Giuseppe Graviano |
SALVO PALAZZOLO
Le rivelazioni. Intercettato
nel carcere di Ascoli il capomafia parla di Montante “Lo chiamano in causa dieci pentiti”
nel carcere di Ascoli il capomafia parla di Montante “Lo chiamano in causa dieci pentiti”
«Sono stato parecchio male per quella storia... il cardinale ha fatto un
errore». Non usa mezzi termini Giuseppe Graviano per bocciare la decisione del
cardinale Paolo Romeo, che due anni fa vietò al figlio del capomafia di
Brancaccio di ricevere il sacramento della cresima in Cattedrale, assieme ai
suoi compagni del Centro educativo ignaziano. «Spesso i preti sono coinvolti in
scandali», è il giudizio del boss sulla Chiesa, affidato al compagno dell’ora
d’aria. Graviano si scaglia anche contro don Luigi Ciotti, il fondatore di
Libera, definendolo un «approfittatore ». Se la prende poi contro i professori
che a scuola fanno lezioni di legalità: «Questa nuova era di ragazzi... quello
che ci inculcano a scuola e cose... non accettano la nostra situazione. Perché
ci impapocchiano che i padri sono mafiosi... che non c’è niente nella realtà...
perché prima che giudichi, conosci».
L’ANTIMAFIA DI MONTANTE
L’ira di Graviano, intercettato dalla Dia nel carcere di Ascoli Piceno è
anche contro alcuni simboli dell’antimafia finiti nella bufera delle inchieste.
«Ora se tu vedi in Sicilia è diventata una vergogna... tutti questi
dell’antimafia — dice — Ti ricordi quello della Confindustria, Montante... lo
chiamano 10 pentiti». Il riferimento è ad Antonello Montante, l’ex presidente
di Confindustria Sicilia indagato dalla procura di Caltanissetta per concorso
in associazione mafiosa. Il boss cita anche la giudice delle Misure di
prevenzione Silvana Saguto, indagata per corruzione. E spera che un
provvedimento di sequestro da lei firmato venga presto annullato. Un altro
riferimento è al «presidente dell’antiracket di Castellammare del Golfo vicino
al latitante Matteo Messina Denaro».
«Sono tutti che fanno l’antimafia — conclude il boss — e si prendono i
lavori ed ancora il governo non se ne accorge».
L’INVITO A GIGI D’ALESSIO
Dalla cresima mai fatta in Cattedrale alla festa per la prima
comunione. Scrivono gli investigatori della Dia che nel 2006 il figlio di
Graviano chiese al padre di avere un ospite molto particolare alla sua
festicciola, il cantante Gigi D’Alessio. La famiglia Graviano provò ad
ingaggiarlo. «Dopo avergli dato la disponibilità, rifiutò l’invito perché seppe
chi era la famiglia», scrive la Dia. «Graviano definisce il cantante “pezzo di
infame” — è scritto ancora nella informativa depositata dalla procura — perché
aveva rifiutato il suo invito, mentre non aveva rifiutato quello dei
Marcianise e di altri soggetti malavitosi».
IL PENTIMENTO DI BALDUCCIO
Graviano sostiene di avere saputo in diretta la notizia del pentimento di
Balduccio Di Maggio, il mafioso che portò alla cattura di Totò Riina. «Io
facevo il latitante ad Omegna. Quella notte, noi avevamo giocato a carte... io,
mio fratello... eravamo stati alle Vertigi. Io, Baiardo che era la persona che
mi dava ospitalità... mio fratello Filippo, quel ragazzo che ti ho detto...
Cesare (Cesare Lupo, ndr) con le rispettive mogli... erano le due, le tre di
notte e ci siamo ritirati nella villa di Baiardo... e ci siamo messi a giocare
a poker». E lì sarebbe arrivata la soffiata, non è chiaro da chi. «Ieri sera
hanno arrestato a Borgomanero un certo Balduccio Di Maggio e l’hanno portato...
e subito ha iniziato a collaborare». Graviano racconta di essersi attivato
subito con Riina: «Io gliel’ho fatto sapere». Intanto, da Palermo arrivavano
altre notizie. «Mi fanno sapere, c’è una squadra di sbirri che viene da fuori e
sono ospitati qua... ed hanno pure documenti falsi». Il boss dice che la
squadra era alloggiata al San Paolo Palace Hotel. «La mattina, uno, due si
fanno la corsetta in uno spiazzale». Qualcuno in Cosa nostra aveva chiesto di
fare un attentato contro quegli investigatori, probabilmente i carabinieri che
cercavano Riina. Ma arrivò uno stop: «Dice... no, perché abbiamo cose più
importanti. E l’hanno arrestato». Qualche anno dopo, Graviano incontrò in
carcere l’autista di Riina, Salvatore Biondino. «Gli ho detto... ma...chissà se
mi avessi ascoltato».
La Repubblica Palermo, 14 giugno 2017
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