Renzi, Pisapia e Prodi |
EUGENIO SCALFARI
IL MONDO sta cambiando e l’Europa e l’Italia cambiano anch’esse.
Questa mutazione ci stupisce: che dobbiamo fare? Assistere passivamente?
Reagire? Ma come? Combattendo contro oppure appoggiando il cambiamento e
portandolo avanti fino a quando diventi una vera e propria rivoluzione? Una
rivoluzione, quando eventualmente scoppiasse, sarebbe mondiale perché viviamo
in una società globalizzata. Ogni Paese, ogni Stato, ogni continente reagirebbe
a suo modo secondo gli interessi, i valori, i sentimenti delle persone, dei
popoli, delle plebi. È questo fenomeno che si sta per la prima volta verificando? Io non credo:
il mondo cambia continuamente e quelli che lo vivono pensano che una grande
novità si stia verificando, ma non è così. Tutto si muove di continuo, attimo
per attimo, dentro e fuori di noi. Spesso i mutamenti ci sembrano
impercettibili e infatti lo sono, ma col passare del tempo diventano massa.
Questo ci spaventa e ci mobilita. Insomma ci scuote.
Vogliamo dargli un nome? È la vita. Diversa ma estremamente simile per
ciascuno di noi.
Noi non distinguiamo una formica dall’altra. Ma a me capita spesso che se
incontro un gruppo di cinesi mi sembrano l’uno identico all’altro e se
dall’alto di un aereo vediamo a terra un gruppo di persone, ci fanno lo stesso
effetto delle formiche.
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IN CONCLUSIONE: tutto è relativo, ciascuno ha una sua verità assoluta,
ma è assoluta solo per lui.
Einstein scoprì la relatività delle onde e delle particelle elementari e di
quanto venne dopo, ma questa appunto è la vita. La relatività di Einstein è,
almeno per ora, la legge del creato.
***
Questa premessa era introduttiva della politica: anche quella sta cambiando
in tutto il mondo, ma a me oggi interessa occuparmi di ciò che avviene in
Italia. Naturalmente come la vedo io. La politica infatti è il tema principale
d’una collettività, ma tutti quelli che se ne occupano portano in campo il
proprio Io. E poiché noi siamo fatti in modo che una parte di noi porta se
stesso all’opera, dobbiamo rivelarci agli altri prima di raccontare ciò che
avviene intorno a noi e di darne un giudizio di valore.
Dunque presento ciò che siamo e pensiamo, anche se gran parte dei nostri
amici e lettori lo sa da tempo.
Noi apparteniamo a quella scuola politica dei fratelli Rosselli che lanciò
come bandiera di raccolta il motto “Giustizia e Libertà”. Su quello slogan
nacque il Partito d’Azione ed anche le brigate partigiane che quello slogan lo
diffusero.
A sua volta la Rivoluzione francese del 1789 inventò la bandiera dei tre
colori che significavano “libertà, eguaglianza, fraternità”. Da noi la gioventù
mazziniana inalberò anch’essa il tricolore (con il verde al posto del blu).
Il Partito d’Azione ebbe breve e sfortunata vita e si divise nel 1948, ma
la sua cultura politica è rimasta ed è la nostra e dei nostri giornali: liberal-
socialismo o liberal-democrazia, due dizioni diverse che significano la stessa
cosa. Potremmo anche dire “sinistra liberale”. È sempre la stessa cosa. Vale
per l’Italia ed anche per l’Europa. Ancora non sappiamo se Macron sia un
liberal-socialista europeista, ma è molto probabile che lo sia. Anche noi siamo
profondamente europeisti; non a caso i tre fautori del Manifesto di Ventotene
precedettero il Partito d’Azione ma poi fecero anch’essi proprio lo slogan di
“Giustizia e Libertà”. Speriamo che Macron stia dalla stessa parte. La Francia
è la Francia e la Marsigliese non è un inno soltanto francese ma anche europeo,
come e più dell’Internazionale.
Con queste idee che ci animano, in Italia non possiamo che essere vicini al
Partito democratico. Fu fondato da Veltroni il 14 ottobre del 2007; il
programma fu da lui esposto al Lingotto di Torino il 27 giugno e le elezioni si
fecero il 13 e 14 aprile del 2008. Ottenne quasi il 35 per cento dei voti,
pari al massimo raggiunto da Berlinguer.
Poi accaddero una serie di fatti e si succedettero vari governi, tecnici o
tecnico-politici: il governo Monti, il governo di Enrico Letta, il governo
Renzi ed anche quello tuttora in carica votato da Renzi ma presieduto da
Gentiloni. Andrà avanti fino alla fine della Legislatura e si voterà di nuovo
nell’aprile del 2018. Quasi certamente sarà Renzi ad andare al voto, ma con
quale legge elettorale? E con quali alleati per avere una solida rappresentanza
nelle due Camere che hanno pari sovranità politica?
Finora Renzi ha molto oscillato, anche perché per cambiare la legge
elettorale ci voleva l’accordo generale dei quattro partiti (o movimenti che
dir si voglia): il Pd renziano, la Lega di Salvini, Forza Italia di Berlusconi
e il M5S di Grillo, Casaleggio, Di Maio e compagnia.
Inizialmente la legge era quella che imitava la legge tedesca, ma
improvvisamente Grillo ha fatto saltare il banco e tutto è tornato a zero.
Tre giorni fa Renzi ha incontrato Romano Prodi che si è posto come
federatore tra Renzi e la sinistra dissidente che è uscita dal partito e dalla
maggioranza. Questa sinistra sarà in questi giorni convocata da Pisapia e si
vedrà se aderirà alle proposte conciliative di Prodi (e quindi di Renzi).
Se andasse in porto non sarà però sotto forma di rientro nel Pd, ma di alleanza
con esso. In questo caso l’operazione sarebbe pienamente riuscita. La approverà
anche Napolitano una sinistra distinta ma alleata che probabilmente
raccoglierebbe un 10 per cento del corpo elettorale votante. Renzi punta al 30.
Se così andassero le cose il centrosinistra andrebbe vicino al 40 e forse lo
sorpasserebbe con il centro guidato da Alfano e Parisi. I veri sconfitti
sarebbero in tal caso Grillo e Salvini, con un Berlusconi amichevolmente
autonomo.
La nostra valutazione di Renzi l’abbiamo già fatta molte volte, ma non è
sempre la stessa. In certe occasioni i suoi errori sono marchiani, specie in
politica economica quando prende la mano a Padoan ed opera senza di lui. E non
parliamo del suo rapporto con la sinistra dissidente e con alcune personalità
che hanno grandi meriti nella vita italiana e che lui ha sempre volutamente
ignorato.
Altre volte invece la valutazione è stata positiva. Quando si è occupato di
rafforzare l’Europa indicando quali erano le finalità europeiste. Dovrebbe
puntare molto su Macron, ma lì interviene probabilmente una rivalità
personalistica che non coincide con il vero interesse franco-italiano che
dovrebbe esprimersi con un legame politico e personale tra i due personaggi che
si propongono la costruzione della vera Europa.
Comunque, se l’iniziativa di Prodi con Pisapia andasse a buon fine,
probabilmente le doti di Renzi vincerebbero le sue debolezze e darebbero al
nostro liberal-socialismo lo slancio economico e politico per l’Italia e
l’Europa.
Il mio carissimo amico Ezio Mauro ha scritto giovedì scorso un articolo con
una parte del quale chiudo questo mio articolo.
«È ben chiaro che l’Italia dei piccoli paesi e delle lunghe periferie,
sotto i colpi della crisi riscopre antiche paure, un inedito egoismo del
welfare, una nuovissima gelosia del lavoro, uno smarrimento identitario
sconosciuto. A tutto questo bisogna rispondere ma dentro un sentimento di
comunità, su una scala europea, nella fiducia di una tradizione occidentale di
inclusione responsabile e di apertura culturale».
Se così non è viene fuori un’idea balorda dell’Italia: paese di singoli
arrabbiati con chi ha vinto e con chi ha perso, per l’invidia del successo, la
noncuranza del sapere, il fastidio della responsabilità generale. Ma fuori
(questo forse non lo sanno) c’è il mondo.
La Repubblica, 18 giugno 2017
1 commento:
Un'icona del giornalismo: nell'attaccare o nell'approvare, da sempre la "sua" strada, la sua soluzione. Non sterile attacco, ma speranza sulle idee.
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