in fondo sei più credente di me”.
Però mi pare di capire che lei di fatto non è
credente.
“No. Per me Gesù è un bellissimo personaggio storico, il primo dei
socialisti, il primo a combattere per i poveri. Lo dico sempre, quando vado
nelle scuole a parlare: non mi toccate Gesù, che ha fatto tanto bene al mondo…”
Però il punto è che Gesù sosteneva di essere morto e
risorto…
Staino sorride, da toscano la mette in facezia: “Massì, va bene, Gesù aveva
questa sua idea fissa…”
Lei quindi riesce a prescindere dal Gesù figlio di
Dio, e a considerare semplicemente l’uomo?
“Sì. E mi incuriosisce la vita di quell’uomo fino ai trent’anni, quando era
il figlio di un artigiano e di una madre apparentemente come le altre. E’ su
questo Gesù della vita privata che mi concentrerò soprattutto nelle strisce per
Avvenire. Vede, io che credevo da ragazzo nel libero amore mi ritrovo oggi con
una famiglia in sostanza tradizionale, due figli, tre nipotini che amo molto. Mi
dico perfino: Sergio, sei diventato di un tradizionalismo orribile. Ma è
bella, questa realtà familiare in cui mi trovo, e così il Gesù che ho
immaginato somiglia a mio figlio quando aveva vent’anni, e portava i capelli
lunghi. Giuseppe e Maria sono invecchiati e sono molto preoccupati di quel
figlio che parla di andare nel deserto e fare il profeta, invece di mettersi a
lavorare nell’aziendina di famiglia. E c’è un promoter televisivo che si fa
avanti con proposte allettanti, e ha la faccia di Grillo, e le corna del
diavolo…”
Visto che sfiora l’argomento, cosa rimane a Sergio
Staino della sua lunga passione politica?
“Amarezza, moltissima. Continuo a arrabbiarmi molto. Eppure sono sempre
convinto che la democrazia non può essere messa in discussione. Le grida dei
leghisti e dei grillini proprio non le sopporto. Io immagino uomini impegnati
in politica che al mattino sorridano alla prima persona che incontrano,
chiunque essa sia. Vedo tanti, e anche fra i giornalisti, che al mattino si
alzano e si chiedono: chi è il nemico, oggi? Hanno sostituito il sol
dell’avvenire con la forca”.
Lei, in questo equivoco non è mai caduto?
“Sì, anche io ho avuto uno sbandamento, ai tempi della battaglia contro
Craxi. Ma quando vidi il lancio di monetine di cui fu oggetto, a Roma, davanti
all’hotel Raphael, mi risvegliai. Capii che dallo scontro politico si era
passati alla aggressione alla persona. Al Raphael vidi il primo “vaffa” della
storia della Repubblica”.
Quello del lanciare, per i cristiani è un argomento
delicato. Monetine o pietre, comunque dovrebbe farlo solo chi è senza peccato…
“Vero, e lo condivido. Ecco, c’è questo lungo amore e battaglia fra la
tradizione cristiana in me, figlio di un carabiniere del Sud sfuggito al
bracciantato e di una madre che andava in chiesa, ma nipote di un anarchico. Le
racconto una storia: mia madre, praticante ma di famiglia comunista, prima del
18 aprile ’48 andò a confessarsi. Un giovane prete le domandò: “Ma lei cosa
vota, il 18 aprile? Se non vota come dice la Chiesa non posso darle
l’assoluzione”. E mia madre, rossa come un peperone: allora, reverendo,
l’assoluzione se la tenga… Tanti anni dopo raccontai questa storia a un caro
amico, Carlin Petrini, quello di Slow Food e Terra Madre. Petrini
ricevette poco dopo una lunga telefonata di papa Francesco. E gli riportò la
faccenda della assoluzione mancata di mia madre. “Dica alla madre di quel suo
amico – rispose il Papa, sorridendo – che quella assoluzione se la vuole
gliela dò io….”
Immagino che Francesco le piaccia.
“Amo di lui prima di tutto le sue radici di figlio di migranti, che respiro
in famiglia, perché mia moglie è peruviana figlia di italiani immigrati. Trovo
che quest’uomo sia per il mondo una boccata di ossigeno”.
Torniamo al suo Gesù. Ma se lei lo incontrasse che
cosa gli direbbe?
Ci pensa un attimo. Poi: “Gli direi di venire a cena con me. A tavola, è il
modo più bello per stare con gli amici”.
E di cosa gli parlerebbe?
Esita. “Non c’ho pensato. Credo che gli parlerei di ciò che mi angoscia nello scenario politico oggi, di questa Catalogna che vuole dividersi dalla Spagna e mi fa temere nuovi fantasmi nazionalisti, e del referendum e del dramma dei curdi invece, di cui non importa niente a nessuno….”
Esita. “Non c’ho pensato. Credo che gli parlerei di ciò che mi angoscia nello scenario politico oggi, di questa Catalogna che vuole dividersi dalla Spagna e mi fa temere nuovi fantasmi nazionalisti, e del referendum e del dramma dei curdi invece, di cui non importa niente a nessuno….”
E per un attimo tu che ascolti ti immagini l’ex
sessantottino con i capelli bianchi e quel commensale a tavola, che discutono e
si appassionano circa il mondo dell’Anno Domini 2017.
Senta, Staino, ma cosa direbbe Bobo, il suo famoso
uomo di sinistra pensoso e ironico, a sentire che lei disegna per Avvenire?
Sorride Staino: “Bobo sarebbe contento. Avrebbe
qualche problema Molotov, il suo amico comunista”ortodosso”…
E lei cosa direbbe per presentarsi ai lettori di
Avvenire?
“Semplicemente, sono qui, eccomi. Vede, io da molti anni sono quasi cieco,
per una malattia che mi ha colpito. E’ una vita che combatto strenuamente per
continuare a disegnare, ciò che mi piace di più al mondo. Prima disegnavo a
mano, poi ho scoperto il fantastico mondo della tecnologia. Non mi sono mai
arreso. Comunque, quelli che mi vengono davanti io non li vedo. Allora li
abbraccio, li stringo. Questo farei, con i lettori di Avvenire”. E chissà come
la prenderanno i suoi amici della UAAR, che ancora non sanno niente.
Avvenire, 1
ottobre 2017
Nessun commento:
Posta un commento