Dom Giovanni Franzoni |
È
MORTO il 13 luglio a Canneto (Rieti) Giovanni Franzoni, classe 1928, ex abate
benedettino della basilica di San Paolo fuori le mura a Roma, uno dei simboli
del cattolicesimo progressista degli anni 60-70, che fu punito con la riduzione
allo stato laicale dalla Chiesa, quando Paolo VI all’epilogo del proprio
pontificato si preoccupò di frenare le spinte conciliari. Della morte
di “Dom” Franzoni dà notizia Luigi Sandri, giornalista e scrittore della
Comunità di base di San Paolo fondata dallo stesso Franzoni. Eletto nel 1964 abate di San Paolo, Franzoni partecipò, in quante
tale, alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II. Nel post-concilio si
impegnò sia per l’attuazione della riforma liturgica sia per favorire un
impegno sociale dei cristiani alla luce del Concilio. Si impegnò anche sul
fronte dei problemi internazionali in particolare battendosi per chiedere la pace
per il Vietnam. Nel 1970 scrisse una lettera aperta all’allora Presidente della
Repubblica Giuseppe Saragat perché la festa del 2 giugno non fosse
caratterizzata dalla presenza eccessiva delle armi ma da rappresentanti dalla
società civile.
Nel giugno 1973 pubblicò una lettera pastorale nella quale
denunciava le speculazioni edilizie a Roma che sarebbero state sostenute,
secondo la sua denuncia, anche da ambienti vaticani. Da lì le divergenze con la
Santa Sede che lo portarono a dimettersi da abate e nel luglio ‘73 e a
trasferirsi in un piccolo appartamento per continuare a vivere come monaco. Lo
seguì un gruppo di uomini e donne che formarono la Comunità cristiana di base
di San Paolo che esiste tuttora.
In
occasione del referendum sul divorzio si espresse a favore della libertà di
coscienza aggiungendo che avrebbe votato `no´ alla cancellazione di quella
legge, ponendosi così in aperto contrasto con i vertici della Conferenza
Episcopale Italiana. Decisione che gli costò, ad aprile del ‘74, la sospensione
`a divinis´. Poi in occasione delle elezione politiche nel giugno del 1976
annunciò pubblicamente che avrebbe votato per il Pci. «Per volere di Paolo VI,
nell’agosto successivo fu ridotto allo stato laicale» riferiscono dalla
Comunità di San Paolo.
Continuò
poi la sua vita impegnandosi per cause sociali e scrivendo libri; nel 1990 si
era sposato. Negli ultimi tempi si era espresso per il diritto dei malati
terminali di avere una morte degna decisa da essi stessi. La Comunità di Base
riferisce ancora che negli ultimi mesi era entrato in contatto con l’attuale
abate di San Paolo con il quale «era nato un dialogo fraterno».
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