Papa
Francesco è tornato a condannare “una politica deviata, piegata a
interessi di parte e ad accordi non limpidi”. “Si arriva – ha denunciato
parlando alla Commissione antimafia del Parlamento italiano – a soffocare
l’appello della coscienza, a banalizzare il male, a confondere la verità con la
menzogna e ad approfittare del ruolo di responsabilità pubblica che si
riveste”. “La politica autentica, quella che riconosciamo come una forma
eminente di carità, opera invece – ha scandito il Papa – per assicurare un
futuro di speranza e promuovere la dignità di ognuno. Proprio per questo sente
la lotta alle mafie come una sua priorità, in quanto esse rubano il bene
comune, togliendo speranza e dignità alle persone”. In particolare, ha spiegato
il Papa, per vincere la mafia “diventa decisivo opporsi in ogni modo al grave
problema della corruzione che, nel disprezzo dell’interesse generale,
rappresenta il terreno fertile nel quale le mafie attecchiscono e si sviluppano
“La corruzione – ha detto il Papa – trova sempre il modo di giustificare sè
stessa, presentandosi come la condizione ‘normale, la soluzione di chi è
“furbo”, la via percorribile per conseguire i propri obiettivi.
Ha una natura
contagiosa e parassitaria, perchè non si nutre di ciò che di buono produce, ma
di quanto sottrae e rapina”. Secondo Francesco, infatti, la corruzione
rappresenta “una radice velenosa che altera la sana concorrenza e allontana gli
investimenti”. “In fondo – ha osservato – la corruzione è un habitus costruito
sull’idolatria del denaro e la mercificazione della dignità umana, per cui va
combattuta con misure non meno incisive di quelle previste nella lotta alle
mafie”. Dunque, ha tenuto a sottolineare il Pontefice, “lottare contro le mafie
significa non solo reprimere. Significa anche bonificare, trasformare, costruire,
e questo comporta un impegno a due livelli. Il primo è quello politico,
attraverso una maggiore giustizia sociale, l’altro quello economico”.
La mafia si vince con una buona politica e favorendo lo sviluppo economico
sano
Secondo il Papa, “le mafie hanno gioco facile nel proporsi come sistema alternativo sul territorio proprio dove mancano i diritti e le opportunità: il lavoro, la casa, l’istruzione, l’assistenza sanitaria”. Ed è dunque necessario un “livello di impegno” sul piano della gestione ammuinistrativa e dell’economia, “attraverso la correzione o la cancellazione di quei meccanismi che generano dovunque disuguaglianza e povertà”. “Oggi – ha detto – non possiamo più parlare di lotta alle mafie senza sollevare l’enorme problema di una finanza ormai sovrana sulle regole democratiche, grazie alla quale le realtà criminali investono e moltiplicano i già ingenti profitti ricavati dai loro traffici: droga, armi, tratta delle persone, smaltimento di rifiuti tossici, condizionamenti degli appalti per le grandi opere, gioco d’azzardo, racket”. Secondo Francesco, “questo duplice livello, politico ed economico, ne presuppone un altro non meno essenziale, che è la costruzione di una nuova coscienza civile, la sola che può portare a una vera liberazione dalle mafie”. “Serve davvero – ha scandito il Papa – educare ed educarsi a costante vigilanza su sè stessi e sul contesto in cui si vive, accrescendo una percezione più puntuale dei fenomeni di corruzione e lavorando per un modo nuovo di essere cittadini, che comprenda la cura e la responsabilità per gli altri e per il bene comune”. “L’Italia – ha aggiunto Francesco – deve essere orgogliosa di aver messo in campo contro la mafia una legislazione che coinvolge lo Stato e i cittadini, le amministrazioni e le associazioni, il mondo laico e quello cattolico e religioso in senso lato”. “I beni confiscati alle mafie e riconvertiti a uso sociale – ha poi concluso Papa Bergoglio – rappresentano, in tal senso, delle autentiche palestre di vita. In tali realtà i giovani studiano, apprendono saperi e responsabilità, trovano un lavoro e una realizzazione. In esse anche tante persone anziane, povere o svantaggiate trovano accoglienza, servizio e dignità”.
Secondo il Papa, “le mafie hanno gioco facile nel proporsi come sistema alternativo sul territorio proprio dove mancano i diritti e le opportunità: il lavoro, la casa, l’istruzione, l’assistenza sanitaria”. Ed è dunque necessario un “livello di impegno” sul piano della gestione ammuinistrativa e dell’economia, “attraverso la correzione o la cancellazione di quei meccanismi che generano dovunque disuguaglianza e povertà”. “Oggi – ha detto – non possiamo più parlare di lotta alle mafie senza sollevare l’enorme problema di una finanza ormai sovrana sulle regole democratiche, grazie alla quale le realtà criminali investono e moltiplicano i già ingenti profitti ricavati dai loro traffici: droga, armi, tratta delle persone, smaltimento di rifiuti tossici, condizionamenti degli appalti per le grandi opere, gioco d’azzardo, racket”. Secondo Francesco, “questo duplice livello, politico ed economico, ne presuppone un altro non meno essenziale, che è la costruzione di una nuova coscienza civile, la sola che può portare a una vera liberazione dalle mafie”. “Serve davvero – ha scandito il Papa – educare ed educarsi a costante vigilanza su sè stessi e sul contesto in cui si vive, accrescendo una percezione più puntuale dei fenomeni di corruzione e lavorando per un modo nuovo di essere cittadini, che comprenda la cura e la responsabilità per gli altri e per il bene comune”. “L’Italia – ha aggiunto Francesco – deve essere orgogliosa di aver messo in campo contro la mafia una legislazione che coinvolge lo Stato e i cittadini, le amministrazioni e le associazioni, il mondo laico e quello cattolico e religioso in senso lato”. “I beni confiscati alle mafie e riconvertiti a uso sociale – ha poi concluso Papa Bergoglio – rappresentano, in tal senso, delle autentiche palestre di vita. In tali realtà i giovani studiano, apprendono saperi e responsabilità, trovano un lavoro e una realizzazione. In esse anche tante persone anziane, povere o svantaggiate trovano accoglienza, servizio e dignità”.
Il ruolo essenziale dei testimoni di giustizia
Nell’occasione,
Papa Francesco ha esortato il Parlamento italiano (e indirettamente la
Magistratura e le Forze dell’Ordine) a “non dimenticare che la lotta alle mafie
passa attraverso la tutela e la valorizzazione dei testimoni di giustizia,
persone che si espongono a gravi rischi scegliendo di denunciare le violenze di
cui sono state testimoni”. “Va trovata – ha detto nel discorso rivolto oggi
alla Commissione Parlamentare antimafia – una via che permetta a una persona
pulita, ma appartenente a famiglie o contesti di mafia, di uscirne senza subire
vendette e ritorsioni”. “Sono molte – ha ricordato Francesco – le donne,
soprattutto madri, che cercano di farlo, nel rifiuto delle logiche criminali e
nel desiderio di garantire ai propri figli un futuro diverso”. “Occorre – ha
scandito il Papa – riuscire ad aiutarle, nel rispetto, certamente, dei percorsi
di giustizia, ma anche della loro dignità di persone che scelgono il bene e la
vita”. “Esortandovi, cari fratelli e sorelle — ha poi concluso parlando ai parlamentari
della Commisisone antimafia guidati in Vaticano dalla loro presidente Rosy
Bindi – a portare avanti con dedizione e senso del dovere il compito a voi
affidato per il bene di tutti, invoco su di voi la benedizione di Dio. Vi
conforti la certezza di essere accompagnati da Lui che è ricco di misericordia;
e la consapevolezza che Egli non sopporta violenza e sopruso vi renda
instancabili operatori di giustizia”.
Oggi il Papa
ha anche reso omaggio “a tutte le persone che in Italia hanno pagato con la vita
la loro lotta contro le mafie”. Ricordo in particolare – ha detto incontrando i
membri della Commissione antimafia del Parlamento italiano – tre magistrati: il
servo di Dio Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990; Giovanni Falcone e
Paolo Borsellino, uccisi 25 anni fa insieme a quanti li scortavano”. “Mentre
preparavo questo incontro, mi passavano nella mente – ha confidato il Papa –
alcune scene evangeliche, nelle quali non faremmo fatica a riconoscere i segni
di quella crisi morale che oggi attraversa persone e istituzioni”.
Il ricordo di Falcone, Borsellino e Livatino
Secondo Francesco “rimane sempre attuale la verità delle parole di Gesù nel Vangelo di Marco: ‘Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e contaminano l’uomò. “Il punto di partenza – ha osservato Bergoglio – rimane sempre il cuore dell’uomo, le sue relazioni, i suoi attaccamenti”. “Non vigileremo mai abbastanza – ha esclamato infine – su questo abisso, dove la persona è esposta a tentazioni di opportunismo, di inganno e di frode, rese più pericolose dal rifiuto di mettersi in discussione”, chiudendosi “nell’autosufficienza” che porta “facilmente al compiacimento di sè e alla pretesa di farsi norma di tutto e di tutti”.
Secondo Francesco “rimane sempre attuale la verità delle parole di Gesù nel Vangelo di Marco: ‘Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e contaminano l’uomò. “Il punto di partenza – ha osservato Bergoglio – rimane sempre il cuore dell’uomo, le sue relazioni, i suoi attaccamenti”. “Non vigileremo mai abbastanza – ha esclamato infine – su questo abisso, dove la persona è esposta a tentazioni di opportunismo, di inganno e di frode, rese più pericolose dal rifiuto di mettersi in discussione”, chiudendosi “nell’autosufficienza” che porta “facilmente al compiacimento di sè e alla pretesa di farsi norma di tutto e di tutti”.
http://www.farodiroma.it - 21 Set 2017
Nessun commento:
Posta un commento