Le sorelle Napoli sulle loro terre a Mezzojuso |
SALVO PALAZZOLO
Irene, Ina e Anna tre sorelle in trincea contro i clan “Non
avranno mai le nostre terre”
MEZZOJUSO. Un’antica
leggenda siciliana racconta di una montagna “incantata” nel cuore della
provincia di Palermo. La montagna della principessa Marabella. «Dicono che ci
sia un tesoro lì dentro», Irene sorride mentre guida il suo fuoristrada su una
trazzera che si affaccia su un dirupo. La montagna incantata si intravede già.
«Ti ricordi di quando papà ci raccontava di essersi calato dentro la
montagna?», dice Anna, la sorella di Irene. E ce n’è un’altra di sorella, Ina:
«Ci spiegò che non c’era alcuna parete d’oro — ride — nessun forziere pieno di
monete. Ma quella resta la nostra montagna incantata. E nessuno se
la prenderà». Le sorelle Napoli sono determinate. «Ma abbiamo subito anche
troppe angherie», raccontano. Ora, la montagna incantata se la vuole prendere
la mafia dei pascoli.
«Hanno
avvelenato i cani, hanno lasciato delle pozzanghere di sangue; infine, hanno
rotto le recinzioni e hanno mandato vacche, pecore e cavalli a distruggere
tutto». Così vogliono prendersi l’azienda agricola della famiglia Napoli. «Era
dei nonni, poi è stata di nostro padre, ora ci siamo noi — dice Irene —
Tre fimmine che si occupano di novanta ettari coltivati a grano e a
fieno. Per qualcuno è inconcepibile». La mafia dei pascoli vuole prendersi
anche la sorgente, e poi la cava. Vogliono prendersi tutto, in questo pezzo di
Sicilia incantato che si trova fra il paese di Mezzojuso e la Rocca Busambra di
Corleone. Hanno minacciato anche altri proprietari della zona. Con lo stesso
sistema. «L’invasione delle vacche sacre, noi la chiamiamo così». Solo le
sorelle Napoli hanno avuto il coraggio di denunciare. «Nessun altro si è fatto
avanti — spiega Ina — e in paese in troppi ci guardano male, perché ci siamo
rivolti ai carabinieri. Cos’altro dovevamo fare? Adesso, i carabinieri sono
diventati i nostri migliori amici. E speriamo di avere aperto una breccia».
Fino a
qualche anno fa, Mezzojouso era la roccaforte del capo di Cosa nostra Bernardo
Provenzano. In queste campagne, il ragioniere abitava e organizzava i
summit. Di Mezzojuso erano i suoi più fidati favoreggiatori, che facevano
girare i pizzini verso tutte le direzioni della Sicilia. Chi comanda
adesso in queste campagne? Il maresciallo che guida la stazione di Mezzojuso fa
di cognome Saviano, un giovane attentissimo a tutto ciò che accade sul
territorio. Su Mezzojuso sono accesi anche i riflettori del nucleo
investigativo del comando provinciale dei carabinieri, questo corridoio della
provincia che porta dritto a Corleone è stato sempre determinante per le
dinamiche dell’organizzazione mafiosa.
«Prima, si
sono presentate delle persone per offrirci 5.000 euro all’anno, tanto secondo
loro vale la gestione dell’azienda», spiega Irene. «Ci offrivano pure dei buoni
consigli per portare avanti il lavoro. Perché noi siamo femmine. Ma gli ho
detto: “Prima comandava mio padre, ora comandiamo noi”. Ed evidentemente non se
l’aspettavano, dalle parole sono passati ai fatti».
L’ultimo
raid è avvenuto a fine luglio, quando c’era da fare la raccolta del grano. «Non
è voluto venire nessun operaio a lavorare da noi con la sua trebbiatrice —
dice Ina — abbiamo capito che erano stati avvicinati. Ci siamo allora
trasferiti qui in campagna, avevamo paura che dessero fuoco al grano. Invece,
una mattina, sono arrivate 20 capre, 60 pecore e 25 mucche a fare la trebbiatura.
Non abbiamo potuto fermare gli animali, hanno distrutto tutto. A maggio, anche
il fieno era stato mangiato dalle mucche».
Ora, le
sorelle Napoli hanno il sostegno di Addiopizzo e nei giorni scorsi hanno
contattato don Luigi Ciotti e Libera Terra, vogliono affidare a loro la
gestione dell’azienda. «Noi siamo in grandi difficoltà economiche per tutto
quello che abbiamo subìto — dice Irene — però non ce ne andiamo da qui. Troppo
facile andare via dalla Sicilia, e noi vogliamo battere un destino che sembra
già scritto». Ora, sulla montagna incantata che si affaccia sulla Sicilia
soffia un venticello leggero. Forse, il tesoro della principessa Marabella
esiste davvero quassù. «Questa montagna è il simbolo delle donne finalmente
libere», dicono le sorelle Napoli.
La Repubblica Palermo, 22 settembre 2017
7 commenti:
Sicilia, dove io sono nato è sempre stata una terra generosa e bellissima, peccato che ha un Cancro la mafia, gente che non ha voglia di lavorare è vuole vivere alle spalle della povera gente. storia vecchia, la mafia deve finire che hanno rotto i coglioni alla gente seria lavoratrice, la vera colpa è nostra che non abbiamo il coraggio di denunciare questi malavitosi che ci rubano pure l'aria che respiriamo, la meraviglia che 220.000 persone vanno a vedere il cantante Vasco, ma 220.000 persone non hanno il coraggio di scendere in piazza e spaccare il culo a 4 Mafiosi di merda che danneggiano la mia terra < SICILIA > bisogna agire e non calare la testa .... come le pecore ... almeno loro lo fanno x mangiare, basta con l'omertà e il silenzio.... Pino Lercara
Coraggio a queste eroine. Il loro esempio è un fuoco nella notte.
Bravissime, i siciliani ONESTI sono tutti con voi.
Resistete, tra poche settimana cambierà la musica politica. Gente infame nemici dell'umanità state alla larga da chiunque. Non mollate.
Le sorelle Napoli sono un esempio per tutti.
Brave!
Ieri ho seguito la vicenda delle sorelle Napoli su Non è l'Arena di Giletti, che stimo e ammiro moltissimo. Ho sentito quanto ha detto il sindaco di Mezzoiuso e i due giovani che lo hanno supportato. Pur vivendo ad Orvieto dal 1994 sono un siciliano che si vergogna di quanto continua ad accadere nella mia bella terra. Gli interventi del sindaco di Mezzoiuso e dei due giovani sono semplicemente abominevoli e privi di dignità. Non credo alla loro ostentata buona fede nell'asserire che prima dell'articolo di Repubblica di settembre 2017 non ne sapevano niente. E' un'offesa all'intelligenza di chi stava ascoltando.
Tutta la mia solidarietà alle sorelle Napoli, assediate da una mentalità gretta e
atavicamente maschilista.
Girolamo Ocera
questa è delinquenza, no mafia! Giornalisti come giletti la trasformano in mafia e schifezze varie. Per fare odiens poi, e per denigrare la Sicilia (pare che attiri molti spettatori) amplificano i contenuti della notizia
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