La maestra di ruolo a pochi mesi dalla pensione dopo quarant’anni di
precariato
PALERMO - Quarant’anni di precariato erano già un bel record. Ma a Bernarda Di
Miceli, la maestra palermitana che compirà settant’anni l’anno prossimo nel
giorno di San Valentino, evidentemente non bastava. E non certo perché ambiva a
entrare nel libro del Guinness. No, lei di quella nuova cattedra a un’età
ampiamente pensionabile aveva bisogno. In tutto questo tempo, infatti, non è
ancora riuscita a mettere insieme i vent’anni di contributi minimi per
garantirsi, appunto, una pensione. E così mercoledì prossimo si presenterà
all’istituto Pio La Torre di Palermo per firmare il suo contratto a tempo
indeterminato di docente di scuola primaria: «Nella mia carriera ho avuto mille
o duemila studenti, alcuni mi chiamavano mamma. Vorrà dire che adesso mi
chiameranno nonna…».
Maestra Di Miceli, è passato tanto tempo, ma se lo ricorda il suo primo
giorno di scuola da insegnante?
«E come potrei dimenticarlo? Erano i primi anni Settanta, mia madre mi
comunicò che mi avevano assegnato una supplenza: non avevamo nemmeno il
telefono, era venuto direttamente il bidello a casa nostra, a Campofiorito, per
consegnarmi la lettera d’incarico. Quel giorno ero felicissima, mi sembrò una
conquista. Certo, non avrei mai immaginato che 40 anni dopo sarei stata ancora
qui a lottare per una cattedra. Sarò probabilmente la docente più anziana mai
assunta. Le dirò, probabilmente mi emozionerò ancora una volta quando conoscerò
i miei nuovi alunni. Mi capita sempre».
Come era iniziata la sua carriera scolastica?
«Mi sono diplomata nel lontano 1969-‘70 e, dopo quella supplenza ho
continuato ancora per qualche anno. Poi, nel 1975, mi sono sposata e sono
arrivati i primi figli. Dieci anni dopo, nel 1985, ho vinto il concorso a
cattedre alla scuola elementare e non essendo rientrata nei posti ho fatto
l’inserimento in graduatoria, che allora si chiamava “del doppio canale”. Così
è cominciata la mia lunghissima vita da precaria della scuola».
Da una cattedra all’altra, sempre in giro per la provincia ma mai il
tanto sospirato posto fisso…
«Proprio così. Sono passata da tantissime scuole. Mi alzavo all’alba,
preparavo la colazione per la mia famiglia, mettevo un po’ di ordine e poi
correvo verso il bus o il treno. Ho anche fatto l’insegnante di sostegno:
un’altra esperienza eccezionale».
Come sono cambiati i bambini negli ultimi 40 anni?
«Sono più diretti, spigliati e hanno un rapporto diverso con le maestre.
Qualche tempo fa, un mio ex alunno ormai grande mi ha chiamata e mi ha chiesto
di potermi vedere. Ancora, solo al pensiero mi commuovo”.
Come mai non è stata assunta prima?
«Sono stata in graduatoria dal 1985 al 2013. Ma gli impegni familiari — ho
sei splendidi figli — non mi hanno consentito di accettare tutte le supplenze.
Poi, in occasione dell’aggiornamento 2014-2017 il provveditorato agli studi di
Palermo mi ha esclusa per raggiunti limiti di età. È stato merito di mia figlia
avvocata, Simona Santacolomba, se oggi sto per firmare un contratto per il
ruolo. Io non avevo ancora compiuto 66 anni e tre mesi per appena 4 giorni e
non potevo essere depennata dalla graduatoria. Così mia figlia ha insistito
perché presentassi lo stesso la domanda di inserimento e facessi il
ricorso al giudice del lavoro. Nel 2017 è arrivata la sentenza: ho il diritto
di restare in graduatoria e per questo mi spetta l’assunzione».
Cosa ha provato quando le è arrivata la convocazione?
«Mi sono emozionata. Tornare a lavorare con i bambini mi fa sempre questo
effetto. Resterò poco, probabilmente un anno ma ho diritto a completare la
contribuzione minima per la pensione: 20 anni».
Cosa si sente di dire a chi inizia questo percorso oggi?
«Che questo è un lavoro che va fatto con amore. Nient’altro. È l’unica cosa
che conta».
La Repubblica, 6 agosto 2017
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