SALVO PALAZZOLO
Il prefetto di Palermo ha deciso di avviare gli
sgomberi in tempi brevissimi. Decine gli alloggi occupati. I mafiosi e i loro
familiari non vogliono lasciarli
L’imprenditore Salvatore Vito Cavallotti abita ancora nella sua bella villa
di Belmonte Mezzagno, nonostante sia ormai proprietà dello Stato, da un anno e
mezzo. In paese ne ha altre quattro ville, il manager sospettato di avere
intrattenuto rapporti poco chiari con ambienti di mafia. Tutte le ville di
Cavalotti sono state confiscate definitivamente dalla Corte di Cassazione, nel
2015, ma i funzionari dell’Agenzia dei beni confiscati non sono mai riusciti ad
entrare per prenderne possesso. Cancello sbarrato anche davanti a una villa di
Carini, in via Giaconia 14: un altro bene confiscato che resta nelle mani dei
familiari di un boss. Un successo per Vincenzo Pipitone, mafioso di rango, il
segno che arresti e sentenze non l’hanno fiaccato più di tanto. Pure Tommaso
Spadaro, boss della Kalsa, deve andare orgoglioso dell’ennesimo smacco inferto
allo Stato Italiano: la sua graziosa villetta in via Europa 44, a Ficarazzi, è
proprietà pubblica dal 13 aprile 2005. Eppure, nessuno mai si è permesso
di toglierla al boss e ai suoi parenti. Sono decine i beni confiscati ancora nelle mani di Cosa nostra. Davvero uno
smacco inaccettabile. Ora, il prefetto di Palermo Antonella De Miro ha deciso
che quei beni devono tornare al più presto alla comunità, così come prevede la
legge. Non ci possono essere sentenze che restano sulla carta, non ci possono
essere zone franche della mafia. Ecco perché negli ultimi mesi, il prefetto è
stato in stretto contatto con l’Agenzia dei beni confiscati, da maggio diretta
dal prefetto Ennio Sodano. C’è un gruppo di lavoro a Villa Whitaker che ha il
compito di rimettere le cose in ordine. Ed è arrivato il momento degli
sgomberi. Questa volta, inesorabili. O con le buone, o con la forza pubblica.
«Quei beni devono tornare alla collettività», dice il prefetto.
OPERAZIONE CORLEONE
Uno sgombero è già andato a segno, nei giorni scorsi: a Corleone, è stata
liberata la villa del boss Rosario Lo Bue, che era confiscata da una decina di
anni. Un’altra confisca sulla carta, perché nella villa ci abitava
tranquillamente il capomafia con i suoi familiari. La settimana scorsa, il
prefetto ha inviato polizia e carabinieri di buon matti- no per notificare
l’ordine di sgombero. Lo Bue è in carcere da qualche mese, la moglie ha provato
a opporsi, ma poi ha capito che questa volta doveva andare via. E così ha
iniziato il trasloco.
Ma non è detto che sia sempre così facile. Il boss Giuseppe Libreri
controlla ancora quattro palazzine che gli sono state confiscate a Termini
Imerese, in via Senatore Edoardo Battaglia. Dovrebbero ospitare alcuni uffici
del palazzo di giustizia, che ormai scoppia di fascicoli. Un’altra confisca
sulla carta. L’ennesimo smacco per l’antimafia. Ormai da 17 anni, nonostante i
titoli sui giornali (“Sigilli al patrimonio del boss”), nonostante le
conferenze stampe. Anche Angelo Reres, destinatario nel 2010 di un
provvedimento di sequestro perché ritenuto esponente della famiglia di
Monreale, continua a beffare lo Stato, ha ancora la disponibilità di un ampio
appezzamento di terreno e di un casolare realizzato abusivamente in
contrada San Nicola.
“MANCATI CONTROLLI”
C’è da chiedersi cosa abbiano fatto in tutti questi anni gli amministratori
giudiziari nominati prima dal tribunale di Palermo, poi dall’Agenzia dei beni
confiscati. Questa storia sembra la prosecuzione dello spaccato inquietante
emerso con l’indagine su Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione Misure
di prevenzione del Tribunale di Palermo. Le indagini della procura di
Caltanissetta e del nucleo di polizia tributaria dicono che c’era un cerchio
magico di amministratori giudiziari impegnato solo a farsi
liquidare parcelle milionarie, mentre molti beni restavano di fatto ai
mafiosi. E non solo a loro. Anche un usuraio di Altavilla Milicia,
l’imprenditore Salvatore Orlando, è riuscito a beffare la confisca della
Cassazione, che due anni fa ha confermato un sequestro (anche questo sulla
carta) del 2012. E continua a stare nel suo bel villino di contrada Piano San
Michele. Pure per Salvatore Orlando scatterà presto un provvedimento di sgombero.
Verranno liberati anche due appartamenti in via Badia confiscati all’ex
titolare della “Smia”, l’imprenditore Gioacchino Draga. E poi alcuni immobili a
piano terra nella zona di via Serradifalco sottratti all’imprenditore Antonino
Buscemi. Un programma serrato di lavoro, per far sì che questi immobili possano
essere destinati allo scopo previsto: saranno uffici di polizia, oppure alloggi
per le forze dell’ordine, sedi di associazioni, centri sociali, uffici.
L’Agenzia dei beni confiscati ha già molti progetti nel cassetto, concordati
con enti locali, ministero della Giustizia e dell’Interno. Ci sono persino
dei finanziamenti pronti.
L’ASSALTO DEGLI ABUSIVI
Altre confische restano sulla carta per l’assalto dei senzacasa (o presunti
tale). Accade anche questo. La villa del boss Salvatore Graziano, in via
Federico de Roberto 4 (accanto all’ex “Fabbrica delle idee” di via Lanza di
Scalea) è abitata da una famiglia di “abusivi”. Altre famiglie hanno occupato
le ville confiscate all’imprenditore Pietro Lo Sicco, ai boss Salvatore Lo
Piccolo e Antonio Porcelli. Un tempo, lì si facevano dei summit. Presto, anche
questi immobili verranno liberati. C’è già una lista in prefettura con le date
degli sgomberi.
La Repubblica Palermo, 30 giugno 2017
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