mercoledì, giugno 14, 2017

Graviano e la cresima negata al figlio: “Quel cardinale ha fatto un errore”

Giuseppe Graviano
SALVO PALAZZOLO
Le rivelazioni. Intercettato  
nel carcere di Ascoli il capomafia parla di Montante “Lo chiamano in causa dieci pentiti”
«Sono stato parecchio male per quella storia... il cardinale ha fatto un errore». Non usa mezzi termini Giuseppe Graviano per bocciare la decisione del cardinale Paolo Romeo, che due anni fa vietò al figlio del capomafia di Brancaccio di ricevere il sacramento della cresima in Cattedrale, assieme ai suoi compagni del Centro educativo ignaziano. «Spesso i preti sono coinvolti in scandali», è il giudizio del boss sulla Chiesa, affidato al compagno dell’ora d’aria. Graviano si scaglia anche contro don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera, definendolo un «approfittatore ». Se la prende poi contro i professori che a scuola fanno lezioni di legalità: «Questa nuova era di ragazzi... quello che ci inculcano a scuola e cose... non accettano la nostra situazione. Perché ci impapocchiano che i padri sono mafiosi... che non c’è niente nella realtà... perché prima che giudichi, conosci».
L’ANTIMAFIA DI MONTANTE

L’ira di Graviano, intercettato dalla Dia nel carcere di Ascoli Piceno è anche contro alcuni simboli dell’antimafia finiti nella bufera delle inchieste. «Ora se tu vedi in Sicilia è diventata una vergogna... tutti questi dell’antimafia — dice — Ti ricordi quello della Confindustria, Montante... lo chiamano 10 pentiti». Il riferimento è ad Antonello Montante, l’ex presidente di Confindustria Sicilia indagato dalla procura di Caltanissetta per concorso in associazione mafiosa. Il boss cita anche la giudice delle Misure di prevenzione Silvana Saguto, indagata per corruzione. E spera che un provvedimento di sequestro da lei firmato venga presto annullato. Un altro riferimento è al «presidente dell’antiracket di Castellammare del Golfo vicino al latitante Matteo Messina Denaro».
«Sono tutti che fanno l’antimafia — conclude il boss — e si prendono i lavori ed ancora il governo non se ne accorge».
L’INVITO A GIGI D’ALESSIO
Dalla cresima mai fatta in Cattedrale alla festa per la prima comunione. Scrivono gli investigatori della Dia che nel 2006 il figlio di Graviano chiese al padre di avere un ospite molto particolare alla sua festicciola, il cantante Gigi D’Alessio. La famiglia Graviano provò ad ingaggiarlo. «Dopo avergli dato la disponibilità, rifiutò l’invito perché seppe chi era la famiglia», scrive la Dia. «Graviano definisce il cantante “pezzo di infame” — è scritto ancora nella informativa depositata dalla procura — perché aveva rifiutato il suo invito, mentre non aveva rifiutato quello dei Marcianise e di altri soggetti malavitosi».
IL PENTIMENTO DI BALDUCCIO
Graviano sostiene di avere saputo in diretta la notizia del pentimento di Balduccio Di Maggio, il mafioso che portò alla cattura di Totò Riina. «Io facevo il latitante ad Omegna. Quella notte, noi avevamo giocato a carte... io, mio fratello... eravamo stati alle Vertigi. Io, Baiardo che era la persona che mi dava ospitalità... mio fratello Filippo, quel ragazzo che ti ho detto... Cesare (Cesare Lupo, ndr) con le rispettive mogli... erano le due, le tre di notte e ci siamo ritirati nella villa di Baiardo... e ci siamo messi a giocare a poker». E lì sarebbe arrivata la soffiata, non è chiaro da chi. «Ieri sera hanno arrestato a Borgomanero un certo Balduccio Di Maggio e l’hanno portato... e subito ha iniziato a collaborare». Graviano racconta di essersi attivato subito con Riina: «Io gliel’ho fatto sapere». Intanto, da Palermo arrivavano altre notizie. «Mi fanno sapere, c’è una squadra di sbirri che viene da fuori e sono ospitati qua... ed hanno pure documenti falsi». Il boss dice che la squadra era alloggiata al San Paolo Palace Hotel. «La mattina, uno, due si fanno la corsetta in uno spiazzale». Qualcuno in Cosa nostra aveva chiesto di fare un attentato contro quegli investigatori, probabilmente i carabinieri che cercavano Riina. Ma arrivò uno stop: «Dice... no, perché abbiamo cose più importanti. E l’hanno arrestato». Qualche anno dopo, Graviano incontrò in carcere l’autista di Riina, Salvatore Biondino. «Gli ho detto... ma...chissà se mi avessi ascoltato».

La Repubblica Palermo, 14 giugno 2017

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