IL COMUNICATO UFFICIALE di Acli, Arci, Avviso Pubblico, Centro studi Pio La Torre, Cgil, Cisl, Legambiente, Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie, Sos Impresa, Uil
L’approvazione della riforma del
Codice antimafia costituisce un atto di responsabilità politica importante, un
deciso passo migliorativo nell’azione di prevenzione e di contrasto alle mafie
e alla corruzione. Fenomeni che minacciano da troppo tempo la nostra
democrazia, la nostra sicurezza e che sottraggono ingenti risorse alla
collettività, impedendo uno sviluppo economico e sociale, sano e diffuso, in
tutto il nostro Paese. Siamo consapevoli che non è stato né semplice né facile
giungere all’approvazione di questo provvedimento. La sua gestazione è durata
quattro anni, un tempo nel quale diverse organizzazioni sindacali, dell’associazionismo
e della cooperazione hanno dato vita alla campagna nazionale “Io riattivo il
lavoro” per promuovere una legge di iniziativa popolare. Un tempo in cui si è
registrato un contributo significativo della Commissione parlamentare antimafia
e del Consiglio superiore della magistratura, in cui si sono moltiplicate le
discussioni pubbliche, i dibattiti parlamentari e gli interventi sui giornali.
Non dimentichiamo le obiezioni e le
osservazioni critiche, alcune fondate e legittime, altre legate a tecnicismi e
opportunismi, che hanno accompagnato la discussione del provvedimento. Il testo
che oggi è diventato legge rafforza alcuni strumenti già esistenti – come ad
esempio l’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati – ma, soprattutto,
migliora la normativa riguardante l’aggressione ai patrimoni criminali e
illegali, tenendo conto dell’esperienza applicativa e di alcune criticità che
si sono manifestate recentemente sul versante della destinazione e gestione dei
beni e delle aziende confiscate alle mafie.
L’espropriazione delle ricchezze alle
organizzazioni criminali e ai corrotti, insieme alla loro restituzione alla
collettività, costituiscono lo strumento più concreto per dimostrare che le
mafie e la corruzione sono fenomeni che possono essere affrontati e debellati,
che lo Stato è presente e autorevole, che si possono rigenerare e riconoscere i
diritti fondamentali, a partire da quello del lavoro e della sicurezza, laddove
per lungo tempo essi sono stati negati. Un ringraziamento particolare va a
tutti i parlamentari che con impegno, competenza, passione e tenacia hanno
presentato, discusso e, quando si è reso necessario, hanno anche difeso il
provvedimento, sino a permetterne la sua odierna approvazione. Nel 25esimo
anniversario delle stragi di Capaci e di via d’Amelio e nel 35esimo
anniversario dell’approvazione della legge “Rognoni-La Torre” non poteva
esserci modo migliore per onorare tutte le vittime innocenti delle mafie.
“L’approvazione del nuovo Codice
antimafia è un risultato importante per la democrazia
del nostro Paese”. Lo afferma il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. “Un
risultato – aggiunge il leader della Cgil – frutto di una discussione
approfondita che parte da una legge di iniziativa popolare, ‘Io Riattivo il
Lavoro’, promossa dalla Cgil attraverso il coinvolgimento di un vasto
schieramento di associazioni e un costante e quotidiano lavoro di
sensibilizzazione e di lotta alla criminalità organizzata”. “Un
risultato importante – conclude Camusso – che, ci auguriamo, potrà agevolare il
contrasto a due fenomeni come quelli delle mafie e della corruzione che
rappresentano un cappio al collo per la democrazia, lo sviluppo economico e la
creazione di buona occupazione nel nostro Paese”.
Dice
il senatore Giuseppe Lumia: «È fatta! Con l’approvazione definitiva del Codice antimafia si
raggiunge un risultato straordinario. Che fatica! Una riforma radicale e vasta
che per la prima volta interviene il “giorno prima”,
mentre nella storia della legislazione antimafia si è arrivati sempre il “giorno
dopo” gli assassinii e gli attentati. Così è avvenuto nel 1982
con il 416 bis e con l’aggressione ai patrimoni. In quell’anno il Parlamento
varò il testo della legge sull’introduzione del reato di associazione mafiosa e
sulla confisca dei beni, dopo le uccisioni di Pio La Torre e
del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Lo stesso accadde nel 1992 quando all’indomani delle stragi di mafia furono adottati
alcuni provvedimenti importanti, pensati da Giovanni Falcone,
come la costituzione della Procura nazionale e delle Direzioni distrettuali
antimafia e del carcere duro per i boss, il cosiddetto 41 bis. Oggi il Codice antimafia consente di aggredire i patrimoni in
modo più veloce ed efficace. Si potenzia il processo di prevenzione
patrimoniale e nello stesso tempo lo si rende più garantito alla luce
dell’esperienza maturata in questi anni. Il Codice dispone misure per una
gestione manageriale e trasparente dei beni confiscati,
che potranno finalmente diventare una vera risorsa di legalità e sviluppo.
L’Agenzia nazionale viene potenziata e modernizzata e si potranno utilizzare le
migliori professionalità di cui si dispone per non far fallire più le aziende
sottratte ai boss, come purtroppo troppo spesso avviene. Il Protocollo
Antoci, maturato nell’esperienza del Parco dei Nebrodi, è
diventato legge. Da adesso sono più aspre le pene e si aumentano i controlli,
con lo strumento dell’interdittiva, contro quella “mafia
dei terreni” che è diventata più ricca della stessa “mafia
della droga”. Anche sulla lotta alla corruzione si
è comunque fatto un passo in avanti. È stato, infatti, trovato un equilibrio
che consente alle norme previste dalla riforma di rimanere nell’alveo
costituzionale e allo stesso tempo di combattere in modo più stringente il
fenomeno».
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