L'intervento di fra Giovanni Calcara |
GIOVANNI CALCARA*
frate domenicano
frate domenicano
L’annuale
ricordo del sindacalista Filippo Intili, barbaramente trucidato dalla mafia di
Caccamo, ci pone non solo di fronte al ricordo del suo martirio che, ricordiamo
per tanti decenni è stato volutamente dimenticato, commettendo attraverso
l’oblio e l’omertà delle coscienze un delitto pari al suo omicidio. L’impegno
di uomini e donne libere, della CGIL e dei parenti hanno permesso il doveroso
recupero non solo del suo ricordo ma della sua azione di lotta e difesa dei
diritti dei contadini a godere “del frutto del loro lavoro”. Grazie di cuore ai
nipoti e alle loro famiglie che ogni anno vengono in pellegrinaggio a Caccamo,
non solo per ricordare il loro congiunto, ma per ricordare a tutti noi la sua
memoria e il suo esempio di vita e di martire.
* discorso pronunciato stamattina a Caccamo in ricordo di Filippo Intili
* discorso pronunciato stamattina a Caccamo in ricordo di Filippo Intili
Doveroso il
riconoscimento verso la precedente Amministrazione Comunale guidata da Andrea
Galbo che ha prontamente accolto, il mio suggerimento di dare una degna
sepoltura ai resti mortali di Filippo Intili.
Quando si
tratta di difendere la dignità, la libertà, i diritti naturali dell’uomo che,
ricordiamolo sono irrinunciabili si trova la naturale unità tra credenti e non
credenti, appartenenti a diverse idee politiche, tutti desiderosi di rendere
“giustizia all’uomo e alla verità”.
Non possiamo e
non dobbiamo limitarci al ricordo, al rammarico rimpianto di una stagione
storica che forse, ai tanti, dice poco in riferimento all’attualità della
cronaca, della politica, dell’economia, del futuro ecologico e sostenibile del
nostro pianeta, così seriamente minacciato, mai come oggi.
Oggi quali
sarebbero le lotte che Filippo Intili si impegnerebbe a sostenere e di fronte
alle quali, non escluderebbe di andare di fronte a rischi, quali la propria
vita?
Papa Francesco
a Genova il 27 maggio u.s., parlando ai lavoratori dell’Ilva ha parlato del
lavoro “come priorità umana e quindi cristiana” e altre volte ha parlato del
lavoro che deve essere “onesto e retribuito secondo giustizia”. Tutto ciò
riguarda anche l’imprenditore, infatti Luigi Einaudi insegnava “migliaia,
milioni di individui lavorano, producono, risparmiano nonostante tutto quello
che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli”. Inoltre
non bisogna dimenticare che il vero patto sociale che è alla base della
pacifica convivenza è il lavoro, come ricorda la nostra Costituzione nel suo
Primo articolo.
Ognuno di noi,
secondo il proprio ruolo e la propria responsabilità, dall’ambito personale o
sociale, d’impegno per la giustizia e la libertà per realizzare il Bene Comune.
In ogni ambito siamo chiamati ad essere: profeta e sentinella, come richiamava
papa Francesco ai sindacalisti, lo scorso 28 giugno. Credo che le esigenze che
sono richiamate, possano valere anche per noi tutti qui presenti, secondo la
propria identità e vocazione.
La prima
esigenza è la profezia, e riguarda la
natura stessa del sindacato, la sua vocazione più vera. Il sindacato è
espressione del profilo profetico della società. Il sindacato nasce e rinasce
tutte le volte che, come i profeti biblici, dà voce a chi non ne ha, denuncia
il povero “venduto per un paio di sandali” (cfr Amos 2,6), smaschera i potenti
che calpestano i diritti dei lavoratori più fragili, difende la causa la causa
dello straniero, degli ultimi, degli “scarti”.
La seconda
sfida è l’innovazione. I profeti sono
delle sentinelle, che vigilano nel loro posto di vedetta. Anche il sindacato
deve vigilare sulle mura della città del lavoro, come sentinella che guarda e
protegge chi è dentro la città del lavoro, ma che guarda e protegge anche chi è
fuori delle mura. Il sindacato non svolge la sua funzione essenziale di
innovazione sociale se vigila soltanto su coloro che sono dentro, se protegge
solo i diritti di chi lavora già o è in pensione. Questo va fatto, ma è metà
del vostro lavoro. La vostra vocazione è anche proteggere chi i diritti non li
ha ancora, gli esclusi dal lavoro che sono esclusi anche dai diritti e dalla
democrazia.
Il lavoro,
quindi, valore fondamentale dell’uomo e della società. Mi sembra questo il
messaggio che il martirio di Filippo Intili, oggi ci ricorda, con la forza del
suo sangue versato perché la giustizia prevalga sulla violenza e ogni forma di
“mentalità mafiosa e omertosa”.
Come Filippo
Intili, anche noi dobbiamo essere: martiri (cioè testimoni), profeti
(annunciare la verità e la legalità), sentinelle (che vigilano) per annunciare
che la notte sta per finire, il sole sta per sorgere, il nuovo giorno è
iniziato. Viviamo come figli della luce, operatori di giustizia nella verità,
uomini e donne liberi che sanno creare una società giusta e libera da ogni
forma di violenza.
Padre Giovanni
Calcara, domenicano
1 commento:
Carissimo Giovanni, frate amico, leggo e condivido ogni parola. Filippo Intili era comunista e noi comunisti dobbiamo tendere ad essere etici, ovvero intransigenti sui principi morali, eretici, rifiutando ogni forma di conformismo e profetici, cercando di prevedere e - per quel po' che è possibile - disegnare il futuro. E' così che insieme, credenti e non credenti continueremo, la mano nella mano, a lavorare per un avvenire migliore.
Posta un commento