di ANNA ANGELUCCI
Anche nei corsi delle facoltà umanistiche dell’Università statale di Milano dal
prossimo anno accademico verrà introdotto il numero chiuso. La decisione, presa
lo scorso 23 maggio dal senato accademico su proposta del Rettore, non ha avuto
grande eco sui media mainstream – ormai totalmente obnubilati dalla narrazione
mistificata su scuola e università – mentre è rimbalzata sui social. Che hanno
immediatamente svelato l’inganno: non si tratta di rendere migliore l’offerta
formativa, si tratta di rispettare una direttiva del MIUR, che impone un certo
rapporto numerico tra studenti e docenti. Che non possono aumentare in presenza
di un maggior numero di matricole. Perché non si può assumere. E quindi riduciamo
le matricole. Tutto qua.
18 favorevoli, 11 contrari e 6 astenuti, per cominciare a diminuire gli studenti anche nelle facoltà umanistiche, dopo aver ridotto fino al di sotto della soglia della necessità programmata quelli di medicina e odontoiatria in tutta Italia. Così, mentre le scuole private che organizzano corsi di preparazione ai test d’ingresso prolificano e mentre chi ha i soldi se ne va a studiare all’estero (solo dei veri geni potevano concepire una simile aberrazione), da noi cominciano a mancare medici e dentisti, mentre si continua a impedire ai ragazzi di intraprendere quel percorso di studi. E, non paghi, adesso cominciamo a negare l’accesso allo studio un po’ a tutti, indiscriminatamente, per par condicio.
Troppi medici, troppi dentisti, troppi filosofi. Non importa che medici e dentisti in Italia manchino. Non importa che i filosofi siano assai apprezzati dalle aziende private per la loro capacità di problem solving. Non importa che le classifiche internazionali ci dicano che abbiamo il minor numero di laureati in Europa. Occorre risparmiare. Tagliare e ancora tagliare, soprattutto sull’istruzione, un ramo davvero secco per i nostri decisori politici. Che infatti non mi pare brillino per titoli di studio, proprio a cominciare dalla titolare del MIUR. Una nomina offensiva per ogni singolo docente italiano (e vorrei spiegare alla sig.ra Valeria Fedeli che ‘docente’ è un termine epiceno, valido dunque sia al maschile che al femminile, prima che attacchi la manfrina del linguaggio sessista).
Una nomina che il Presidente Mattarella non avrebbe dovuto ratificare. Ma tant’è. Abbiamo la ‘buona scuola’, dove ormai gli studenti sono intruppati in quell’assurda perdita di tempo che è l’alternanza scuola-lavoro, viatico di un rapido analfabetismo di ritorno di cui l’Italia pagherà le conseguenze per sempre; abbiamo l’autonomia scolastica e universitaria, che ha trasformato le due più importanti istituzioni formative del nostro Paese in agenzie di servizi on demand; abbiamo il numero chiuso in tutte le facoltà, scientifiche e adesso anche umanistiche, hai visto mai che i nostri giovani, destinati a confrontarsi col mondo in termini di conoscenze, fossero troppo attrezzati! E avremo a breve, la riduzione di anno della scuola superiore, l’abolizione delle discipline, l’introduzione delle ‘classi rovesciate’, la sostituzione dei libri con gli smartphone e chi più boiate ha più ne metta.
Sembra comico ma non lo è. E’ drammatico. Ed è drammatico che i giornalisti, gli intellettuali, gli accademici, i politici, gli esponenti delle istituzioni, i cittadini tutti non capiscano la portata della gravità di quanto sta accadendo.
(MicroMega, 31 maggio 2017)
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