Tina Montinaro |
TINA MONTINARO
Alla vigilia del venticinquesimo anniversario della strage, lettera al marito caposcorta di Falcone. In questi giorni Tina Montinaro sta attraversando l’Italia mostrando l’auto
saltata in aria il 23 maggio del 1992 sull’autostrada che dall’aeroporto di
Punta Raisi arriva a Palermo. Questa lettera apre il Blog Mafie, su Repubblica.it, dedicato ai massacri
di Palermo di 25 anni fa
CARO ANTONIO, marito mio, questa è una lettera per te. ...Beh, vuoi sapere cosa è successo in questi ultimi venticinque anni? Non
è proprio semplice da spiegare e sinceramente credo ci vorrebbero 100
lettere e 1000 pagine per poterlo raccontare, ma cercherò di darti un’idea. È
cambiato tanto, non c’è dubbio; dopo quella tragica data, la coscienza dei
palermitani sembra essersi risvegliata. Ci volevano le due stragi per portare
migliaia di persone giù in strada?
Non lo so, non riesco a capirlo, ma è un
dato di fatto: da quelle date si è cominciata a sviluppare una genuina
coscienza antimafia che però ahimè, ti devo confessare, credo che negli ultimi
anni si sia persa. I familiari delle vittime vanno nelle scuole, parlano a
ragazzi che in quegli anni non erano ancora nati, ma ti sembra giusto che la
difesa della memoria tocchi a tutti noi che già così crudelmente siamo
stati colpiti?
Certo, oggi raramente si sente di uccisioni o regolamenti di conti mafiosi,
la strategia stragista è rientrata, ma non credo di poterti rassicurare sul
fatto che tutto questo sia sinonimo di una vittoria sulla mafia. A mio avviso
la mafia c’è ancora ed è presente più che mai; certo, è cambiata,
camaleonticamente si è adattata alle circostanze, ha compreso che il terrore
non paga e si è inabissata nuovamente nei luoghi più profondi della società.
Paradossalmente oggi, il rischio più grande è quello di rivivere i momenti
precedenti alla strategia del terrore, quei momenti in cui tutto sembrava
normale, quando invece di normale non c’era nulla.
Ecco perché oggi giro l’Italia in lungo e in largo, mi dovresti vedere, ho
fatto dell’Italia civile la nuova Quarto Savona 15 — così si chiamava la tua
squadra — e naturalmente adesso sono io il caposcorta. Ecco perché voglio
parlare ai giovani, è necessario che loro sappiano, che loro conoscano,
per non lasciarsi sopraffare dalla stessa indifferenza che ci ha portato a quei
tanto devastati tempi. No, non è stato facile in questi venticinque anni,
oggi Gaetano e Giovanni sono grandi, lavorano ed hanno la loro vita, ma come
dimenticare i tempi della scuola, le domande sul loro papà e l’assenza in
famiglia, i silenzi ed i pianti senza farmi vedere.
No, non è stato facile, certo, ho trovato tante persone per bene sul mio
cammino, gente che mi è stata e mi sta accanto e mi aiuta in questa lotta senza
quartiere, però, i conti con me stessa, quelli, li ho dovuto fare da sola,
senza l’aiuto di nessuno.
Vuoi sapere qual è la mia più grande paura? Forse sorriderai, ma la mia più
grande paura, Antonio mio bello, è che un giorno, quando ci rivedremo, tu non
mi riconosca. Sei rimasto giovane e bello, i tuoi ventinove anni sono diventati
eterni, mentre i miei hanno continuato inesorabilmente a scorrere, ogni ruga
sul mio viso è una sofferenza che ho vissuto sulla mia pelle e solo tu, un
giorno, potrai lenire e porre fine a quell’urlo che in me, da venticinque anni,
non ha mai smesso di farsi sentire.
Ti bacio Antonio, marito mio. Tua per sempre, Tina.
La Repubblica, 9 maggio 2017
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