MAURO FAVALE
La manifestazione. Il federatore della sinistra domani in piazza. “Rottamare non ci piace, far
ruotare sì”. Bersani sul palco
ROMA. «Competition is competition ». Mutuando uno slogan caro a Romano Prodi,
Giuliano Pisapia si prepara a lanciare, domani pomeriggio, da una piazza Santi
Apostoli colorata di arancione, la sua sfida definitiva al Pd. Col partito
guidato da Matteo Renzi, specie dopo le chiusure arrivate dal segretario Dem
nei giorni scorsi, all’ex sindaco di Milano non importa più avere rapporti. «A
me interessa il rapporto col popolo», replica Pisapia nel corso di un incontro
a Perugia. Domani, dal palco di quella che fu la piazza dell’Ulivo, sarà ancora più
netto, tracciando i contorni del nuovo soggetto al quale sta lavorando da mesi
e che sarà «autonomo, alternativo sfidante e competitivo rispetto al Pd
renziano». D’altronde, spiega Miguel Gotor, senatore di Mdp, l’altra gamba del
movimento che nascerà domani sotto le insegne dello slogan “Insieme”, «Renzi in
questi anni ha perso, solo alle primarie Pd, oltre 630 mila voti. Noi dobbiamo
cominciare provando a conquistare quell’elettorato deluso che magari si è
rifugiato nell’astensionismo».
È questa la competition che verrà lanciata domani nel battesimo
di un movimento che, spiega Massimiliano Smeriglio, vice di Nicola Zingaretti
alla Regione Lazio e luogotenente di Pisapia nella capitale, «deve darsi un
nome e una struttura per dare risposte a quelle realtà che a sinistra cercano
una casa diversa dalla semplice testimonianza o dal partito “proprietario” di
Renzi». Sul palco di Santi Apostoli si alterneranno una quindicina di
interventi tra politici, costituzionalisti (Valerio Onida, fermo oppositore della
riforma costituzionale di Renzi) e mondo dell’associazionismo: dall’Arci alle
esperienze dei centri antiviolenza come quello di Tor Bella Monaca, a
Roma, sfrattato dalla giunta M5S, passando per alcune vertenze come quella
che stanno portando avanti i lavoratori di Amazon.
Simbolica la presenza del comitato di redazione de L’Unità, il
quotidiano del Partito democratico da tempo in crisi. Poi ci sarà spazio per le
esperienze di centrosinistra vincente, con il sindaco di Palermo Leoluca
Orlando e quello di Latina Damiano Coletta. Infine i due interventi conclusivi
saranno quelli del leader di Mdp Pierluigi Bersani (secondo il quale «il
Paese si è messo alle spalle Renzi») e dello stesso Pisapia. Ad ascoltarli,
insieme alla presidente della Camera Laura Boldrini e all’ex assessore di
Pisapia Bruno Tabacci, decine di parlamentari Pd, da Andrea Orlando a Gianni
Cuperlo, da Luigi Manconi a Retedem di Sergio Lo Giudice, dal prodiano Franco
Monaco all’ulivista David Sassoli a Zingaretti.
Poi lo stato maggiore degli “scissionisti” di Mdp, da Roberto Speranza
a Massimo D’Alema che da mesi gira l’Italia per rimettere in piedi la sua
“rete”. E ancora: ci saranno Pippo Civati, i Verdi di Angelo Bonelli, i
“critici” di Sinistra Italiana (non il coordinatore Nicola Fratoianni ma una
più generica “delegazione”) e anche i “civici” Tomaso Montanari e Anna Falcone,
gli organizzatori della kermesse del Brancaccio dove due settimane fa non sono
stati risparmiati i fischi a Pisapia per il tramite di Mdp.
Non ci sarà, invece, Prodi che volerà a Berlino per i funerali di Helmut
Kohl, ma è a Pisapia che il Professore guarda con interesse a tal punto da
valutare di inviare un messaggio. In tanti lo aspettano, proprio nella piazza
che lo vide, nell’aprile 2006, fare il segno della vittoria con le dita. Allora
la colonna sonora era ancora “La canzone popolare” di Ivano Fossati. Quella di
domani sarà “E io ci sto”, di Rino Gaetano, cantautore già utilizzato (con “Il
cielo è sempre più blu”) nel congresso di scioglimento dei Ds. Un occhio al
futuro ma anche uno al passato, perché, come ha detto ieri Pisapia, «non amo la
rottamazione prediligo invece la rotazione ». Secondo l’ex sindaco di Milano
«chi ha esperienze è profondamente utile, non dobbiamo rottamarlo e buttarlo
via». E non è un caso che uno degli slogan della piazza di domani sarà “Nessuno
escluso”, preso in prestito da Jeremy Corbyn un “vecchietto” di 68 anni che
alle elezioni in Gran Bretagna ha recuperato quasi 20 punti a Teresa May
conquistando il voto degli under 35.
La Repubblica, 30 giugno 2017
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