Il leader laburista Jeremy Corbyn |
ANTONELLO GUERRERA
Il regista. “Tutto il continente deve cambiare marcia”
Corbyn, l’uomo più odiato dei tabloid, il “terrorista”, ha preso quasi gli
stessi voti del primo Blair, nel 1997. Per lei sarà stata una notte
meravigliosa, Ken Loach.
«Absolutely. Mentre i socialdemocratici di tutta Europa stanno fallendo, come in
Francia, un vero uomo di sinistra come Jeremy Corbyn affossa Theresa May. I
cittadini oggi rivogliono lo Stato, il welfare, le sicurezze, il diritto alla
salute, la possibilità di comprare o affittare una casa a Londra senza non
dover fare il pendolare a 80 chilometri di distanza, l’istruzione libera, lo
stop all’austerity, le tasse alle multinazionali. Corbyn ha stupito per questo.
È un esempio per la sinistra europea: appiattirsi al centro non paga. Bisogna
andare a sinistra. Ma sul serio. Perché gli Hollande, i Blair oggi sono
perdenti. Anche l’Ue, se non vuole essere lasciata indietro, deve cambiare
marcia. Pensare di più alle persone, ai loro bisogni, ai loro diritti. Non
alle grandi aziende o alle privatizzazioni».
Ken Loach ha una tosse faticosa. Ma il celebre regista inglese, da sempre
attivista di sinistra, non molla nemmeno a 80 anni, la sua romantica lotta per
il socialismo britannico.
«Saluto i compagni italiani, solidarietà in questo
momento difficile», azzarda. Le vittorie delle sue battaglie sono poche. Ma
quando arrivano, anche se a metà, sono più belle.
Loach, si aspettava un risultato simile da Corbyn?
«Sì. Se l’establishment blairiano del suo partito non lo avesse ostacolato,
oggi avrebbe persino la maggioranza assoluta. La base elettorale laburista ama
Corbyn. I suoi nemici interni ora rispettino il programma del partito».
E aveva anche quasi tutti i media contro.
«Già, persino un giornale progressista come il Guardian lo ha
sminuito fino a una settimana fa. Lo stesso il Daily Mirror, uno dei
pochissimi tabloid di centrosinistra, lo ha spesso detestato. Tutti gli altri
lo hanno umiliato, ne hanno violentato l’immagine ogni giorno. Ma lui non ha
mai risposto alle provocazioni. È rimasto sempre lo stesso. Per questo le
persone lo hanno apprezzato».
Dove hanno sbagliato tutti? Qual è il segreto di Corbyn?
«La sua autenticità. A differenza di altri leader laburisti, non fa finta
di essere un altro. Parla direttamente alle persone. È empatico e genuino. Non
pianifica niente. Perciò la gente gli vuole bene. Non è un politico-macchina,
come molti altri».
Gli attacchi terroristici e le polemiche sulla sicurezza hanno influito sul
voto?
«Sì. Eventi del genere favoriscono i partiti law and order. Ma
stavolta c’è stato l’effetto opposto, dopo tutti i tagli di May alle forze di
sicurezza».
Ma la premier non molla.
«May ha il destino segnato. Nuove elezioni sarebbero inutili: perderebbe
altri seggi. Anche se ora farà il governo, in autunno i Tories cambieranno
leader».
Corbyn ha rubato molti voti all’estrema destra Ukip in decomposizione. Da
uomo di sinistra, ciò non la turba?
«No. Parte dei votanti Ukip sono dei razzisti patentati. Ma molti altri
erano laburisti, spesso operai, che adesso son tornati a casa. Avevano
abbandonato il partito perché erano arrabbiati, alienati: non si sentivano più
rappresentati dal Labour. Corbyn ha ricominciato a parlare di lavoro e di
diritti a quelle persone che, in silenzio, soffrivano ogni giorno».
Forse quegli stessi elettori si sono pentiti anche di Brexit?
«Non credo che questo voto sia stata un replay del referendum sull’Ue. La
gente si stanca presto delle stesse notizie. Basta andare in un pub per
accorgersene».
Corbyn ha avuto una valanga di voti dei giovani. È stata una rivincita dei
“Millennials”?
«Non è una rivincita. È solo la speranza in un mondo migliore per loro.
Sono stati la generazione più svantaggiata del Dopoguerra. Quindi lo meritano».
La Repubblica, 10 giugno 2017
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