Un mito millenario, il celeberrimo cavallo che avrebbe
consentito agli Achei di espugnare la città di Troia, viene messo in
discussione e reinterpretato grazie ad un lavoro complesso che, corroborato da
una sicura metodologia scientifica, analizza fonti antiche e recenti.In
questo libro, attraverso l’adozione degli strumenti metodologici propri della
scienza archeologica moderna, Tiboni supera definitivamente i dubbi avanzati da
diversi autori antichi e contemporanei, elaborando un nuovo paradigma
interpretativo. Il saggio dello studioso italiano analizza l’episodio conclusivo della
guerra di Troia, l’inganno del cavallo, esaminandolo da un punto di
vista archeologico, storico e filologico, allo scopo di chiarire come una
vicenda che per i contemporanei di Omero era estremamente chiara, possa nel tempo
essere stata fraintesa e decontestualizzata. Grazie agli strumenti
dell’archeologia navale, che si avvale di parole, immagini e relitti, l’autore
giunge a proporre una precisa collocazione dell’episodio all’interno di un
quadro tematico ben definito, quello appunto della dimensione navale del mondo
mediterraneo pre-arcaico.
La rilettura dei testi omerici, dell’epica antica e
della letteratura scientifica alla luce di recenti scoperte gli permette di
affermare che la vera natura dell’inganno acheo non solo esula dal
celeberrimo simulacro, ormai entrato nella cultura occidentale, ma
che la narrazione post-omerica dell’episodio ha a lungo mascherato un evento
più oggettivo, credibile e aderente alla realtà storica. Omero non raccontò mai
il prodigio di un intervento divino, ma celebrò l’astuzia di un popolo che,
nella presa di Troia per mezzo di un hippos, una nave di origine
fenicia, sanciva la propria capacità di muoversi abilmente nello scacchiere
geopolitico del Mediterraneo pre-arcaico, dove la potenza navale ed il dominio
sulle rotte marittime erano alla base della grandezza dei regni. La rotta di
Tiboni passa da Omero a Virgilio, da Pausania ad Apollonio Rodio, tocca
l’iconografia, i legni e la letteratura scientifica di oggi, facendoci compiere
un viaggio affascinante che, affrontando le nebbie del dubbio, ci porterà a dipanare una matassa ingarbugliata da quasi tre
millenni.
Francesco Tiboni. Laurea in Paletnologia presso l’Università di Milano con
una tesi sull’iconografia navale di età nuragica. Dottorato di Ricerca presso
il Centre Camille Jullian dell’Università di Aix en Provence incentrato sul
tema della navigazione protostorica del Mediterraneo. Da oltre quindici anni
lavora come archeologo subacqueo e navale, collaborando con diversi enti italiani
ed esteri. È stato membro italiano della Commissione Scientifica Internazionale
che ha ideato e finalizzato il progetto UNESCO Pile Dwelling Sites List; ha
condotto e diretto sul campo buona parte delle operazioni di ricerca dei
progetti Mibact Archeomar 1 ed Archeomar 2; ha diretto le operazioni di scavo e
di studio della barca cucita di età romana di Cavanella d’Adige (VE), del
relitto romano di Marausa (TP) e del relitto secentesco di San Nicolicchio a
Taranto, sperimentando metodologie di smontaggio e recupero dei legni mai
impiegate prima in ambiente subacqueo. È membro della Society for Nautical
Research e dell’EAA, tutor NAS, correspondent del Mariner’s Mirror, presidente
dell’Associazione ATENA CuMaNa. La sua produzione scientifica su temi archeologici,
ed in particolare sull’archeologia e sull’iconografia navale, si muove tra
decine di pubblicazioni in riviste scientifiche, volumi ed atti di congressi e
la divulgazione al grande pubblico, attraverso la collaborazione con le testate
SUB ed Archeologia Viva, oltre che con la trasmissione RAI Linea Blu.
Nessun commento:
Posta un commento