Il Santuario di Tagliavia |
SALVO PALAZZOLO
L’azienda della Chiesa di Monreale commissariata
Per trent’anni, i terreni della Curia di Monreale attorno al Santuario
della Madonna di Tagliavia sono stati feudo personale di Totò Riina, il capo di
Cosa nostra: 155 ettari di potere e di rispetto, tra la Ficuzza e Corleone,
annaffiati con cospicui fondi europei. Anche di recente. Ora, arriva la svolta, grazie al commissariamento per sei mesi dell’azienda
agricola “Santuario Maria santissima del Rosario di Tagliavia”.
L’amministratore giudiziario nominato dal tribunale Misure di prevenzione di
Palermo, l’avvocato Giuseppe Li Greci, ha impiegato poche ore per inquadrare la
situazione dell’azienda. E ha subito chiesto il licenziamento dell’unico
dipendente (dal 2001 i suoi contratti erano stati sempre prorogati). Un
dipendente molto particolare, Francesco Di Marco è il figlio di Vincenzo,
giardiniere e autista della famiglia Riina, nonché nipotedi Antonino, l’ultimo
reggente del mandamento. Licenziamento in tronco, firmato dal nuovo presidente
delle Misure di prevenzione, Raffaele Malizia.
E non finisce qui:
l’amministratore giudiziario ha scoperto che l’azienda agricola della Curia di
Monreale aveva concesso il diritto di pascolo sulle proprie terre a due pastori
anche loro particolari. Due pregiudicati. Uno è il nipote della moglie di
Giovanni Grizzaffi, il nipote di Riina scarcerato all’inizio di luglio dopo
trent’anni di carcere, il “messia” come lo chiamano nelle intercettazioni,
l’uomo che dovrebbe risollevare le sorti del clan di Corleone.
Anche i due pastori sono stati allontanati dal tribunale. E a tempo record,
ancora prima dei sei mesi prefissati; l’obiettivo di ripulire l’azienda della
Curia di Monreale dalle infiltrazioni mafiose sembra raggiunto. A breve, tutti
i terreni saranno affidati alla missione Speranza e Carità di Biagio Conte, che
già ne gestisce una parte. Basterà per tenere lontani i boss di Corleone,
sempre alla ricerca di rivalsa? Intanto, un pezzo di provincia palermitana è
stato liberato. Anche se il 17 agosto un incendio ha divorato quattro ettari di
macchia. Un incendio doloso, un altro giallo. Adesso, è fondamentale andare a
fondo ai misteri di Tagliavia.
A questo si stanno dedicando i carabinieri del Ros e della Compagnia di
Corleone. Negli ultimi anni, l’azienda ha incassato dall’Agea (l’agenzia per le
erogazioni in agricoltura) più di un milione di euro di soldi europei, fondi
per il rimboschimento (l’anno scorso, ne sono arrivati 14 mila). Dove sono
finiti i finanziamenti? Gli investigatori dell’Arma e l’amministratore
giudiziario hanno verificato che i contributi non sono stati mai
contabilizzati. Ovvero, non risultano da nessuna parte. Chi ha incassato i
soldi? E la Curia di Monreale, ha vigilato sulla gestione di questo tesoretto?
L’arcivescovo Michele Pennisi ha assicurato «massima collaborazione per
fare chiarezza su quanto è accaduto». Ma una cosa è certa: il caso Tagliavia
era scoppiato già nel 2014, le intercettazioni disposte dalla procura avevano
fatto emergere una lite per la gestione dei terreni, fra le due anime del clan
di Corleone. Da una parte i Di Marco, dall’altro i Lo Bue. Della questione
sarebbero stati informati “Salvuccio”, ovvero Salvo Riina, il figlio del capo
dei capi detenuto al 41 bis, e la “signora”, la moglie del padrino. Il verdetto
era stato chiaro, ribadito da Antonino Di Marco, insospettabile dipendente del
Comune di Corleone e capomafia. «I terreni restano ai Di Marco». Dunque, già
tre anni fa, la Curia di Monreale avrebbe potuto allontanare il dipendente
scomodo. «Ma è incensurato», venne spiegato. Troppa prudenza. A fine luglio, il
caso è stato risolto dalla procura di Francesco Lo Voi, che ha ottenuto il
commissariamento dell’azienda della Curia.
La Repubblica Palermo, 26 agosto 2017
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