MASSIMO GIANNINI
BISOGNA dirlo con forza, senza tanti giri di parole. La nuova formula
elettorale che Renzi, Berlusconi e Grillo stanno per propinare agli italiani è
una “porcata” quasi peggiore di quella che Calderoli e i suoi compagni di
merende concepirono nel 2005 in una baita del Cadore. Se questa “legge truffa”
passa, dopo l’estate torniamo alla Prima Repubblica. Addio alternanza, addio
riformismo, addio sinistra. Cade un principio fondamentale della buona
democrazia: gli elettori non potranno mai più decidere gli eletti. Il prossimo
Parlamento sarà quasi interamente composto da “nominati”. Peggio del Porcellum
(che ne prevedeva il 50 per cento) e dell’Italicum (che ne contemplava il 70
per cento). Avremo quasi tutti capilista bloccati, scelti dalle segreterie di
partito. Uno schiaffo ai cittadini, che verranno definitivamente espropriati
del diritto di scegliere i propri rappresentanti.
I TRE contraenti del Patto scellerato che deve portarci al voto
anticipato d’autunno lo chiamano “modello tedesco”. È un inganno. Il nostro è
un papocchio levantino, che non ha nulla del rigore teutonico. Non nasce dalla
“cultura della stabilità” (in 70 anni la Germania ha avuto 8 cancellieri, noi 65
presidenti del Consiglio). Non prevede la “sfiducia costruttiva” (un governo
cade solo se c’è già una maggioranza pronta a formarne un altro). Ma pazienza,
si potrebbe dire. Dopo diciassette anni di polemiche sterili nel Palazzo e di
prediche inutili del Quirinale, pur di uscire dalla palude italiana un
compromesso si può anche accettare.
Ma questo è vero in teoria. In pratica siamo all’autodafé collettiva. Il
problema non è “salvare il soldato Alfano”. È comprensibile la sua
preoccupazione per la soglia di sbarramento al 5% e la sua indignazione per
l’#angelinostaisereno di Renzi (anche se doveva prevederlo, dopo
l’#enricostaisereno che toccò a Letta e il #paolinostaisereno che toccherà a
Gentiloni). Ma un Paese non si può fermare, contemplando al microscopio le
innumerevoli scissioni dell’atomo centrista.
Quello che non è accettabile, dopo la lunga fase della vocazione
maggioritaria, è il trasformismo con il quale il Pd, pur di incassare le
elezioni anticipate a settembre, si condanna al passato proporzionalista degli
Anni ‘80. La sinistra voleva sapere chi ha vinto “la sera del voto”, ora si
rassegna a non saperlo mai. Quale modernizzazione sarà possibile, in un
tripolarismo che crede di “risolversi” nella contrapposizione tra due blocchi
comunque inconciliabili (il Sistema Renzi-Berlusconi contro l’Antisistema
Grillo-Salvini)? Da questa sfida tra Armate Brancaleone (come ha avvertito
Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore) può non uscire una maggioranza
autosufficiente. Oppure una maggioranza risicatissima, retta coi voti degli
italiani all’estero. Renzi da Vespa ha detto che gli bastano quelli. Sarebbe
interessante sapere cosa ne penserebbero i mercati, se non ci andassero di
mezzo i nostri risparmi.
Quello che non è tollerabile, dopo un ventennio di conflitti con il
Cavaliere, è il cinismo con il quale il Pd, per fermare il neo-populista
Grillo, si acconcia alla prospettiva delle Larghe Intese con il proto-populista
Berlusconi. La sinistra voleva governare da sola, ora si accontenta di uno
strapuntino insieme alla destra. Quale mediazione programmatica sarà
possibile, sul fisco e il lavoro, la giustizia e la corruzione, la sicurezza e
l’immigrazione? Il “governissimo” non è solo un tema cogente per gruppi
dirigenti sull’orlo di una crisi di nervi, da Orlando a Cuperlo. È un problema
dirimente per il popolo del centrosinistra, che dopo una traversata nel deserto
che dura dal 1994 sognava un altro destino, non il bacio del Caimano.
Ma soprattutto quello che è scandaloso è che con il “Tedescum” gli italiani
non sceglieranno più né deputati né senatori. Lo faranno i capi partito. Mentre
in Germania chi vince nel collegio uninominale, votato dagli elettori, va in
Parlamento, in Italia l’assegnazione dei seggi partirà dai capilista del
proporzionale: quelli entreranno in Parlamento in ogni caso, anche se
passeranno l’estate alle Maldive o sulle Dolomiti, perché sono stati
selezionati prima del voto dalle segreterie. Solo dopo aver piazzato tutti i
“nominati” si vedrà se c’è ancora posto alla Camera o al Senato per i candidati
votati dai cittadini nei collegi che, pur avendo vinto e pur avendo passato
luglio e agosto a cercare voti sul territorio, rischiano di restare fuori dal
Parlamento.
Un capolavoro. Forse anti-costituzionale, visto che i capilista bloccati la
Consulta li aveva già censurati nel Porcellum, «nella parte in cui non è
consentito all’elettore di esprimere una preferenza». Sicuramente anti-
democratico, eppure graditissimo ai tre “pattisti”, ciascuno dei quali nello
“scambio” ha da guadagnare qualcosa. Grillo guadagna tantissimo: accetta
proporzionale e liste bloccate (con le “parlamentarie” sul web non ha comunque
il problema della rappresentanza), e in cambio si assicura tre mesi di sicuro
lucro elettorale con un gigantesco “vaffa all’inciucio”. Berlusconi guadagna
tanto: si risiede al tavolo, e si prende la sua rivincita sul Royal Baby che lo
aveva tradito su Mattarella e col quale forse va persino a Palazzo Chigi. Renzi
guadagna poco: rinnega il maggioritario, butta a mare la sinistra, forse perde
un altro pezzo di partito, e in cambio ottiene le uniche due cose che gli
stanno a cuore, le elezioni anticipate e una falange parlamentare di pasdaran.
Gli unici che non ci guadagnano niente, in questo disastro, sono gli italiani.
Se ormai non suonasse blasfemo, viene in mente Pietro Ingrao: pensammo una
torre, scavammo nella polvere.
La Repubblica, 3 giugno
2017
1 commento:
Articolo datato. Già ieri sono stati approvati degli emendamenti che garantiscono l'elezione dei maggiormente votati nei collegi. Penso che oggi ci siano articoli ed interviste che riportano tale nuova situazione.
Questo, comunque, non lenisce la rabbia di quanti c'eravamo "innamorati" del maggioritario e della certezza di sapere, alla chiusura delle urne, chi ha vinto un'elezione e chi, conseguentemente, governerà. Non si capisce come non possa essere "copiata" la legge elettorale per l'elezione dei sindaci o dei governatori regionali. Il potere fine a se stesso (come l'arroganza di poter decidere i nominativi - i cosiddetti "nominati" - di chi ci rappresenterà in Parlamento) farà sortire altre amarezze, altre disillusioni, l'aumento dell'astensionismo e delle schede nulle. Bel risultato!
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