EUGENIO SCALFARI
Intervista con il Papa: non fermate i poveri. L’Europa non dimentichi il suo colonialismo
GIOVEDÌ scorso, cioè l’altro ieri, ho ricevuto una telefonata da Papa
Francesco. Era circa mezzogiorno e io ero al giornale, quando è squillato il
mio telefono e una voce mi ha salutato: era di sua Santità. L’ho riconosciuta
subito e ho risposto: Papa Francesco, mi fa felice sentirla. «Volevo notizie
sulla sua salute. Sta bene? Si sente bene? Mi hanno detto che qualche settimana
fa lei non ha scritto il suo articolo domenicale, ma poi vedo che ha
ripreso».
Santità, ho tredici anni più di lei. «Sì, questo lo so. Deve bere due litri
d’acqua al giorno e mangiare cibo salato». Sì lo faccio. Sono seguiti altri
suoi consigli ma io l’ho interrotto dicendo: è un po’ che non ci parliamo,
vorrei venire a salutarla, vado in vacanza tra pochi giorni ed è parecchio che
non ci vediamo. «Ha ragione, lo desidero anche io. Potrebbe venire oggi? Alle
quattro?». Ci sarò senz’altro.
Mi sono precipitato a casa e alle tre e tre quarti ero nel piccolo salotto
di Santa Marta. Il Papa è arrivato un minuto dopo. Ci siamo abbracciati e poi,
seduti uno di fronte all’altro, abbiamo cominciato a scambiare idee,
sentimenti, analisi di quanto avviene nella Chiesa e poi, nel mondo.
IL PAPA viaggia incessantemente: a Roma, in Italia, nel mondo. Il tema
principale della nostra conversazione è il Dio unico, il Creatore unico del
nostro pianeta e dell’intero Universo. Questa è la tesi di fondo del suo
pontificato, che comporta una serie infinita di conseguenze, le principali
delle quali sono l’affratel-lamento di tutte le religioni e di quelle cristiane
in particolare, l’amore verso i poveri, i deboli, gli esclusi, gli ammalati, la
pace e la giustizia.
Il Papa naturalmente sa che io sono non credente, ma sa anche che apprezzo
moltissimo la predicazione di Gesù di Nazareth che considero un uomo e non un
Dio. Proprio su questo punto è nata la nostra amicizia. Il Papa del resto sa
che Gesù si è incarnato realmente, è diventato un uomo fino a quando fu
crocifisso. La “ Resurrectio” è infatti la prova che un Dio diventato
uomo solo dopo la sua morte ridiventa Dio.
Queste cose ce le siamo dette molte volte ed è il motivo che ha reso così
perfetta e insolita l’amicizia tra il Capo della Chiesa e un non credente.
Papa Francesco mi ha detto di essere molto preoccupato per il vertice del
“G20”. «Temo che ci siano alleanze assai pericolose tra potenze che hanno una
visione distorta del mondo: America e Russia, Cina e Corea del Nord, Putin e
Assad nella guerra di Siria».
Qual è il pericolo di queste alleanze, Santità?
«Il pericolo riguarda l’immigrazione. Noi, lei lo sa bene, abbiamo come
problema principale e purtroppo crescente nel mondo d’oggi, quello dei poveri,
dei deboli, degli esclusi, dei quali gli emigranti fanno parte. D’altra parte
ci sono Paesi dove la maggioranza dei poveri non proviene dalle correnti
migratorie ma dalle calamità sociali; altri invece hanno pochi
poveri locali ma temono l’invasione dei migranti. Ecco perché il G20 mi
preoccupa: colpisce soprattutto gli immigrati di Paesi di mezzo mondo e li
colpisce ancora di più col passare del tempo».
Lei pensa, Santità, che nella società globale come quella in cui viviamo la
mobilità dei popoli sia in aumento, poveri o non poveri che siano?
«Non si faccia illusioni: i popoli poveri hanno come attrattiva i
continenti e i Paesi di antica ricchezza. Soprattutto l’Europa. Il colonialismo
partì dall’Europa. Ci furono aspetti positivi nel colonialismo, ma anche
negativi. Comunque l’Europa diventò più ricca, la più ricca del mondo intero.
Questo sarà dunque l’obiettivo principale dei popoli migratori».
Anch’io ho pensato più volte a questo problema e sono arrivato alla conclusione
che, non soltanto ma anche per questa ragione, l’Europa deve assumere al più
presto una struttura federale. Le leggi e i comportamenti politici che ne
derivano sono decisi dal governo federale e dal Parlamento federale, non dai
singoli Paesi confederati. Lei del resto questo tema l’ha più volte sollevato,
perfino quando ha parlato al Parlamento europeo.
«È vero, l’ho più volte sollevato». E ha ricevuto molti applausi e
addirittura ovazioni. «Sì, è così, ma purtroppo significa ben poco. I Paesi si
muoveranno se si renderanno conto di una verità: o l’Europa diventa una
comunità federale o non conterà più nulla nel mondo. Ma ora voglio farle una
domanda: quali sono pregi e difetti dei giornalisti?».
Lei, Santità, dovrebbe saperlo meglio di me perché è un assiduo oggetto dei
loro articoli.
«Sì, ma mi interessa saperlo da lei».
Ebbene, lasciamo da parte i pregi, ma ci sono anche quelli e talvolta molto
rilevanti. I difetti: raccontare un fatto non sapendo fino a quale punto
sia vero oppure no; calunniare; interpretare la verità facendo valere le
proprie idee. E addirittura fare proprie le idee di una persona più saggia e
più esperta attribuendole a se stesso. «Quest’ultima cosa non l’avevo mai
notata. Che il giornalista abbia le proprie idee e le applichi alla realtà non
è un difetto, ma che si attribuisca idee altrui per ottenere maggior prestigio,
questo è certamente un difetto grave».
Santità, se me lo consente ora vorrei io porle due domande. Le ho già
prospettate un paio di volte nei miei recenti articoli, ma non so come Lei la
pensa in proposito. «Ho capito, lei parla di Spinoza e di Pascal. Vuole
riproporre questi suoi due temi?».
Grazie, comincio dall’Etica di Spinoza. Lei sa che di nascita era ebreo, ma
non praticava quella religione. Arrivò nei Paesi Bassi provenendo dalla
sinagoga di Lisbona. Ma in pochi mesi, avendo pubblicato alcuni saggi, la
sinagoga di Amsterdam emise un durissimo editto nei suoi confronti. La Chiesa
cattolica per qualche mese cercò di attirarlo nella sua fede. Lui non rispondeva
e aveva disposto che i suoi libri fossero pubblicati soltanto dopo la sua
morte. Nel frattempo però alcuni suoi amici ricevevano copie dei libri che
andava scrivendo. L’Etica in particolare, arrivò a conoscenza della Chiesa la
quale immediatamente lo scomunicò. Il motivo è noto: Spinoza sosteneva che Dio
è in tutte le creature viventi: vegetali, animali, umani. Una scintilla di
divino è dovunque. Dunque Dio è immanente, non trascendente. Per questo fu
scomunicato.
«E a lei non sembra giusto. Perché? Il nostro Dio unico è trascendente.
Anche noi diciamo che una scintilla divina è dovunque, ma resta immune la
trascendenza, ecco il perché della scomunica che gli fu impartita». E a me
sembra, se ben ricordo anch’io, su sollecitazione dell’Ordine dei Gesuiti. «All’epoca di cui parliamo i Gesuiti erano stati
espulsi dalla Chiesa, poi furono riammessi. Comunque, lei non mi ha detto
perché quella scomunica dovrebbe essere revocata».
La ragione è questa: Lei mi ha detto in un nostro precedente colloquio che
tra qualche millennio la nostra specie si estinguerà. In quel caso le anime che
ora godono della beatitudine di contemplare Dio ma restano distinte da Lui, si
fonderanno con Lui. A questo punto la distanza tra trascendente e immanente non
esisterà più. E quindi, prevedendo questo evento, la scomunica si può già da
ora dichiarare esaurita. Non le sembra, Santità?
«Diciamo che c’è una logica in ciò che lei propone, ma la motivazione
poggia su una mia ipotesi che non ha alcuna certezza e che la nostra teologia
non prevede affatto. La scomparsa della nostra specie è una pura ipotesi e
quindi non può motivare una scomunica emessa per censurare l’immanenza e
confermare la trascendenza».
Se Lei lo facesse, Santità, avrebbe contro di sé la maggioranza della
Chiesa?
«Credo di sì, ma se solo di questo si trattasse ed io fossi certo di ciò
che dico su questo tema, non avrei dubbi, invece non sono affatto certo e
quindi non affronterò una battaglia dubitabile nelle motivazioni e persa in
partenza. Adesso, se vuole, parliamo della seconda questione che lei desidera
pormi».
Porta il nome di Pascal. Dopo una gioventù alquanto libertina, Pascal fu
come improvvisamente invaso dalla fede religiosa. Era già molto colto, aveva
letto ripetutamente Montaigne e anche Spinoza, Giansenio, le memorie del
cardinale Carlo Borromeo. Insomma, una cultura laica e anche religiosa. La fede
a un certo punto lo colpì in pieno. Aderì alla Comunità di Port-Royal des
Champs, ma poi se ne distaccò. Scrisse alcune opere tra le quali i
“Pensieri”, un libro a mio avviso splendido e religiosamente di grande
interesse. Ma poi c’è la sua morte. Era praticamente moribondo e la sorella
l’aveva fatto portare nella propria casa per poterlo assistere. Lui voleva
morire nell’ospedale dei poveri, ma il suo medico negò il permesso, gli
restavano pochi giorni di vita e il trasporto non era fattibile. Chiese allora
che un povero tratto da un ospedale che gestiva i poveri pessimamente, anche in
fin di vita, fosse trasportato nella casa dove stava e con un letto come quello
che aveva lui. La sorella cercò di accontentarlo ma la morte arrivò prima.
Personalmente penso che uno come Pascal andrebbe beatificato.
«Lei, caro amico, ha in questo caso perfettamente ragione: anch’io penso
che meriti la beatificazione. Mi riserbo di far istruire la pratica necessaria
e chiedere il parere dei componenti degli organi vaticani preposti a tali
questioni, insieme ad un mio personale e positivo convincimento». Santità ha
mai pensato di mettere per iscritto un’immagine della Chiesa sinodale? «No
perché dovrei?». Perché ne verrebbe un risultato abbastanza sconvolgente, vuole
che glielo dica? «Ma certo mi fa piacere anzi lo disegni». Il Papa fa portare
carta e penna e io disegno. Faccio una riga orizzontale e dico questi sono
tutti i vescovi che Lei raccoglie al Sinodo, hanno tutti un titolo eguale e una
funzione eguale che è quella di curare le anime affidate alla loro Diocesi.
Traccio questa linea orizzontale poi dico: ma Lei, Santità, è vescovo di Roma e
come tale ha la primazia nel Sinodo perché spetta a Lei trarne le conclusioni e
delineare la linea generale del vescovato. Quindi il vescovo di Roma sta sopra
la linea orizzontale, c’è una linea verticale che sale fino al suo nome e alla
sua carica. D’altra parte i presuli che stanno sulla linea orizzontale
amministrano, educano, aiutano il popolo dei fedeli e quindi c’è una linea che
dall’orizzontale scende fino a quello che rappresenta il popolo. Vede la
grafica? Rappresenta una Croce.
«È bellissima questa idea, a me non era mai venuto di fare un disegno della
Chiesa sinodale, lei l’ha fatto, mi piace moltissimo».
Si è fatto tardi. Francesco ha portato con sé due libri che raccontano la
sua storia in Argentina fino al Conclave e contengono anche i suoi scritti che
sono moltissimi, un volume di centinaia di pagine. Ci abbracciamo nuovamente. I
libri pesano e li vuole portare lui. Arriviamo con l’ascensore al portone di
Santa Marta, presidiato dalle guardie svizzere e dai suoi più stretti
collaboratori.
La mia automobile è davanti al portico. Il mio autista scende per salutare
il Papa (si stringono la mano) e cerca d’aiutarmi a entrare in automobile. Il
Papa lo invita a rimettersi alla guida e ad accendere il motore. «L’aiuto io»
dice Francesco. E accade una cosa che secondo me non è mai accaduta: il Papa mi
sostiene e mi aiuta a entrare in macchina tenendo lo sportello aperto. Quando
sono dentro mi domanda se mi sono messo comodo. Rispondo di sì, lui chiude la
portiera e fa un passo indietro aspettando che la macchina parta, salutandomi
fino all’ultimo agitando il braccio e la mano mentre io — lo confesso — ho il
viso bagnato di lacrime di commozione.
Ho scritto spesso che Francesco è un rivoluzionario. Pensa di beatificare
Pascal, pensa ai poveri e agli immigrati, auspica un’Europa federata e — ultimo
ma non ultimo — mi mette in macchina con le sue braccia.
Un Papa come questo non l’abbiamo mai avuto.
La Repubblica, 8 luglio 2017
1 commento:
ECCEZIONALE!!!
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