Fiammetta Borsellino |
Un’idea sul carisma e sulla forza
nella ricerca della verità da parte di Fiammetta Borsellino, della figlia
del magistrato ucciso il 19 luglio del 92’, arriva dalla dettagliata e puntuale
descrizione di quelle che chiama anomalie processuali e delle quali,
sottolinea è stata ampiamente informata anche la Commissione antimafia.
In modo scrupoloso conquista la platea di un l caffè del centro storico . “Quello che sto per dire è
supportato da documentazione e da atti depositati dalle parti nel processo
Borsellino quater – racconta Fiammetta Borsellino- e costituisce una goccia nel
mare di atti che comprovano le gravissime anomalie che hanno caratterizzato le
indagini ma anche i processi del Borsellino uno e bis”. Ma per capire il quadro processuale
bisogna fare un passo indietro e ricostruite il team di magistrati che ha condotto
i diversi filoni processuali. Procuratore Tinebra (oggi defunto, il procuratore
Carmelo Petralia, il pm Anna Maria Palma e il pm Nino Di Matteo dal novembre
94’ ( è subentrato nella fase dibattimentale). Mentre la Boccassini e Saieva si
sono occupati della strage di capaci ma anche loro partecipano ai processi di
via D’Amelio, salvo andare via nell’ottobre del 1994. I due magistrati scrivono
due lettere di fuoco e che mira a prendere le distanze dai colleghi.In queste
missive racconta fiammetta Borsellino ci sono dei richiami che mirano a
effettuare gli interrogatori nel rispetto del codice.
“Sarebbe la Boccassini, continua
Fiammetta Borsellino a rendersi conto della inattendibilità di Scarantino e
ammonisce i colleghi di verbalizzare tutto”.
Scarantino è il pentito che si
accusa della strage di via d’Amelio e poi smentito da Spatuzza nel 2011. Ma
occorre delineare anche chi erano i poliziotti sin da quegli anni
conducevano le indagini. “ Formano il cosidetto gruppo Falcone- Borsellino
– sottolinea la Borsellino- capeggiato da Arnaldo La Barbera (deceduto) e poi
ci sono Ricciardi, Bo, Guerrera, Guttadauro, Zerilli e tutte queste persone
hanno fatto brillantissime carriere”.
Le indagini sono caratterizzate da
vari punti oscuri. E armata di taccuino e fogli Fiammetta Borsellino scende
negli “inferi” processuali e procedimentali, ripercorrendo evento su evento.
“Si parte dalla mancata assunzione
come teste del procuratore Giammanco, diretto superiore di mio padre. E’ colui
che omette di avvertire mio padre sull’esistenza di un’ informativa dei
carabinieri che avvertiva dell’ arrivo del tritolo in città e che poi sarebbe
servito alla strage.Mio padre ne verrà a conoscenza il 23 giugno 92’
incontrando a Fiumicino, l’onorevole Salvo Andò. E quando mio padre sconvolto
ha chiesto una risposta, il procuratore riferisce di aver mandato gli atti alla
competente procura di Caltanissetta.I rapporti tra i due non erano semplici,
Borsellino tornato da Marsala voleva occuparsi della mafia palermitana, delega
arrivata solo durante una telefonata alle 7 del mattino del 19 luglio dove gli
delegava le indagini.
Tra le stranezze vi è il mancato
esame del Dna nella borsa .“Mia sorella Lucia in realtà nel novembre del 92’
aveva dichiarato che mancava dalla borsa l’ agenda rossa. Una delle cose che si
è appreso nel borsellino quater, è che borsa è stata per molto tempo
abbandonata nel divanetto della stanza dei La barbera. Quest’ultimo aveva
dichiarato il 24-25 luglio del 92’ all’ Ansa chel’ agenda non esisteva e se
esisteva era andata distrutta. Sinceramente non si capisce come mai la borsa
salva e l’agenda distrutta”.
Una delle più eclatanti riguarda il
sopralluogo del garage Orofino dove Scarantino dichiarava di essere stato per
imbottire la macchina di tritolo.“Scarantino sembra non riconoscere la modalità
di apertura del garage e soprattutto non c’ è stato nessun magistrato di allora
che abbia ritenuto di presenziare a un sopralluogo coì importante ne è stato
stilato un verbale.Altra cosa è il ritardato deposito di un confronto tra
Scarantino e i tre mafiosi ( Cancemi, Di Matteo Santo e Salvatore La Barbera) .
Questi umiliarono Scarantino. Peccato che se il confronto fosse stato
depositato nel 95’ sarebbe crollato il teorema su Scarantino .“Un’ altra
stranezza rigurada la ritrattazione di Scarantino il 26 luglio del 1995, già
pentito. Si trovava a San Bartolomeo al Mare decide di ritrattare tutte le sue
dichiarazioni dinanzi un giornalista di Studio Aperto e indica nel dott.
Arnaldo La Barbera come l’ autore del depistaggio. Questa cassetta viene fatto
sparire da La Barbera senza che di questo vi sia un provvedimento
autorizzativo. E che l’intervista viene resa in forma privata alle ore 14,30 e
resa pubblica la sera tra le 18 e le ore 19,30. Quello stesso giorno Scarantino
dinanzi al pm Petralia cambia la sua ritrattazione. I pm Palma e Petralia prima
ancora che l’intervista divenisse pubblica, con dispacci Ansa, Agi smentiscono
Scarantino. Mi chiedo come facessero a saperlo”.
Ma gli elementi sono davvero
tanti.“L’interrogatorio dove Scarantino ritratta in aula viene preceduta da una
rissa tra lo stesso e Mario Bo e nessuno dei poliziotti presenti ritiene di
stilare una relazione di servizio. Ma la cosa inquietante è che un funzionario
di Imperia ci racconta che aveva accompagnato dello Scarantino alle 17 mentre
l’interrogatorio inizia è alle 20 come indicato nel verbale. In questo arco di
tempo- continua Fiammetta Borsellino- lo Scarantino faceva lunghissime pause
durante l’interrogatorio ma di questo non si parla di questi momenti”.Dopo tre
anni arriva un’altra ritrattazione di Scarantino, questa volta è 15 settembre
1998.“ Scarantino accusa poliziotti e magistrati di averlo indottrinato-
sottolinea Fiammetta Borsellino- inoltre lui depositerà dei verbali che
dichiara gli furono consegnati prima del 24 maggio 1995 prima dell’udienza del
Borsellino uno. La cosa strana è che questi verbali contengono annotazioni di
alcuni poliziotti che si giustificheranno dicendo che visto l’infimo spessore
dello Scarantino dovevano aiutarlo a ripassare. I giudici fino alla Cassazione
hanno ritenuto tutto plausibile”.Quando Scarantino accuserà i pm Palma, Di
Matteo e Petralia si beccherà una condanna per calunnia. E poi anni non si sono
resi conto che al primo piano di via D’ Amelio abitava Salvatore Vitale che ha
avuto un ruolo attivo nel rapimento del piccolo Di Matteo. Quel Vitale che il
19 luglio porta la famiglia in un maneggio a Castelbuono salvo ritornare in via
D’Amelio per costatare i danni dell’esplosione.
Un’ora di dettagli e di emozioni che
solo una figlia coraggiosa e speranzosa è in grado di consegnare a un pubblico
attento e curioso, per poi affidargli un pensiero finale.“ Mai come oggi
l’accertamento di questa verità sembra connesso all’accertamento delle ragioni
della disonestà di chi doveva attivarsi. Credo che le persone che sanno devono
dare un contributo di onestà, lo devono ai familiari delle vittime ma anche a
loro stesse”.
SiciliaInformazioni, 20 settembre 2017
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