Sicilia, la carta degli itinerari francigeni |
di CETTINA VIVIRITO
Avete avuto voglia
anche voi ultimamente di mollare tutto, indossare un paio di scarpe da trekking
(le prime che trovate) inforcare un paio di occhiali da sole (quelli
dimenticati in macchina l’ultima volta) e, zaino in spalla, iniziare un lungo
Cammino, passo dopo passo? Vi è capitato di provare la suggestione olistica di
inoltrarvi davvero per quei sentieri mai percorsi di cui leggete nei libri, sui
giornali, in diari di viaggio che andate a spulciare in rete? Ebbene, rientrate
nelle statistiche più recenti: siete proprio quell’animale sociale al cui
genere normalmente vi illudete di non appartenere.
Dati alla mano,
attraverso un lungo Cammino che per vie francigene conduce a Santiago de
Compostela, nel 1985 sul posto arrivarono duemilacinquecento pellegrini; nel
2015 ne sono arrivati duecentocinquantamila ovvero in trent’anni il loro numero
si è centuplicato. Tra loro, solo negli ultimi dieci anni, centodiecimila sono
stati italiani.
Come scriveva Paulo
Coelho nel suo Il cammino di Santiago, “l’anno in cui feci
il pellegrinaggio solo quattrocento persone avevano percorso il Cammino. Nel
1999 erano quattrocento le persone che passavano ogni giorno”. In alcuni
momenti lungo il Cammino di Santiago pare che l’affollamento abbia raggiunto
livelli inquietanti e per essere certi di trovare un posto in ostello
all’arrivo occorrerebbe partire alle prime luci del giorno e mantenere un buon
passo; di più, l’affollamento del Cammino principale, o Cammino francese, dai
Pirenei a Santiago e Finisterre, ha rilanciato gli altri percorsi come il
Cammino inglese, o il Cammino portoghese. Ha rilanciato anche le nostre vie
francigene siciliane.
Come spiegare questo
successo?
Scriveva qualche tempo
fa Claudio Visentin sulle pagine del domenicale de
Ilsole24ore, che si tratta di un fenomeno in larga misura spontaneo, che non è
dipeso da particolari forme di promozione turistica o da altri interventi
pubblici. Il fatto certo pare essere solo ciò che il Cammino non è: non
è una ripresa dell’antico pellegrinaggio, i cui fervori si erano
spenti già al tempo della Riforma protestante e poi nello scettico e ironico
Illuminismo settecentesco. Non è un turismo culturale,per certi
aspetti l’erede laico del pellegrinaggio. Non è una forma di
escursionismo o una prova di resistenza sportiva: la maggior parte dei
camminatori infatti non va oltre una ragionevole condizione fisica.
Luigi Nacci nel suo
libro Viandanza, Il cammino come educazione sentimentale,
pubblicato da Laterza, prova a delineare il profilo del nuovo Viandante, a
trovare i moventi che sollecitano il nuovo Pellegrino: secondo lo scrittore
l’interesse per il cammino di Santiago esprimerebbe l’avversione diffusa per
una società che ha elevato “il freddo utile a sua stella polare”, con il suo
corollario di banche dissestate e speculazione; donde perdersi lungo i sentieri
polverosi della Meseta (l’Altopiano della Spagna centrale) esprimerebbe anche
il fastidio per un mondo dove tutto diventa dato, geolocalizzazione, antica
burocrazia in nuove vesti ipertecnologiche.
Tra la folla di camminatori
le motivazioni possono serpeggiare variamente spaziando dalla devozione sincera
al fenomeno moda alla ricerca dello Straordinario che tanto
ricorda la saga di Castaneda e lo stregone Don Juan; è
realistico pensare che quando si giunge a un punto di rottura nella propria
esistenza, le difficoltà del Cammino -ottocento chilometri, un milione di
passi, un mese per strada con salite e discese, dormire con estranei in
camerate affollate – appaiano meno preoccupanti rispetto alla paura di
chiedersi in quale punto della nostra vita ci troviamo.
Camminare diventa
riscoprire una comunità cordiale, focalizzarsi su quel che è necessario,
essenziale, quello che può stare nello spazio e nel peso di uno zaino.
Ricalcare quella rete di strade percorse per secoli da generazioni di viandanti
può rendere partecipi di una vicenda più ampia che lega luoghi e generazioni,
ricollegandoci al nostro passato storico. La fatica del viaggio poi, come ogni
fatica, lascerà emergere con forza sentimenti profondi: timore, spaesamento,
nostalgia, disillusione ma anche umiltà e allegria e strada facendo la paura di
non arrivare lascerà il posto prima al desiderio di arrivare poi al desiderio
di non arrivare mai: perché Santiago non è la meta, perché il viaggio ha già
dentro di sé tutto il suo significato.
Ma i Cammini e le Vie
che la storia ci ha lasciati non sono soltanto religiosi e anche qui, nella
nostra Isola di Sicilia il desiderio comune di tornare ad antiche vie
alternative, l’amore crescente per l’ambiente, la cura sensibile delle proprie
tradizioni ha fatto sì che nascessero associazioni culturali territoriali
fondate sull’interesse e la riscoperta di luoghi proprio attraverso il
Cammino, lungo antiche vie francigene siciliane, dove si possono
incontrare quelli che vengono definiti Siculi Viandanti, attorno
ai quali si va costituendo una rete che studia e percorre questi cammini.
Se la via che dalla
Sicilia porta a Roma non è francese ma anche le nostre vie sono dette, in
alcuni punti specifici, francigene, è stato, vogliamo ricordare, grazie alla
cultura del pellegrinaggio spinta e favorita dalle corti normanne in tutta
l’Europa cristiana del XI secolo. Lo testimoniano quattro diplomi
normanno-svevi, punti diversi della Sicilia che da Mazara del Vallo arrivano
alla piana di Milazzo nel messinese, nei quali porzioni di vie confinanti con
terreni o proprietà vengono ancora oggi definiti francigeni. O forse più
semplicemente per irradiazione sinonimica siciliana, quel fermento culturale
che ha trasportato le gesta dei paladini della chançon de Roland nella
tradizionale opera dei pupi, che ha attribuito un’importanza
straordinaria al viaggio a piedi verso i porti d’imbarco per Santiago,
Gerusalemme o Roma. Le testimonianze storiche che sono state rintracciate hanno
dato vita ai quattro itinerari principali, con intorno una rete di viabilità
interna e costiera che ricalca i tracciati consolari romani.
Scopriamo così che
esiste una mappatura, un circuito siciliano costituito da cinque vie:
la via che da Palermo conduce ad Agrigento chiamata Magna Via
Francigena; la via che da Palermo conduce a Messina che si snoda lungo le
Madonie e prosegue per i Nebrodi, chiamata Palermo-Messina per le
montagne; la via che da Palermo porta a Mazara del Vallo, chiamata Via
Francigena mazarense; la via romana che da Mazara porta a Siracusa,
chiamata Via Selinuntina; e la via che da Gela arriva a Maniace,
chiamata Via Francigena Fabaria.
Il sistema viario
oggetto di studio rivela inoltre l’esistenza di una vera e propria
stratificazione attraverso le testimonianze del cursus publicus romano che
sarebbero poi state riusate dai cartografi islamici e tramandate alle corti
normanne. I tracciati che venivano integrati all’occorrenza diventarono
essenziali per lo spostamento di merci e truppe e perché no? Anche per i
pellegrini. Tale sistema rimase per lo più invariato fino alla fine
dell’Ottocento e ci viene tramandato col nome di “rete delle Regie Trazzere”,
denominazione siciliana per indicare sentieri percorribili, sterrati o
lastricati, usati per le transumanze dai pastori ancora oggi.
Lungo questi percorsi
possibili si snodano camminate organizzate dagli Amici dei cammini
francigeni di Sicilia; lungo il cammino si può usufruire, grazie ai sindaci
e alle comunità locali, di ospitalità e refrigerio.
I novelli pellegrini
scopriranno ciò che circa settecento anni di storia ha sepolto ovvero una rete
di circa 1000 km di vie che percorrono siti ricchi di tradizioni, cultura e
buon cibo. Sacco a pelo, materassino, bacchette da cammino o bastone, zaino
leggero ed essenziale, scarpe comode e impermeabili, una credenziale dove
apporre i timbri del cammino e un profondo respiro preso appena prima di partire.
Possiamo scegliere di inoltrarci in una delle vie francigene più
suggestive e misteriose e salire su per la Messina montagne, su per le
Madonie dove la natura ha qualcosa di magico che rende straordinari i luoghi e
le persone che li attraversano, su per il regno di fate e folletti alla ricerca
di nuovi sincretismi, ciaspolando al chiaro di luna, attraversando passo dopo
passo Piano Cervi, Monte Ferro, Pizzo della Principessa, Pizzo
Carbonara, Piano Battaglia, Monte Alto o altri luoghi incantati e
incantevoli. Il Comune di Polizzi Generosa, considerando la posizione
strategica del proprio territorio lungo la via che da Palermo porta a Messina
per le Madonie, accoglie i viandanti presso l’eremo di San Gandolfo rendendo
più piacevole e leggero il Cammino e più facile la comprensione, preziosa, che
loStraordinario risiede nel Cammino delle persone comuni, come ha
alla fine del viaggio compreso Paulo Coelho, che del Cammino è diventato un
guru.
SiciliaInformazioni, 30 settembre 2017
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