GIOVANNI RUFFINO
Qualche anno fa provai a costruire una sorta di mappa che
considerasse i diversi aspetti della cultura popolare - che è cultura
dialettale - alla fine del secondo millennio. E provai anche e misurarne i
diversi gradi di vitalità. In questa mappa il settore dei proverbi e delle
locuzioni proverbiali manifestava segni vistosi di regressione, così come altri
settori della cultura orale, della cultura materiale, della ritualità
devozionale. In un contesto siffatto, caratterizzato - a partire dalla metà
degli Anni Cinquanta del secolo scorso - da un esodo biblico dalle campagne e
da un processo di delegittimazione dei saperi tradizionali, si manifesta e si
percepisce un crescente interesse per i valori della cultura popolare
declinante, per le tradizioni orali, per le varietà dialettali. Protagonisti di
questo rinnovato interesse sono, assieme a gruppi di ricerca impegnati nelle
università, numerosi intellettuali operanti nelle comunità locali, molti
insegnanti e dirigenti scolastici, i quali hanno offerto e offrono validi
contributi alla conoscenza e alla valorizzazione delle tradizioni popolari e
alla ricostruzione delle molteplici vicende comunitarie. A essi deve andare la
nostra gratitudine. Dobbiamo dunque essere grati a Giuseppe Governali, uomo a
lungo impegnato nella scuola e dunque nelle trame più intime della vita
sociale, per avere documentato un importante settore della cultura tradizionale
di un significativo territorio rurale, quello di Corleone.
Questo tenace
impegno si è soprattutto dispiegato nella ricostruzione e nella documentazione
paremiografica, in un periodo in cui si comunica sempre meno “per proverbi”,
essendo ormai il detto proverbiale relegato negli anfratti della memoria. Chi
volesse cogliere pienamente il valore di questa raccolta del compianto Giuseppe
Governali, farà bene a considerare il caso paradigmatico de “I Malavoglia” di
Giovanni Verga, che ci aiuta a renderci conto di come il tessuto paremiologico
di cui è ordito il racconto, rifletta un modo di concepire la realtà, sino ad
assurgere a modello universale del comportamento. Non per niente Giovanni Verga
mette in bocca a patron ‘Ntoni l’assiomatico enunciato: “Il motto degli antichi
mai mentì”. Ma, come si è detto, i saperi paremiologici (la trama dei proverbi)
si affievoliscono e vengono meno quando le reti comunitarie e l’humus che le
alimenta, si alterano, si indeboliscono, si sfaldano. Cresce, dunque, il
desiderio - direi l’urgente necessità - di sottrarre all’oblio uno
straordinario tesoro di saggezza popolare. La cultura tradizionale può essere
documentata nella fase della sua (relativa) vitalità - come hanno fatto i
grandi demologi ottocenteschi e del primo Novecento - ma, anche, con ben
maggiori difficoltà, nella fase del suo declino o alle soglie del tramonto.
Anche per questo dobbiamo essere grati a Giuseppe Governali, il quale affida ai
corleonesi e alla Sicilia un lavoro originale e personale: non una semplice
raccolta elencativa di proverbi, ma anche un’acuta riflessione sui modelli
culturali ai quali la trama proverbiale si ispira.
Giovanni Ruffino
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