Uno dei nostri
primi ricordi, sicuramente il primo in comune, è una battaglia. Una battaglia indubbiamente
diversa da quelle che tanti di voi conoscevano: noi due eravamo i cavalieri
sulle spalle dei nostri fidi destrieri, i destrieri erano il nonno e papà.
Giocavamo così, a tre quattro anni io, sei o sette Nico sull’arena di ghiaia
della casa di Mongerbino (in realtà uno spazio adibito a posteggio)
scontrandoci e ridendo. Forse è nato
lì, all’ombra degli eucalipti, il nome con cui ci avrebbe continuato a chiamare
per gli anni a venire: i Barragioni.
Il vero significato di questa parola non
lo sapremo mai, ma io e Nico concordiamo su una radice possibile: il Barragione
potrebbe essere uno strano incrocio tra il barbagianni (animale diffuso sulle
vette di capo Zafferano) e il mascalzone. Un barbagianni mascalzone insomma, come
fosse un invito un po’ assurdo a guardare nella notte, girare lo sguardo a
trecentosessanta gradi e far danni e monellerie, senza paura[1].
D'altronde, i
ricordi del nonno, sono quasi sempre legati a immagini in movimento come queste;
sono legati ai suoi viaggi per l’Europa e ai suoi ritorni, ai regali esotici
che riportava, come quando tornò con della canna da zucchero da Cuba e volle
assolutamente prepararci un mojito (che nonno educativo!); poi c’era il salmone
dalla Finlandia, le aringhe dall’Olanda e gli aerei presi assieme per le prime
volte.
A volte fuggiva,
quando ancora non c’erano i telefonini, per le strade di Napoli, dove bastava
distrarsi un attimo, per vederlo sparire in un vicolo e ritrovarlo soltanto
molto, ma molto più tardi; e ancora ricordiamo le corse per le strade di Parigi
a capodanno quando, tenendoci entrambi per le mani, andavamo gridando tutti
insieme ad ogni passante: Bonne annee,
bonne annee!
Poi c’era la politica
ovviamente e i suoi spostamenti: Nicola ricorda bene quando fece il viaggio sul
pullman assieme a Nicolone: verso Niscemi, contro il MUOS (Dovete sapere che per
noi il nonno era appunto Nicolone, dato che una distinzione con suo nipote
andava sempre pur fatta).
Un’altra
immagine in movimento: la sua punto bianca che arrivava, sempre piena di libri
e cataloghi, da tenere per sé o regalare; libri come i romanzi di Camilleri o
l’autobiografia di Nelson Mandela che il nonno regalò a Nicola per il suo compleanno
dei nove anni e che attese non poco prima di esser letta.
D’altronde,
anche nei momenti più tranquilli, continuava il movimento degli occhi sulle
pagine di articoli di giornale e di libri che si andavano accumulando, troppo
rapidamente a cataste ovunque il nonno rimanesse per più di una settimana. Libri
acquistati e divorati fino a poche settimane fa’ quando per un’ultima volta
andammo assieme alla Feltrinelli.
Noi lo vedevamo
così, sempre alla ricerca, libero, come un ragazzo esploratore. E anche se
nessuno di noi ha poi intrapreso una carriera politica, ci ha insegnato in un
modo meraviglioso cosa fosse la libertà. Grazie, nonno, grazie davvero da parte
di tutti noi!
1 commento:
Straordinario commento il vostro nonno sarebbe felice. Luciano
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