MATTEO SCIRE'
Il colosso di Mountain View vuole sfruttare ancora di più il proprio ruolo di bussola del cyberspace, anche nel settore delle digital news
Da un po’ di giorni a questa parte Google sulla propria app per Android e iOs propone una serie di notizie sulla base delle ricerche e delle navigazioni effettuate dagli utenti, proprio come accade per la pubblicità. In particolare si tratta di un’evoluzione di Google Now, un software introdotto già nel 2013 che funge da assistente personale e che anticipa i gusti e gli interessi degli internauti. Il colosso di Mountain View vuole sfruttare ancora di più il proprio ruolo di bussola del cyberspace, anche nel settore delle digital news. C’era da aspettarselo. D’altronde è grazie al tracciamento delle attività degli utenti che ha fondato il proprio incontrastato dominio economico, con la vendita di dati e di spazi pubblicitari capaci di raggiungere target specifici.
Il colosso di Mountain View vuole sfruttare ancora di più il proprio ruolo di bussola del cyberspace, anche nel settore delle digital news
Da un po’ di giorni a questa parte Google sulla propria app per Android e iOs propone una serie di notizie sulla base delle ricerche e delle navigazioni effettuate dagli utenti, proprio come accade per la pubblicità. In particolare si tratta di un’evoluzione di Google Now, un software introdotto già nel 2013 che funge da assistente personale e che anticipa i gusti e gli interessi degli internauti. Il colosso di Mountain View vuole sfruttare ancora di più il proprio ruolo di bussola del cyberspace, anche nel settore delle digital news. C’era da aspettarselo. D’altronde è grazie al tracciamento delle attività degli utenti che ha fondato il proprio incontrastato dominio economico, con la vendita di dati e di spazi pubblicitari capaci di raggiungere target specifici.
Non si tratta di una
novità. Il meccanismo è già utilizzato da altri grandi player della rete. Facebook,
ad esempio, lo adopera nel news feed per selezionare i post da
mostrare ai membri della propria community e al fine di offrire ai clienti
i servizi di sponsorizzazione dei contenuti a pagamento. Tuttavia l’iniziativa
del principale motore di ricerca pone alcune importanti questioni sul ruolo
che sempre di più i grandi di internet ricoprono nel sistema
dell’informazione digitale, sulle ricadute che questo ha nei confronti
dell’opinione pubblica e su quella dei cittadini.
Già da anni Google
esercita un decisivo potere di selezione dei contenuti attraverso
i suoi algoritmi. Modelli matematici calibrati su criteri decisi dal gigante
del web e che determinano il tasso di visibilità di un articolo, di un’immagine
o di un video. Formule per lo più sconosciute. Dei veri e propri rompicapo con
cui gli esperti della Search Engine Optimization (Seo) si
confrontano giornalmente, per capire in che modo realizzare prodotti editoriali
che possano raggiungere la cima dei risultati. Arrivare ai primi posti è
fondamentale. Una recente indagine commissionata dalla Commissione europea ha
svelato che quelli della prima pagina guadagnano il 95% di tutti i click,
mentre i link della seconda ne intercettano soltanto l’1%.
Adesso Google non si
accontenta di orientare gli utenti, ma intende pure costruire la loro dieta
informativa, svolgendo quella funzione che gli studiosi dei media da tempo
hanno definito come “agenda setting”. Seppur sulla base dei loro
interessi, sarà Big G a decidere quali notizie entreranno nella rassegna stampa
personale di ogni lettore. Un potere di filtro fortissimo che
se, di fatto, non limita la libertà dei cittadini ad informarsi di certo la
disabilità, poichè li spinge a delegarla ad un soggetto terzo. Al lettore non
viene neanche richiesta la fatica, si fa per dire, di digitare l’url di un
giornale online o le parole chiave dell’argomento su cui intende cercare
notizie. Basterà semplicemente aprire l’app e un elenco di articoli scelti da
Google, come per magia, apparirà sullo smartphone.
Un servizio così
apparentemente utile e innocuo da essere in realtà estremamente
pericoloso. In gioco, infatti, c’è la libertà di informazione,
intesa come libertà di informare, di informarsi e di essere informati, secondo
una pluralità di fonti e punti di vista differenti. Un principio così
fondamentale per la promozione del confronto e della partecipazione
democratica da rappresentare uno dei capisaldi della nostra Costituzione e
di quelle di tutti gli altri Paesi democratici, ma che nella società digitale
rischia di essere sistematicamente piegato alle volontà di quei pochi soggetti
che gestiscono la quasi totalità del traffico della rete.
Di fronte a questo
scenario, al di là degli auspicati interventi regolativi contro la formazione
di posizioni dominanti, l’unica risposta possibile è la promozione di una
maggiore consapevolezza da parte delle istituzioni e dei cittadini
attraverso un forte investimento sulla media education, ovvero
sull’educazione ad un utilizzo responsabile dei nuovi media. Ne va del futuro
della democrazia.
Matteo Scirè
www.unita.tv, 26.07.2017
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