SALVO PALAZZOLO
Orlando nel mercato dove
sabato è stato ucciso un fruttivendolo Un commerciante rompe il silenzio:
“Tutto nato da una rissa al pub”
VIAGGIO NEL MERCATO DOPO L’OMICIDIO. IERI LA VISITA DEL SINDACO
Uno degli zii di Andrea Cusimano, il fruttivendolo ucciso sabato, continua
a girare nervoso attorno alla bancarella chiusa per lutto. C’è uno strano
silenzio al Capo. Nessuno abbannia la propria mercanzia, un macellaio
risponde in maniera sbrigativa a una turista che chiede di sapere la ricetta
delle stigghiole, un pescivendolo si guarda attorno. Alle otto del mattino, le
bancarelle sono piene di roba, ma i clienti sono pochi.
«Adesso, abbiamo paura
– sussurra un commerciante – paura per la presenza di certi personaggi che
continuano a vedersi in giro». «Abbiamo anche un’altra paura – prosegue il
commerciante del Capo, che chiede di restare anonimo – paura che i palermitani
non vengano più a fare la spesa da noi, perché hanno paura pure loro dopo
quello che è successo sabato».
All’ingresso del mercato, si ferma un corteo di auto blindate e dei
carabinieri, sguardi veloci corrono fra le bancarelle. « Chi
succiriu? ». Silenzio.
«Viva il Capo, il Capo è bellissimo. Palermo è il Capo, il Capo è Palermo».
«È u sinnaco Ollando, chi fu? ». Il sorriso del primo cittadino è
travolgente, liberatorio. Accanto a lui, c’è il colonnello Antonio Di Stasio,
il comandante provinciale dei carabinieri. «Sono orgoglioso di questo
mercato – esulta il primo cittadino – Sono venuto per esprimere apprezzamento e
incoraggiamento ai commercianti, che ogni giorno animano un patrimonio
straordinario, voglio farvi sentire la vicinanza delle istituzioni. Io mi sento
a casa qui». E inizia a passeggiare fra le bancarelle. Con annessi selfie e
applausi. Una passeggiata per ribadire che l’omicidio di sabato «è un’offesa
gravissima alla maggioranza di chi vive al Capo », dice Orlando. Il sindaco va
dritto al cuore del problema. L’omertà di alcuni commercianti, che hanno voluto
dire ben poco ai carabinieri dopo il delitto, sul movente della lite prima
degli spari. «Ci sono palermitani che devono ancora liberarsi da un residuo di
cultura mafiosa», è il messaggio che Orlando vuole lanciare. Uno dei
pescivendoli storici del Capo, Mimmo Isgrò, tiene a precisare, a favore di
telecamere: «Ditelo che i commercianti del Capo non sono omertosi. Io ero in
vacanza, qui hanno visto le stesse cose che hanno osservato i carabinieri, che
poi hanno arrestato l’assassino. Che cosa avrebbero potuto dire in più i
commercianti? Le generalizzazioni non aiutano ». Resta il giallo. Perché il
rampollo di una famiglia di mafia ha ucciso un fruttivendolo? Le indagini
proseguono frenetiche, i militari del nucleo Investigativo hanno trovato
in un magazzino l’auto dell’assassino, una Smart, il cerchio si stringe attorno
al complice.
La passeggiata di Orlando è finita, fra altri applausi e altri selfie. «È
stata una visita importante – dice Ottavio Zacco, ex vice presidente della
prima circoscrizione e neo consigliere comunale – In questi ultimi anni abbiamo
lavorato molto insieme ai commercianti per rilanciare il mercato, non possiamo
perdere tutto questo. Quanto è accaduto sabato è un fatto isolato ».
Fra le bancarelle, arriva la signora Aurora. Ha un passo più veloce, e meno
sorrisi. Aurora Amodio è da vent’anni al Capo la volontaria che anima un grande
progetto di accoglienza e doposcuola per i bambini. «Sono preoccupata –
dice – questa parte di città è una polveriera, i nostri ragazzi rischiano di
finire nelle fila della criminalità. Aveva appena 23 anni l’assassino di Andrea
Cusimano, non possiamo dimenticarlo». Le parole di Aurora, animatrice
dell’associazione Madre Serafina Feroldi, sono un appello accorato. «Alle
istituzioni, perché ci sostengano nel difficile lavoro che facciamo con più di
100 bambini. È fondamentale il lavoro con i più piccoli, prima che sia troppo
tardi. E invece ci siamo ridotti senza fondi; quest’anno, a giugno, non avremmo
potuto continuare le attività senza l’aiuto importante di Maria Falcone». Ma i
bambini del Capo hanno dovuto comunque rinunciare alla colonia estiva, perché
non c’erano volontari. «Siamo arrivati al punto che i volontari hanno paura di
venire al Capo», dice sconfortata Aurora. Due anni fa, la sede
dell’associazione ha subito un pesante furto. «Avrò dato fastidio a qualcuno –
dice la volontaria – ma io vado avanti, ho il sostegno di tante mamme». Fa
una pausa, Aurora, mentre guarda il suo mercato, ormai la sua casa. «Mi sento
sola – ripete – ma io non ho paura». Tanta gente del mercato non ha paura. «Ma
non chiedeteci di fare gli eroi – bisbiglia un commerciante, anche lui pretende
l’anonimato – i Lo Presti, i parenti di quel pazzo assassino, contano ancora.
Io non sono omertoso – dice – vuole che glielo dimostri? La notte del delitto
c’è stata una lite in un pub della Vucciria, fra gli esponenti delle due
famiglie. E la mattina, il padre di Lo Presti è venuto a chiedere conto. Sono
volate parole grosse, e poi quella reazione assurda». L’uomo che parla saluta
gentile. Dice: «Non sarà facile vincere la paura finché certa gente è ancora
in libertà».
La Repubblica Palermo, 30 agosto 2017
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