Più di cento lavoratori irregolari fra cui due
minorenni scoperti in meno di un mese, un milione di euro di multe Giovani
extracomunitari sfruttati, i carabinieri: “Casi in aumento”. I sindacati: “Metà
dei braccianti fuori regola”
L’ultimo blitz dei carabinieri è scattato prima dell’alba, nelle campagne
fra Monreale e Camporeale. L’ultima vendemmia in provincia di Palermo si colora
di nero. Sono tanti i lavoratori irregolari scoperti durante i controlli in tre
aziende. Ventuno sui 27 controllati. E due sono minorenni. Storie di ordinario
sfruttamento. Dalle 4,30 del mattino all’ora di pranzo, sotto il sole cocente
di agosto. Per 30 euro al giorno. Giovani ghanesi, gambiani, eritrei, ivoriani,
tutti in fila verso i campi della vendemmia che poi daranno l’eccellenza del
vino siciliano. I carabinieri del Nucleo Operativo del Gruppo tutela del
lavoro hanno sorvolato in elicottero la provincia palermitana e nelle
vigne hanno trovato anche diversi rumeni. I giovani con il volto cotto dal sole
hanno tutti storie che si assomigliano.
E anzi quelli sorpresi nel Palermitamo
sono i fortunati, perché hanno un regolare permesso di soggiorno. A differenza
degli altri novanta lavoratori in nero individuati dagli investigatori
dell’Arma nell’ultimo mese di verifiche, l’85 per cento dei controllati in
tutta la Sicilia. Fa riflettere l’ammontare delle sanzioni elevate: un milione
di euro. Solo 63 mila nel corso del blitz fra Monreale e Camporeale. E per uno
degli imprenditori è scattata anche una denuncia per violazione delle
norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.
I controlli proseguiranno, c’è un mondo sommerso ancora da individuare. C’è
uno sfruttamento che è diventato normalità. Dalle vigne del Palermitano a
quelle di Mazara, la stessa drammatica situazione i carabinieri guidati dal
maggiore Pierluigi Buonomo hanno scoperto nei campi di Gibellina dove si
coltivano i meloni, nelle serre del Ragusano piene di pomodorini, nei
terreni dell’Agrigentino famosi per le pesche. E poi ancora il triangolo nero
della provincia di Catania: Biancavilla, Paternò e Palagonia.
«Gli ultimi casi dimostrano come sia importante la legge sul caporalato per
contrastare un fenomeno diffusissimo, ma va fatto ancora tanto: la stessa
normativa prevede la creazione di una cabina di regia regionale che in
Sicilia non è mai partita», ha denunciato di recente Alfio Mannino, della Flai
Cgil. I numeri parlano chiaro: secondo i sindacati, su 120mila braccianti
iscritti nell’elenco anagrafico in Sicilia, il 50 per cento lavora in nero o
irregolarmente. Il 12 per cento dichiara di essere impiegato da 0 a 10 giorni
l’anno. E i controlli dell’ispettorato del lavoro non bastano: 317 in un anno,
in un tessuto di 35mila aziende. Davvero pochi. La drammaticità della
situazione si manifesta in tutta la sua evidenza quando i numeri prendono vita
con i drammatici racconti dei braccianti scoperti dalle forze dell’ordine. I
lavoratori in nero vivono spesso in caseggiati di pochi metri, vicino
all’azienda. Lo sfruttamento è organizzato.
Anche le storie di chi sfrutta si assomigliano. «Fanno tutti così», è la
frase che ricorre più spesso nei verbali dell’ispettorato del lavoro. «Che male
c’è». E poi giù con motivazioni che spaziano dalla «crisi del settore» a «c’è
stato un equivoco, chiarirò tutto». Ma nei casi più gravi di caporalato è
scattato anche l’arresto.
Ieri, i carabinieri hanno fatto controlli pure in tre aziende del
Trapanese, fra Mazara del Vallo e Marsala. I carabinieri del nucleo Ispettorato
del lavoro e gli ispettori dell’Inps hanno scoperto 13 operai in nero fra i 17
controllati, tutti immigrati impegnati nella vendemmia. Per un’azienda è
scattata la sospensione, in totale sono state contestate sanzioni
amministrative per 41 mila euro. «È la punta di un iceberg», insistono i
sindacati. «Il fenomeno è destinato a crescere».
s.p.
La Repubblica Palermo, 26 agosto 2017
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