Una scena del film "Salvatore Giuliano" di Francesco Rosi |
Nonostante sia morto
da oltre 67 anni Salvatore Giuliano continua a far discutere. Nei giorni scorsi
il Consiglio comunale di Montelepre si è, infatti, diviso sulla decisione di
conferire la cittadinanza onoraria “post mortem” al regista Francesco Rosi,
autore nel 1962 del celebre film “Salvatore Giuliano”.
La maggioranza ha
accolto la proposta avanzata dall’amministrazione comunale, guidata dal sindaco
Maria Rita Crisci, che ha così spiegato le motivazioni del riconoscimento al
regista: “Per il contributo che quel film ha dato alla storia. Per noi è un
documentario importantissimo che testimonia le condizioni sociali, civile della
Montelepre di quegli anni, ma anche del patimento che la popolazione subì a
causa del banditismo”. L’opposizione si è invece astenuta, definendo la decisioni “frettolosa”.
“Sarebbe stato più opportuno un dibattito con associazioni, mondo sindacale e
Chiesa, prima di assegnare frettolosamente una cittadinanza onoraria ad un
grande regista. Tenendo conto di un contesto certamente diverso rispetto a
quello descritto dal regista”, sostiene Salvatore Pisciotta, capogruppo di
“Montelepre Obiettivo 2020”.
Che cita, a conforto della sua posizione, un altro
regista: Paolo Benvenuti, autore di “Segreti di Stato”. Il film del 2003 in cui
compare la tesi che Giuliano potrebbe non essere stato il responsabile della
strage di Portella della Ginestra. E Pisciotta, a conferma dei suoi dubbi,
pubblica sul suo profilo social l’intervista in cui Benvenuti critica Rosi per
aver descritto, a scopo politici, “Giuliano come un bandito cinico e
sanguinario che sparava sulla gente”. In particolare Benvenuti ha sempre
bollato come “falsa” la scena del film di Rosi in cui Giuliano spara su donne e
bambini di Montelepre attorno ad una fontana. “Il nostro gruppo consiliare –
conclude Pisciotta – per questo non ha votato favorevolmente: avevamo chiesto
un rinvio del punto per condividere col resto della cittadinanza e creare un
dibattito con esperti storici alla luce dell’evoluzione storica dei fatti. Non
ci sarebbe stato nulla di scandaloso”. Rosi, nel suo film, non fece di Giuliano
un vero protagonista: il bandito si vede solo da lontano o da morto. La scelta,
come spiegò in una recensione Alberto Moravia, era legata alla “spregevolezza
morale e alla deficienza culturale” del bandito “megalomane, sicario della
mafia”. Un giudizio morale che evidentemente a Montelepre, e non solo, non
trova tutti concordi. Così l’opposizione incassa il sostegno dei parenti di
Giuliano, che sui social parlano di “eroe e non di un assassino”. A Montelepre
da anni è in funzione il “Castello di Giuliano”, un hotel – pizzeria gestito
dal nipote del colonnello dell’Evis. Ma non sono soltanto i parenti a
conservarne il culto. Salvatore Giuliano, nonostante gli oltre 400 omicidi e le
centinaia di sequestri e rapine commesse con la sua banda, gode ancora di una
certa aura leggendaria. Nel 2010 il suo cadavere venne persino riesumato per
accertare che quello ucciso non fosse un sosia. Su alcune pagine Web Giuliano,
oltre all’ormai consueto ed inflazionato paragone con Robin Hood, viene persino
accostato al guerrigliero argentino Che Guevara, simbolo della sinistra
rivoluzionaria. Un mito, quello di Giuliano, legato al ruolo di colonnello
dell’Evis, il Movimento indipendentista siciliano, e che ancora oggi gode di
simpatie politiche, soprattutto sui social. Dove alcune “amiche di Turiddu” si
dicono perfino “pronte a combattere e portare avanti la sua lotta”. E sono
decine le pagine apologetiche in cui il bandito viene raccontato come “un
altruista sempre pronto a difendere il più debole”. Per alcuni è il simbolo
della rivolta contro lo Stato. Paladino della vendetta sociale in nome dei
poveri. Gli stessi che però, come raccontano verbali giudiziari e pagine di
cronaca, non avrebbe esitato ad uccidere. E non solo a Portella della Ginestra
il 1° maggio del ’47. Due anni prima, infatti, il 7 settembre del 1945, a
Montelepre, durante l’attentato al militante socialista Giovanni Spiga, uccise
una bambina di appena 1 anno, Angela Talluto, e ne ferì altri due di 4 e 11
anni. In paese non c’è una via o una lapide che la ricordi.LEANDRO SALVIA
Giornale di Sicilia del 27 agosto 2017
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